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Le pupille ci raccontano come il cervello consolida i ricordi durante il sonno

Un team di scienziati, utilizzando tecnologie all'avanguardia, ha identificato un nuovo meccanismo cerebrale che spiega come il nostro cervello consolida i ricordi attraverso la dinamica delle pupille durante il riposo. Questa scoperta apre nuove prospettive per la comprensione dei disturbi della memoria e potrebbe portare allo sviluppo di nuove terapie per migliorare le nostre capacità cognitive

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Un team di ricercatori ha fatto una scoperta rivoluzionaria sui meccanismi cerebrali che governano il consolidamento della memoria durante il sonno. Studiando topi dotati di elettrodi cerebrali e minuscole telecamere per il tracciamento oculare delle pupille, gli scienziati hanno identificato un meccanismo finora sconosciuto che permette al cervello di separare e consolidare i ricordi in modo altamente efficiente.

Le pupille ci raccontano come il cervello consolida i ricordi durante il sonno
Le pupille ci raccontano come il cervello consolida i ricordi durante il sonno

Le pupille, una finestra sul cervello

Osservando attentamente i movimenti oculari dei topi durante il sonno, i ricercatori hanno notato un fenomeno sorprendente: la dimensione delle pupille variava in modo ciclico durante la fase non-REM del sonno. Quando la pupilla si contraeva, i topi riproducevano e consolidavano i ricordi più recenti, mentre quando si dilatava, lo stesso processo si ripeteva per i ricordi più vecchi. Questa scoperta suggerisce che il cervello utilizza la contrazione e la dilatazione della pupilla come un meccanismo per separare e organizzare i ricordi durante il sonno.

Questa nuova comprensione dei meccanismi del sonno offre una spiegazione affascinante su come il cervello riesce a evitare la cosiddetta “dimenticanza catastrofica“, ovvero la sovrascrittura di ricordi più vecchi con quelli più recenti. La capacità di separare le diverse fasi del consolidamento della memoria in base alla dimensione delle pupille permette al cervello di mantenere un archivio di ricordi organizzato e accessibile.

Questa scoperta ha profonde implicazioni sia per la comprensione del funzionamento del cervello umano che per lo sviluppo di nuove tecnologie. Capire come il cervello consolida i ricordi durante il sonno potrebbe aprire nuove strade per lo sviluppo di tecniche per migliorare la memoria negli esseri umani, ad esempio attraverso la stimolazione cerebrale o l’uso di farmaci. I risultati di questa ricerca potrebbero essere utilizzati per progettare algoritmi di apprendimento automatico più efficienti, ispirati ai meccanismi cerebrali che consentono di separare e consolidare le informazioni.

Sebbene la relazione tra sonno e memoria sia stata studiata a lungo, questa ricerca ha portato alla luce un nuovo e affascinante aspetto di questo complesso processo. La scoperta del ruolo delle pupille nella regolazione del consolidamento della memoria rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione del funzionamento del cervello e apre nuove prospettive per la ricerca futura.

Un sistema di archiviazione altamente efficiente

Unendo le loro competenze in etologia, ingegneria e analisi dati, Oliva e Fernandez-Ruiz hanno condotto uno studio innovativo. Dotando topi di elettrodi cerebrali e telecamere oculari, hanno osservato in dettaglio cosa accade nel loro cervello durante il sonno. Dopo aver addestrato i roditori a svolgere diversi compiti, i ricercatori hanno monitorato l’attività cerebrale e i movimenti oculari delle pupille durante il riposo. In particolare, hanno focalizzato l’attenzione su ciò che accadeva quando i topi acquisivano nuove informazioni.

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Secondo Oliva, il consolidamento della memoria avviene durante il sonno non-REM in brevi e intensi burst di attività cerebrale, della durata di appena 100 millisecondi. Come fa il cervello a distribuire queste rapidissime proiezioni di memoria durante tutta la notte, evitando interferenze tra le nuove e le vecchie informazioni? È un enigma che gli scienziati stanno ancora cercando di risolvere.

Le osservazioni degli studiosi hanno rivelato una complessità inaspettata nel sonno dei topi, che presenta una struttura più simile a quella umana di quanto si pensasse. Interrompendo il sonno in momenti precisi e testando successivamente la memoria, abbiamo scoperto che la dimensione della pupilla è un indicatore cruciale dei processi di consolidamento della memoria. Quando le pupille si restringono, il cervello riattiva e consolida i ricordi più recenti, mentre durante la dilatazione si occupa dei ricordi più antichi.

La pupilla, finora considerata un semplice organo visivo, si rivela un indicatore fondamentale dei processi mentali che avvengono durante il sonno. Le sue variazioni ci mostrano come il cervello, durante il riposo, lavora attivamente per organizzare e consolidare le nostre esperienze. È come se le pupille fossero una finestra che ci permette di osservare i meccanismi più intimi della nostra mente.

Le implicazioni di questa scoperta vanno ben oltre la comprensione del sonno. L’efficienza del cervello nel memorizzare informazioni con un numero limitato di neuroni rappresenta una sfida per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Come ha sottolineato Fernandez-Ruiz: “Il cervello riesce a compiere imprese mnemoniche straordinarie con risorse limitate, mentre modelli come ChatGPT consumano un’energia enorme per svolgere compiti simili. Capire come funziona il nostro cervello potrebbe aiutarci a progettare sistemi artificiali più efficienti ed ecologici”.

Conclusioni

Questa capacità del cervello di separare nel tempo le funzioni di apprendimento e consolidamento della memoria spiega in gran parte perché siamo in grado di memorizzare così tanto con così poco. Questa scoperta apre nuove prospettive per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Potremmo infatti insegnare alle reti neurali a imitare questo meccanismo, rendendole più efficienti e capaci di apprendere come il cervello umano.

Lo studio è stato condotto da un team di ricercatori guidato da Azahara Oliva e Antonio Fernandez-Ruiz. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Nature.

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