Viviamo in un’epoca in cui tutte le informazioni sono condivise a livello globale e con le informazioni anche i timori.
Dalla metà del secolo scorso si cominciò a parlare dei survivalisti, persone che si preparavano a sopravvivere alla fine del mondo, più precisamente a catastrofi, di qualsiasi origine, in grado di provocare un radicale cambiamento dello stile di vita con il crollo della società civile.
Oggi il survivalismo si è diffuso un po’ in tutto il mondo e le persone che lo seguono si definiscono “prepper“, vocabolo onomatopeico derivato dall’inglese “to prepare”.
Ma chi è, cosa fa e cosa pensa un prepper?
Secondo wikipedia, i prepper sono persone che si preparano attivamente per le emergenze, future o eventuali, comprese possibili interruzioni o profondi mutamenti dell’ordine sociale o politico, su scale che vanno dal locale a quella internazionale. Sostanzialmente, sono persone che si preparano psicologicamente, fisicamente (allenamento, tecniche di auto-difesa…) e materialmente (con l’acquisto o la realizzazione di vari kit, attrezzatura, vestiario…) a calamità naturali e sociali. I prepper si preparano anche modificando l’abitazione o costruendo rifugi sotterranei o bunker da raggiungere in caso di pericolo.
Il prepper si prepara preventivamente ad affrontare le conseguenze derivanti dall’evento, approntando una serie di strategie, azioni e contromisure che gli permetteranno di affrontare al meglio questo cambiamento nell’eventualità si verifichi.
Solitamente, il prepper affronta i temi legati alla preparazione da solo oppure come nucleo familiare; ciò nonostante non sono rari anche i casi di veri e propri network di individui che cooperano tra loro.
Insomma, i preppers sono persone che si ritengono pronte ad affrontare qualsiasi disastro che colpisca su scala locale, nazionale o mondiale provocando al fine del nostro modo di vivere.
Un prepper non è altro che un individuo che ritiene che nulla è certo, pertanto prevedendo la variabilità degli elementi climatici, sociali e temporali, cerca di essere indipendente e autosufficiente. Ciò non significa vivere al di fuori dal mondo, anzi, significa esserne parte senza divenire un problema o subire passivamente i problemi che possono presentarsi all’improvviso.
Infatti, ogni prepper ben preparato può essere una persona autosufficiente e non dover essere un numero che si aggiunge alla lista di coloro che necessitano del supporto della macchina dei soccorsi in caso di calamità, anzi può perfino aiutare il prossimo.
Il prepper che si prepara con la sua famiglia o col suo gruppo di amici o parenti a un possibile Evento, non è altro che una persona che preparata ad affrontare le emergenze avendo una sua scorta di beni di prima necessità che, in caso di disastro, potrebbero improvvisamente scarseggiare o mancare del tutto.
Secondo i preppers, cose che crediamo scontate, come cibo, acqua, corrente elettrica e carburante sono in realtà elementi che fanno parte di un sistema a catena, così delicato, che se un solo anello si spezzasse, tutto potrebbe essere compromesso.
Il prepper, quindi, si prepara accumulando scorte, ad esempio torce elettriche in caso di blackout, taniche di gasolio in caso di sciopero dei distributori, scorte di cibo nel caso saltasse la distribuzione. Il prepper non vuole essere schiavo della tecnologia che regna sovrana nelle nostre vite quotidiane, non che la ripudi, ma semplicemente non se ne rende dipendente.
Gli eventi per i quali si preparano i preppers sono principalmente:
- catastrofi naturali, modelli di apocalittiche crisi planetarie, o ingenti cambiamenti dei processi climatici terrestri (uragani, glaciazioni, terremoti, bufere di neve, tempeste solari, forti temporali).
- Un disastro causato da attività umane (fuoriuscite chimiche, rilascio di agenti radioattivi o di materiali nucleari, guerre nucleari, chimiche o portate avanti con armi non convenzionali).
- Un crollo generale della società causato da mancanza o indisponibilità di risorse come l’elettricità, il carburante, il cibo o l’acqua.
- Crisi finanziarie o collassi economici (causati da manipolazione monetaria, iperinflazione, deflazione o depressione).
- Una pandemia globale.
- Caos diffuso da qualche altro inspiegabile o imprevedibile evento apocalittico.
Solitamente survivalisti e prepper vengo fatti confluire in un’unica categoria. Tuttavia esistono profonde differenze nell’approccio, nello stile di vita e nelle strategie adottate da questi due gruppi. Queste differenze, tuttavia, si devono considerare prevalentemente in linea di principio, perché in pratica vi sono molteplici sovrapposizioni ed aspetti in comune. Ogni individuo nella sua preparazione può essere più o meno incline ad un approccio o all’altro.
Survivalisti
Il survivalista tipico ha un approccio più “militare” alla gestione delle emergenze. Solitamente il suo stile di vita “pre-evento” è già improntato molto alla sopravvivenza e riflette questo atteggiamento nell’abbigliamento, negli strumenti usati, nelle attività di tutti i giorni.
L’atteggiamento mentale del survivalista è quello di essere in grado di risolvere qualsiasi problema pratico nelle situazioni di emergenza. Per questo studia tecniche di sopravvivenza nella natura, si interessa di caccia, pesca ed altri sistemi di sussistenza da adottare in caso di necessità. La maggior parte dei survivalisti punta innanzitutto alla sopravvivenza personale: ritiene di essere perfettamente in grado di badare a se stesso e tendenzialmente punterà a fare quello.
Prepper
Lo scopo del prepper è quello di difendere la propria qualità della vita in seguito ad un’emergenza. La maggior parte della sua attività si concentra nel “pre-evento” ed ha lo scopo di subire meno privazioni possibili nel “post-evento“. Un prepper non punta solo a saper risolvere un problema, di qualsiasi natura e tipologia possa essere (pratico, manuale, economico, meccanico, elettronico) ma soprattutto a far sì che quel problema non si presenti. Punta prevalentemente quindi alla prevenzione.
La maggior parte dei prepper agisce in un contesto familiare, per cui le sue attività sono volte a proteggere e prendersi cura di un piccolo gruppo di persone a cui possono essere affidati compiti e ruoli differenti. Statisticamente infatti molti uomini iniziano ad interessarsi al prepping nel momento in cui diventano padri.
Un’altra delle differenze principali sarebbe quella secondo cui il survivalist si specializza in modo verticale nella sopravvivenza in uno specifico scenario ad alto rischio e di forte difficoltà (ma anche meno probabile e realistico) mentre il prepper ha una preparazione molto più vasta ma meno approfondita in diversi settori, per diversi ambienti e diversi eventi che possono presentarsi con più facilità nella vita di tutti i giorni.
Strategie
Nel contesto del survivalismo esistono essenzialmente due strategie che possono sintetizzarsi con il “bugging in” e il “bugging out“. Entrambe rispondono al verificarsi di un evento e richiedono comunque una preparazione preventiva rispetto allo stesso (ad esempio: addestramento per la sopravvivenza in ambienti naturali, acquisizione di competenze tecniche o di sopravvivenza, pianificazione attività, accumulazione materiali, ecc).
In linea di principio il bugging in risponde maggiormente alla mentalità del “prepper” (se non in prima istanza, almeno dopo un pianificato bugging out), mentre quella del bugging out a quella del “survivalista“, ma, come detto in precedenza, le strategie e le tattiche operative delle due figure sono spesso sovrapponibili.
Bugging in
È la strategia che prevede di trincerarsi in casa o in un luogo sicuro (eventualmente dopo il ricorso a una strategia di bugging out) appositamente preparato. In casi estremi sono approntati dei veri e propri bunker. La strategia prevede di restare al sicuro all’interno della struttura fino alla fine della minaccia. L’implementazione prevede che la struttura sia rifornita di acqua, viveri ed ogni altra cosa potrebbe essere necessaria in questo periodo di tempo.
Bugging out
Questa strategia prevede di abbandonare la propria abitazione in seguito ad un evento per trovare rifugio in un luogo più distante dalla minaccia e quindi più sicuro. Essendo una strategia, il bugging out non è una semplice fuga, richiede pertanto una pianificazione preventiva della destinazione, del percorso e del materiale di supporto da prelevare al momento dell’attivazione della strategia.
Nel bugging out si prevede di approntare una o più delle seguenti risorse od attrezzature:
- Bug out location (b.o.l.)
Un rifugio sicuro, come una casa di villeggiatura, di amici o parenti in cui trasferirsi. La strategia richiede che nella b.o.l. vi siano stati già predisposte scorte di acqua, viveri, altri generi di prima necessità (in quanto una volta raggiunta la bug out location la strategia del bugging out si trasformerebbe in un bugging in).
Uno zaino con tutto l’occorrente per sopravvivere durante l’implementazione della strategia del bugging out.
Rientra in questa categoria la cosiddetta “72hours bag“, raccomandata alla popolazione degli Stati Uniti dalla Federal Emergency Management Agency (F.E.M.A.) – corrispondente all’italiano Dipartimento della Protezione Civile. Il nome assegnato allo strumento è da ricollegarsi al tempo (appunto 72 ore) massimo stimabile in cui il kit potrebbe fornire supporto ai cittadini dopo il verificarsi di un evento calamitoso nell’attesa che le strutture di soccorso provvedano ad intervenire ed implementare una organizzazione effettiva di assistenza.
Il mezzo (eventualmente più di uno) con cui ci si sposterà dalla propria abitazione verso la bug out location. Anche per questo strumento è possibile approntare dei kit specifici in sostituzione o in aggiunta alla b.o.b..
Scorte ed accumulo
Uno dei cardini della preparazione è quello di accumulare scorte di materiali e risorse in genere che potranno essere indispensabili, necessarie o utili alla sopravvivenza dopo il verificarsi dell’evento. A seconda dello scenario per cui ci si prepara gli elementi di cui fare scorta possono cambiare molto. In generale però si ritrovano questi elementi:
- acqua potabile per uso personale, per la cucina e per l’igiene personale o ambientale (oltre a strumenti per filtrare e potabilizzare l’acqua);
- cibo, generalmente in scatola o comunque a lunga conservazione;
- medicinali di ogni tipo, soprattutto quelli che si è usi assumere;
- attrezzi e strumenti in genere (corde, chiodi, martelli, pinze, cacciaviti, coltelli, seghe, ecc.);
- armi o altri strumenti di difesa e per la sicurezza delle persone e dei luoghi;
- strumenti per garantire energia termica (riscaldamento e cucina) e illuminazione.
Molti di queste categorie di accumulo (acqua, cibo, medicinali) rientrano in strategie “trasversali“, ovvero che rispondono contemporaneamente a molteplici situazioni emergenziali.
Ovviamente, dietro al fenomeno del survivalismo e dei preppers è fiorito tutto un sottobosco di aziende che, attraverso siti web e non solo, propongono ogni possibile utility per prepper: dai corsi di sopravvivenza nelle varie condizioni ai kit di sopravvivenza, all’oggettistica più disparata utile al prepper, dal contatore geiger alla radio a galena, passando per coltelli multiuso o da caccia e per le pastiglie per la decontaminazione dell’acqua e molto altro ancora.
Ovviamente, a pagamento.
Fonti: prepper.it; wikipedia.