Super flares: la vita può davvero esistere su altri pianeti?

La luce ultravioletta di giganteschi super flares può distruggere l’abitabilità di un pianeta. Una ricerca dell’Università del North Carolina a Chapel Hill aiuterà gli astrobiologi a capire quante radiazioni subiscono i pianeti durante i “super flares”; e se la vita potrebbe esistere su mondi al di fuori del nostro sistema solare.

I super flares, sono raffiche di energia da 10 a 1.000 volte più grandi dei più grandi brillamenti prodotti dal nostro Sole. Questi brillamenti possono diffondersi su un pianeta con una quantità di luce ultravioletta abbastanza grande da distruggere qualunque possibilità di sopravvivenza. Quindi è facile deduzione che la vita come la conosciamo, su questi pianeti, sarebbe impossibile.

I ricercatori dell’UNC-Chapel Hill hanno misurato per la prima volta la temperatura di un grande campione di super flares proveniente dalle stelle e le probabili emissioni ultraviolette dei brillamenti.

I loro risultati, pubblicati su Astrophysical Journal, permetteranno ai ricercatori di porre dei limiti all’abitabilità dei pianeti che sono bersaglio delle prossime missioni di ricerca di esopianeti.

Abbiamo scoperto che i pianeti che orbitano intorno alle giovani stelle possono sperimentare livelli di radiazioni UV che impediscono la vita, anche se alcuni microrganismi potrebbero sopravvivere“. Ha dichiarato l’autore principale dello studio, Ward S. Howard, un dottorando del Dipartimento di Fisica e Astronomia della UNC-Chapel Hill.

Howard e i suoi colleghi della UNC-Chapel Hill hanno utilizzato l’array di telescopi UNC-Chapel Hill Evryscope e il Transiting Exoplanet Survey Satellite (TESS) della NASA per osservare simultaneamente il più grande campione di super flares.

Super flares: l’entità delle radiazioni e l’impossibilità della vita

La ricerca del team si espande sul lavoro precedente che si è concentrato in gran parte sulle temperature dei brillamenti e sulle radiazioni di solo una manciata di super flares provenienti da alcune stelle.

Nell’ampliare la ricerca, il team ha scoperto una relazione statistica tra le dimensioni di un super brillamento e la sua temperatura. La temperatura predice la quantità di radiazione che potenzialmente preclude la vita sulla superficie.

Il fenomeno in questione, emette tipicamente la maggior parte delle sue radiazioni UV, durante un picco rapido della durata di soli 5-15 minuti. Le osservazioni simultanee di Evryscope e del telescopio spaziale TESS sono state ottenute a intervalli di due minuti, garantendo misurazioni multiple durante il picco di ogni super brillamento.

Questa è la prima volta che le temperature di un campione così grande di super flare sono state studiate. La frequenza delle osservazioni ha permesso al team di scoprire la quantità di tempo in cui i super flare possono cuocere i pianeti orbitanti con intense radiazioni UV.

I brillamenti osservati, hanno già informato la TESS Extended Mission di scoprire migliaia di esopianeti in orbita attorno alle stelle nane più luminose del cielo. TESS sta ora prendendo di mira le stelle produttrici di flare ad alta priorità del campione UNC-Chapel Hill per osservazioni più frequenti.

A lungo termine questi risultati potrebbero informare la scelta dei sistemi planetari da osservare da parte del James Webb Space Telescope della NASA sulla base dell’attività di flares del sistema“. Rileva il coautore dello studio Nicholas M. Law, professore associato di fisica e astronomia alla UNC-Chapel Hill e ricercatore principale del telescopio Evryscope.

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