La parte occidentale del mondo vive per lo più in una società consumista, oziosa e viziata che ha reso l’obesità una condizione preminente.
In un mondo dove le nostre menti sono condizionate al consumo spropositato di cibo ed alimenti ipercalorici: Snack, bevande con quantità di zuccheri disciolti spropositate ed eccitanti (caffeina), che ruolo può giocare il digiuno nell’alimentazione moderna?
Il termine digiuno descrive lo stato di privazione dagli alimenti. Può essere svolto in maniera obbligata (carenza di cibo) o volontaria (sciopero della fame).
Premetto che il digiuno non è una pratica consigliata al fine di perdere peso in quanto può sfociare in patologie come l’anoressia, dobbiamo però tenere presente che, solo se svolto con una precisa metodica, può diventare parte di una strategia di salutare atta a riequilibrare il nostro organismo.
A livello metabolico, quando il nostro organismo finisce di assorbire i nutrienti dell’ultimo pasto e richiede ulteriore energia (solitamente tra le 2/3 ore dall’ultima assunzione di cibo), inizia la degradazione del glicogeno epatico attraverso il processo denominato glicogenolisi.
Il glicogeno quindi viene scomposto in unità di glucosio, necessarie ad apportare energia ai vari tessuti ed organi in tutto il corpo.
La quantità di glicogeno epatico è limitativa e può coprire il dispendio energetico fino ad un certo punto, dopo di che l’energia viene ricavata traverso l’ossidazione dei trigliceridi (grassi), anche essi relativamente efficienti.
Quindi, si attivano della vie di supporto per la richiesta di glucosio, come la gluconeogenesi. Essa consiste nella produzione di glucosio attraverso il consumo di amminoacidi (componenti delle proteine).
Il prolungamento della mancara assunzione di cibo comporta un progressivo aumento della gluconeogenesi, che prende gli amminoacidi necessari dalle proteine muscolari, con conseguente riduzione della massa muscolare, di apatia, debolezza e atonia. Questo è quello che avviene a livello metabolico nelle prime 24 h di digiuno.
Ovviamente, un digiuno prolungato ha solo un effetto deleterio, ma un digiuno a breve termine può essere un metodo molto efficace per disintossicarsi da un regime alimentare troppo industrializzato ed innaturale.
La natura stessa, difatti, ci dice che non siamo fatti per nutrirci costantemente da mattina a sera, anche se mangiare è una delle cose che ci piace di più fare in assoluto. L’essere umano nasce come cacciatore e raccoglitore e si incorreva nel rischio di saltare un pasto o due, eppure non ci siamo mai dovuti preoccupare dell’estinzione della specie per questo.
Il digiuno intermittente
Diversi studi scientifici dimostrano come un digiuno limitato in realtà abbia effetti positivi.
Il digiuno intermittente è una pratica che ha riscontrato molto interesse nel mondo scientifico negli ultimi anni.
Esso può essere eseguito in due diverse tipologie: la prima consiste in un digiuno giornaliero di 18/16 h consentendo il consumo alimentare solo per 6/8 h al giorno, la seconda consiste nel digiuno di 2 giorni a settimana su 7.
Gli studi effettuati sul digiuno intermittente affermano che questo innesca un meccanismo derivante dall’evoluzione, che porta al rinnovamento cellulare, ad una maggiore resistenza agli stress, ad una minor quantità di lipidi del sangue, ad un maggior contrasto delle infiammazione e in linea generale al rafforzamento di tutto il sistema immunitario.
A trattare questo argomento numerose università come la Johns Hopkins University, che ha pubblicato uno studio sul New England Journal of Medicine riguardo ai benefici del digiuno intermittente, l’University of Utah di Salt Lake City che ha svolto una ricerca che dimostra che il digiuno previene i problemi cardiovascolari.
La Malpete University, in Turchia, ha inoltre svolto uno studio sul digiuno periodico prolungato in un modello come quello del Ramadan, dimostrando gli effetti positivi sullo stato infiammatorio del corpo e sul rischio di malattie cardiovascolari.
Tra gli esperti in questa tematica, Rafael De Cabo, scienziato e direttore di filiale del ramo traslazionale di gerontologia presso il national institute on Aging e Mark Mattson, neuroscienziato della Hopkins.
Quest’ ultimo afferma che “Alimentarsi in maniera intermittente è una scelta che può far parte di uno stile di vita sano”.
Concludo, dicendo che il digiuno intermittente eseguito in modo consapevole e razionale può di certo essere inserito nelle nostre abitudini alimentari e sperimentarlo non può che apportarci beneficio.