Sindrome del cuore spezzato: quando il dolore fa ammalare

La sindrome del cuore spezzato o sindrome tako-tsubo oppure ancora cardiomiopatia da stress, si identifica con una disfunzione del ventricolo sinistro, per lo più transitoria e con una sintomatologia che ricorda una sindrome coronarica acuta: dolore toracico, dispnea, alterazioni elettrocardiografiche e alterazioni degli enzimi di necrosi

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La sindrome del cuore spezzato o sindrome tako-tsubo oppure ancora cardiomiopatia da stress, si identifica con una disfunzione del ventricolo sinistro, per lo più transitoria e con una sintomatologia che ricorda una sindrome coronarica acuta: dolore toracico, dispnea, alterazioni elettrocardiografiche e alterazioni degli enzimi di necrosi.

È necessario chiarire che non si tratta di un disturbo di natura psicologica ma che coinvolge l’organismo e come tale va trattato. È importante quindi non sottovalutare i sintomi e rivolgersi al medico di fiducia per una corretta diagnosi ed un conseguente supporto terapico adeguato.

La sindrome del cuore spezzato venne individuata in Giappone all’alba degli anni novanta, quando si osservò che il ventricolo sinistro assumeva la forma del cesto (tsubo) usato per la pesca dei polipi (tako). Il ventricolo sinistro infatti, che ha il compito di pompare il sangue verso il corpo, tende ad indebolirsi e causa una contrazione cardiaca eccessiva.

Sindrome del cuore spezzato: i sintomi e le cause

Di questa patologia si conosce ancora poco, ma il suo sviluppo sembra essere correlato alla stimolazione degli ormoni da stress, anche se non si esclude una temporanea restrizione delle arterie che portano il sangue al cuore. Le più colpite sono le donne e ad oggi non esiste una terapia medica definitiva ma è necessario rimanere sotto stretto controllo medico.

La manifestazione della sindrome del cuore spezzato ricorda l’infarto del miocardio, con valori nel sangue alterati. In alcuni pazienti sono stati riscontrati dolori al petto, mancanza di respiro e battito irregolare, proprio come in un infarto ma diversamente da questa infelice eventualità, non si rilevano danni al muscolo cardiaco o alle coronarie.

Tuttavia, una ricerca pubblicata sul Journal of the American Heart Association ha individuato una correlazione tra il cancro e la sindrome del cuore infranto. Lo studio ha interessato un campione di oltre 1600 pazienti e ha evidenziato come su 276 soggetti analizzati la correlazione tra tumori maligni e l’insorgenza della TTS non fosse trascurabile.

Per quanto riguarda le cause, l’insorgenza della sindrome può dipendere da un grave lutto che porta un livello di stress tale da compromettere la salute non solo a livello psicologico ma soprattutto a livello organico.

Sempre sull’European Heart Journal si parla di sindrome che parte dall’encefalo: secondo uno studio condotto da Christian Templin, del Policlinico Universitario di Zurigo, le regioni del cervello che elaborano le emozioni e che controllano battito cardiaco, respirazione e altre funzioni autonome del nostro corpo non comunicano bene tra loro e proprio la mancanza di connessione causerebbe la sindrome. Queste alterazioni nella connessione tra tali aree nervose potrebbero essere proprio alla base del problema cardiaco.

Per la prima volta abbiamo individuato un’associazione tra alterazioni funzionali in aree neurali e sindrome da crepacuore – ha spiegato Templin – ciò supporta l’idea che il cervello sia coinvolto nella genesi della malattia cardiaca. Stress fisici ed emotivi sono profondamente associati a essa – continua – ed è stato ipotizzato che l’eccessiva stimolazione del sistema nervoso autonomo (che controlla battito cardiaco e respiro) potrebbe portare alla sindrome”. ( ANSA)

In un’intervista rilasciata a Vanity Fair, il dottor Paolo Grampa, psicologo dell’associazione Alice Onlus di Milano, ha spiegato: “Qualsiasi rottura affettiva comporta un dolore per le persone coinvolte. Spesso questo dolore trova la via preferita per manifestarsi proprio attraverso il corpo, che inizia a divenire un manifesto esplicito del proprio stato emotivo. I cambiamenti più comuni riguardano dolori al fisico, variazioni del peso corporeo, problemi alla pelle, ma anche l’insorgere di ansia e preoccupazioni.

Tutti questi segnali che indicano un aumento dello stress e della tensione alla quale, a seguito di una separazione, si è sottoposti. Agli inizi degli anni Novanta alcuni ricercatori giapponesi hanno dimostrato che patire un forte stress emotivo o fisico può causare una malattia del cuore, talvolta temporanea talvolta letale, chiamata “sindrome del cuore infranto”. A indurre questa sindrome è, molto probabilmente, un’alterazione nella quantità di alcuni ormoni legati allo stress, in particolare l’adrenalina e la noradrenalina. Questa variazione ormonale sembrerebbe modificare tanto la normale anatomia quanto la funzionalità del tessuto muscolare che costituisce una parte specifica dell’organo cardiaco, il ventricolo sinistro” spiega Grampa.

Le cause possono essere legate a stress sia fisico che emotivo. A livello fisico i principali fattori stressanti sono gli sforzi esagerati, la presenza di altre malattie o patologie, che nulla hanno a che vedere con il cuore, interventi chirurgici non cardiaci particolarmente delicati, attacchi di asma. A livello emotivo, invece, i principali fattori stressanti sono la paura, gli accessi di rabbia esagerati, un lutto derivato dalla morte di una persona amata, gravi difficoltà, discussioni accese, storie d’amore non corrisposte o finite”. Specifica l’esperto.

E cosa fare per avere cura di sé in situazioni così drammatiche ad alto rischio?

Lo studioso risponde che: “Quando un rapporto finisce può essere d’aiuto stare lontano dallo stress e considerarsi convalescenti, proprio come durante un brutto malanno e prendersi cura di se stessi, facendo qualcosa per guarire ogni giorno: trovare supporto negli altri, scegliere di fare cose che piacciono, tenendosi occupati, non aspettando l’umore giusto per agire, chiedendo aiuto ad amici fidati”.

“Dopo la fine di una relazione importante, sicuramente non bisogna isolarsi, chiudendosi nel proprio dolore e all’interno delle mura domestiche. Bisogna evitare anche di sguazzare nei rimpianti e nei ricordi, magari idealizzando le cose positive del proprio ex e sottovalutando le cose negative e le spigolature, che invece hanno molto probabilmente portato alla fine della storia. Da ultimo, non affidarsi al famoso motto “chiodo schiaccia chiodo”. Per quanto un po’ di leggerezza, spensieratezza siano positivi, cercare di fuggire al dolore fisiologico rischia di rivelarsi un’arma a doppio taglio” conclude Grampa.