L’universo è un luogo ricco di misteri che noi esseri umani fatichiamo a comprendere e nonostante tutti gli sforzi, per ora brancoliamo nel buio con un lumicino che è la nostra ragione, una flebile luce che rischiara un incerto futuro.
Uno di questi misteri identificato da una acronimo “FRB” che significa Fast Radio Burst o “Lampo radio veloce” è stato segnalato per la prima volta nel 2007 scandagliando i dati d’archivio del 24 luglio 2001 ottenuti con il rediotelescopio di 64 metri di diametro dell’osservatorio di Parkes.
Negli ultimi tempi si parla molto di un FRB molto particolare, il segnale emesso ha uno schema che si ripete ogni 16 giorni con 4 giorni di emissioni veloci intermittenti e dodici di silenzio.
Non abbiamo ancora scoperto quale sia la causa di questi potenti lampi radio che giungono ai nostri strumenti spesso da miliardi di anni luce di distanza. Stranamente, un gran numero di questi segnali non si è mai ripetuta, moltissimi FRB sono imprevedibili e solo 5 su 100 sono abbinati a una galassia.
Si è cercato di spiegare gli FRB con le stelle di neutroni “magnetar” ma rimangono i dubbi sulla effettiva capacità di questi oggetti celesti di emettere energia su una scala di tipo novae rilevate nei lampi radio.
Spesso, in presenza di fenomeni ancora senza spiegazione in tanti propongono una spiegazione che prende in considerazione una possibile origine “aliena”, ipotesi certamente affascinanti che attirano molti lettori, come molti titoli dimostrano, ma affrettate e del tutto insoddisfacente.
Sembra un po’ come voler evocare gli Dei, ha fatto notare lo scienziato planetario e astrobiologo Charley Lineweaver dell’Australian National University su “ScienceAlert”.
Propulsori alieni
Una risposta agli FRB è stata proposta da alcuni fisici nel 2017; secondo loro questi segnali sarebbero il prodotto delle radiazioni emesse dai propulsori di navi spaziali aliene, mentre per altri invece i segnali sarebbero riconducibili a comunicazioni extraterrestri.
Il fisico Paul Ginsparg della Cornell University e fondatore di arXiv, non esclude queste risposte, anche se ritiene che esistano spiegazioni “non aliene” più plausibili. L’idea aliena è invece da scartare, come afferma Seth Shostak, presidente del SETI, data la distanza dalla quale provengono i segnali, da qualche centinaio di milioni di anni luce fino a diversi miliardi di anni luce.
Secondo Shostak gli alieni non avrebbero potuto organizzare un’impresa del genere e trasmettere lo stesso segnale. L’universo, secondo lo scienziato non è abbastanza vecchio per permettere che civiltà aliene comunichino da cosi lontano.
Affinché gli FRB siano prodotti da una qualche civiltà extragalattica, dovrebbero esistere almeno un centinaio di esse, in grado di produrre segnali radio cosi potenti che possano viaggiare nel cosmo per miliardi di anni ed essere rilevate dai nostri radiotelescopi.
Sulla Terra utilizziamo trasmissioni radio da pochissimo tempo, circa 125 anni e le nostre trasmissioni più vecchie quindi hanno percorso solo 125 anni luce, un’inezia, a mala pena hanno raggiunto le stelle più vicine, ma per eventuali civiltà poste oltre questo limite noi non esistiamo.
Una civiltà evoluta e tecnologicamente avanzata è in grado di produrre certamente un segnale potente, ma i segnali FRB giungono fino a noi da luoghi diversi dell’universo e da epoche diverse come se tutte queste ipotetiche civiltà avessero sviluppato questa tecnologia al momento giusto arrivando sulla Terra più o meno negli stessi anni, una coincidenza veramente poco probabile.