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Ogni 114 giorni circa, una galassia distante 570 milioni di anni luce si accende come un fuoco d’artificio. Questo strano fenomeno è noto ai nostri osservatori almeno dal 2014 e oggi gli astronomi hanno capito cosa causa questi incrementi di luminosità.

Come sappiamo, tutte (o quasi) le galassie nascondono nel loro nucleo un buco nero supermassiccio. La galassia a spirale ESO 253-G003 non è da meno, anche nel suo nucleo si cela un buco nero enorme. Una stella orbita attorno al buco nero in 114 giorni. La stella periodicamente si avvicina al buco nero supermassiccio tanto che quest’ultimo gli strappa una parte della sua atmosfera provocando un brillante bagliore di luce attraverso lunghezze d’onda multiple.

Gli astronomi a causa della regolarità delle emissioni luminose hanno soprannominato la galassia ESO 253-G003 Old Faithful“, come il geyser nel Parco Nazionale dello Yellowstone.

La prima autrice dello studio, l’astronoma Anna Payne dell’Università di Hawai’i a Mānoa ha spiegato che i bagliori emessi sono quelli più prevedibili e frequenti mai visti provenire dal nucleo di una galassia e consentono uno studio approfondito di “Old Faithfull”.

Secondo la Payne la causa delle emissioni luminose è dovuta alla presenza di un buco nero che strappa parte della materia di una stella gigante in orbita. I flare sono stati osservati per la prima volta nel novembre 2014, dall’All-Sky Automated Survey for Supernovae (ASAS-SN). All’epoca, gli astronomi pensavano che l’emissione fosse causata da una supernova esplosa nella galassia ESO 253-G003.



L’emissione della galassia ESO 253-G003 è stata scoperta grazie all’analisi dei dati ASAS-SN, dove la Payne ha rilevato un serie di emissioni tutte nella stessa posizione. L’astronoma ha identificato un totale di 17 emissioni, distanziate di circa 114 giorni l’una dall’altra. La Payne e il suo team hanno quindi predetto che la galassia avrebbe emesso un bagliore di nuovo il 17 maggio, il 7 settembre e il 26 dicembre del 2020. Tutte le previsioni sono state rispettate.

Il team ha chiamato il flaring ripetuto “ASASSN-14ko”. Le previsioni accurate hanno consentito di ricavare ulteriori dati dell’emissione di maggio utilizzando il potente telescopio spaziale TESS della NASA.

“TESS ha fornito un’immagine molto completa di quel particolare bagliore, ma a causa del modo in cui la missione immagina il cielo, non può osservarli tutti”, ha spiegato l’astronomo Patrick Vallely della Ohio State University“ASAS-SN raccoglie meno dettagli sulle singole esplosioni, ma fornisce una linea di base più lunga, che era cruciale in questo caso. Le due indagini si completano a vicenda”.

L’emissione non può essere dovuta a una supernova, infatti questo fenomeno cessa una volta che la stella è andata distrutta. Qualunque cosa stia provocando l’emissione nelle lunghezze d’onda ottiche, ultraviolette e dei raggi X doveva essere qualcos’altro.

Non è sbagliata l’ipotesi che un buco nero emetta dei flare mentre divora parte di una stella di passaggio, una di queste emissioni è stata rilevata l’anno scorso, con un programma di flaring della durata di nove ore. Tuttavia il caso di ESO 253-G003 è abbastanza complesso.

La complessità deriva dal fatto che ESO 253-G003 non è una galassia, ma è in realtà composto da due galassie nelle fasi finali della fusione, e questo porta a una scoperta, dovrebbero esserci due buchi neri supermassicci nel centro.

Recenti studi hanno dimostrato che l’interazione tra due buchi neri supermassicci possono causare flaring ripetuti, anche se è probabile che gli oggetti al centro di ESO 253-G003 siano troppo distanti per interagire in questo modo.

Un’altra possibilità è che una stella si impatti contro un disco di accrescimento che alimenta uno dei buchi neri. Anche questo però è stato escluso. Se la stella impatta con il disco di accrescimento con diverse angolazioni, le forme dei bagliori risultanti dovrebbero essere diversi tra di loro, ma le osservazioni hanno mostrato che i bagliori di ESO 253-G003 sono simili.

La terza possibilità è la ripetuta interruzione della marea parziale, in cui un oggetto massiccio più grande rimuove materiale da uno più piccolo in orbita.

Se una stella percorre un’orbita eccentrica di 114 giorni attorno al buco nero, il suo passaggio potrebbe portarla abbastanza vicino da essere spogliato del materiale prima che si allontani nuovamente. Quando questo materiale entra in collisione con il disco di accrescimento, provoca un bagliore. E questo è proprio ciò che sembra accadere.

Con questo scenario in mente, il team ha analizzato le osservazioni studiando la curva di luce di ogni bagliore confrontandole con altri eventi noti di interruzione delle maree dei buchi neri. Hanno scoperto che la stella probabilmente orbita attorno al buco nero che ha 78 milioni di masse solari.

Ad ogni passaggio ravvicinato, la stella perde circa lo 0,3 percento della massa del Sole – (circa tre Giove) – a causa del buco nero e questa perdita di massa sarebbe sufficiente a causare i bagliori osservati consentendo alla stella di continuare a vivere.

“Se una stella gigante con un involucro gonfio si avvicina, ma non troppo, su un’orbita molto allungata, il buco nero può rubare parte del materiale esterno senza distruggere l’intera stella”. ha spiegato l’astronomo Benjamin Shappee dell’Istituto di astronomia dell’Università delle Hawaii. “In tal caso, la stella gigante continuerà a tornare ancora e ancora fino a quando la stella non sarà consumata”.

Non sappiamo da quanto tempo la stella orbita attorno al buco nero supermassiccio, e questo non permette calcoli precisi su quanto la stella abbia ancora da vivere. Il team ha stabilito che le prossime emissioni avverranno ad aprile e ad agosto e si preparano a nuove osservazioni per la raccolta di ulteriori dati.

Queste osservazioni sono essenziali per studiare l’accrescimento della massa di un buco nero supermassiccio.

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