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Scoperto a Pilbara un cratere da impatto di 3,5 miliardi di anni fa

Un'indagine scientifica ha disvelato un reperto di inestimabile valore geologico nella regione di Pilbara, Australia Occidentale: un cratere da impatto meteoritico di età superiore a 3,5 miliardi di anni. Tale ritrovamento, il più antico sinora documentato, permette di ricostruire con maggiore accuratezza le dinamiche che hanno plasmato la Terra primordiale e di approfondire la conoscenza relativa alla formazione dei primi nuclei continentali

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Nel cuore dell’antica regione di Pilbara, in Australia Occidentale, un team di scienziati ha compiuto una scoperta che riscrive la storia geologica del nostro pianeta: l’identificazione del cratere da impatto di meteorite più antico finora conosciuto.

Risalente a oltre 3,5 miliardi di anni fa, questa cicatrice primordiale sulla crosta terrestre non solo supera di oltre un miliardo di anni il precedente detentore del record, ma offre anche una finestra unica sul passato remoto della Terra e sulla formazione dei suoi primi continenti.

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Scoperto a Pilbara un cratere formatosi 3,5 miliardi di anni fa

Pilbara: la cicatrice primordiale della Terra svela i segreti della nascita dei continenti

La scoperta di questo cratere di Pilbara non è stata una semplice coincidenza, ma il risultato di anni di ricerca e ipotesi. La sua posizione, infatti, era esattamente quella prevista da un team di geologi che, da tempo, sosteneva una teoria rivoluzionaria sulla formazione dei primi continenti della Terra. Le rocce più antiche del nostro pianeta, risalenti a oltre 3 miliardi di anni fa, si trovano nei nuclei di molti continenti moderni. Tuttavia, l’origine di queste formazioni geologiche è sempre stata un enigma per gli scienziati.

Due teorie principali hanno dominato il campo: da un lato, l’ipotesi dei pennacchi caldi, che suggerisce la formazione dei continenti sopra pennacchi di materiale caldo risalenti al nucleo terrestre, analogamente a quanto si osserva nelle lampade a lava; dall’altro, la teoria della tettonica a placche, che propone processi simili a quelli attuali, con lo scontro e la sovrapposizione di masse rocciose.

Un gruppo di ricercatori ha proposto una teoria alternativa, secondo cui l’energia necessaria per la formazione dei continenti nel Pilbara sarebbe provenuta dall’esterno della Terra, sotto forma di impatti di meteoriti di dimensioni colossali. La prova a sostegno di questa teoria risiedeva nella composizione chimica di minuscoli cristalli di zircone, ma per convincere la comunità scientifica era necessaria una prova più tangibile: il cratere stesso.

Così, nel maggio 2021, un team di ricercatori ha intrapreso un’avventura nel Pilbara, collaborando con il Geological Survey of Western Australia (GSWA) per dare la caccia al cratere perduto. La scoperta del cratere ha fornito una conferma decisiva della teoria dell’impatto, dimostrando che i meteoriti hanno avuto un ruolo fondamentale nella formazione dei primi continenti della Terra.

Il cratere di Pilbara, con il suo diametro di diverse centinaia di chilometri, testimonia la violenza dell’impatto che ha plasmato la crosta terrestre miliardi di anni fa. L’energia rilasciata dall’impatto ha fuso le rocce circostanti e ha innescato la risalita di materiale dal mantello terrestre, dando origine alle prime masse continentali.

La scoperta di questo cratere primordiale ha implicazioni profonde per la nostra comprensione della storia della Terra. Essa non solo fornisce una prova concreta della teoria dell’impatto di meteoriti nella formazione dei continenti, ma apre anche nuove prospettive sulla natura e la frequenza degli impatti di meteoriti nel passato remoto del nostro pianeta. Inoltre, la regione di Pilbara è nota per la presenza di antiche forme di vita, e la scoperta del cratere potrebbe fornire indizi preziosi sull’impatto degli impatti di meteoriti sull’evoluzione della vita sulla Terra.

Un’indagine stratigrafica: decifrare i segreti dell’Antarctic Creek Member

Il punto di partenza dell’indagine è stato l’Antarctic Creek Member, una formazione geologica che si distingue per la sua composizione eterogenea. Questo strato, incastonato tra spessi flussi di basalto, ha catturato l’attenzione dei ricercatori per la presenza di sferule, microgocce di roccia fusa. Sebbene queste sferule potessero provenire da impatti distanti, l’attenzione si è concentrata sul Pilbara, dove la storia geologica suggeriva la possibilità di un evento catastrofico locale.

La svolta è arrivata con la scoperta dei coni di frantumazione, strutture geologiche uniche che si formano esclusivamente in seguito a impatti meteoritici. La loro presenza, diffusa nell’Antarctic Creek Member, ha fornito la prova inconfutabile dell’esistenza di un antico cratere. Questa scoperta ha trasformato un’indagine geologica in un viaggio nel tempo, permettendo di osservare le conseguenze dirette di un evento avvenuto miliardi di anni fa.

La datazione del cratere di Pilbara, basata sulla stratigrafia e sulla correlazione con l’Antarctic Creek Member, ha stabilito che l’impatto risale a 3,5 miliardi di anni fa. Questo colloca l’evento in un’epoca in cui la Terra era soggetta a un intenso bombardamento meteoritico, un periodo cruciale per la formazione dei continenti e, forse, per l’origine della vita.

La regione di Pilbara è anche nota per la presenza di antiche forme di vita microbica. La scoperta del cratere solleva interrogativi affascinanti sull’impatto che eventi catastrofici come questo potrebbero aver avuto sull’evoluzione della vita. Gli impatti meteoritici, pur essendo distruttivi, potrebbero aver fornito l’energia e i materiali necessari per innescare processi biologici cruciali.

Conclusioni

La scoperta del cratere di Pilbara apre nuove frontiere nella ricerca geologica. I nuclei continentali antichi, sparsi in tutto il mondo, potrebbero nascondere altri crateri inesplorati, testimonianze di un’epoca in cui la Terra era un bersaglio costante di impatti cosmici. La loro identificazione e il loro studio potrebbero rivoluzionare la nostra comprensione della Terra primordiale e del ruolo che gli impatti giganti hanno avuto nella sua evoluzione.

Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications.

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