Un rapporto afferma che si dovrebbe ridurre di un quinto la quantità di manzo, agnello e latticini per combattere i cambiamenti climatici. Gli enti pubblici potrebbero collaborare cercando di offrire delle soluzioni, a base vegetale, per tutti i piatti.
“Se le persone non diminuiscono volontariamente questo tipo di consumo, potrebbero essere necessarie tasse su carne e latticini”
Il rapporto è stato stilato dai consulenti ufficiali del governo, la commissione per i cambiamenti climatici (CCC). Il suo amministratore delegato Chris Stark dichiara: “Non possiamo raggiungere l’obiettivo di emissioni Zero del governo per il 2050 senza dover fare grandi cambiamenti per quanto riguarda il modo di utilizzare la terra, il modo di coltivarla e ciò che mangiamo“.
Il sindacato agricolo NFU (National Farmers’ Union) è a favore di gran parte di ciò che il rapporto dichiara, anche se si oppone ai tagli del bestiame.
“Rendere più verde” la campagna
Il documento raccomanda una serie di misure per ridurre le emissioni di gas serra dalle campagne. Gli autori affermano che ridurre almeno del 20% la quantità di carne bovina, di agnello e di latticini e gli sprechi alimentari, consentirebbe di risparmiare l’equivalente di sette milioni di tonnellate di CO2 emesso dalle aziende agricole.
Le terre non più necessarie per l’allevamento del bestiame, potrebbero essere impiegate per piantare gli alberi.
Si prevedono meno pecore e mucche
Gli autori prevedono un calo del 10% circa del numero di bovini e ovini entro il 2050 rispetto ai livelli del 2017. Affermano che negli ultimi due decenni c’è già stata una riduzione del 20%. Alcuni agricoltori montani sostengono che su terreni sottili, l’unico uso produttivo della terra è per l’allevamento del bestiame.
Minette Batters, presidente della NFU, dichiara: “I prodotti a base vegetale non hanno sempre un impatto minore sull’ambiente”.
“Della terra britannica, il 65% è adatto solo per il pascolo del bestiame e abbiamo il clima giusto per produrre carne rossa e latticini di alta qualità. Pertanto ha senso che, parlando di impatto ambientale, il pubblico continui a sostenere la produzione di bestiame“.
Il rapporto afferma: “Le praterie possono avere un impatto positivo sulla qualità del suolo (immagazzinando carbonio al suo interno), ma non possono aumentare continuamente la riserva di carbonio del suolo stesso”.
Il documento afferma inoltre che gli agricoltori dovrebbero utilizzare i fertilizzanti in modo più intelligente. Dovrebbero gestire meglio il letame animale e ridurre gli sprechi alimentari.
La combustione delle torbiere “dovrebbe essere vietata”
Il rapporto esorta a non bruciare regolarmente le torbiere e a non estrarre la torba. Al contrario, il comitato raccomanda di aumentare le colture, da bruciare per produrre energia, a circa 23.000 ettari ogni anno.
Il portavoce della Sustain Alliance (un ente di beneficenza alimentare), Vicki Hird, dichiara: “L’aumento delle colture energetiche per alimentare le centrali elettriche è pericoloso perché potrebbe danneggiare la biodiversità, gli ecosistemi e la nostra sicurezza alimentare“.
Le nuove foreste potrebbero essere finanziate dalle tasse
Il Comitato afferma che l’uso del suolo – ovvero fattorie, foreste e torbiere – ha rappresentato il 12% delle emissioni totali di gas serra nel Regno Unito nel 2017. Entro il 2050, come afferma il rapporto, gli agricoltori devono ridurre queste emissioni di quasi due terzi. Le nuove foreste dovrebbero essere “finanziate” tassando le industrie, come quella dell’aviazione, che emettono gas serra.
L’aumento della silvicoltura, afferma il rapporto, fornirà boschi per la “ricreazione”, pulirà l’aria, filtrerà l’acqua e catturerà le acque di inondazione sul terreno.
George Monbiot, promotore della campagna di “rewilding” (conservazione su larga scala volta a ripristinare e proteggere i processi naturali e le aree naturali più selvagge, fornendo connettività tra tali aree e proteggendo o reintroducendo i predatori dell’apice e le specie di chiave di volta), ha dichiarato che il rapporto contiene “alcune misure deboli“.