Se fossimo sulla superficie della Luna, che ha un diametro di circa 3400 Km, noteremo che l’orizzonte è molto più vicino rispetto all’orizzonte che osserviamo dalla superficie terrestre. Il rapporto tra le dimensioni della Terra e della Luna è di circa 1/4. Questo vuole dire che la Luna è 4 volte più piccola della Terra. Il suo orizzonte quindi é molto più vicino di come apparirebbe agli stessi occhi di un osservatore che si trovasse a osservare l’orizzonte terrestre. Ma la Luna è priva di atmosfera e di acqua liquida in superficie, in definitiva è un corpo che non può sostenere la vita, appartenendo a quella categoria di oggetti celesti troppo piccoli che non hanno sufficiente gravità per mantenere un’atmosfera.
Ma che dimensioni minime può avere un pianeta (o un satellite) per essere abitabile?
In un recente articolo, i ricercatori dell’Università di Harvard hanno descritto un nuovo limite di dimensioni minime per i pianeti che possono mantenere l’acqua liquida in superficie per lunghi periodi di tempo, estendendo la cosiddetta zona abitabile detta anche “zona di riccioli d’oro“ per pianeti piccoli, a bassa gravità. Questa ricerca espande l’area di ricerca della vita nell’universo e fa luce sull’importante processo di evoluzione atmosferica sui piccoli pianeti.
La ricerca è stata pubblicata su The Astrophysical Journal.
“Quando le persone pensano ai bordi interni ed esterni della zona abitabile, tendono a pensarci solo spazialmente, il che significa quanto il pianeta sia vicino alla stella“, ha detto Constantin Arnscheidt, primo autore del documento. “Ma in realtà, ci sono molte altre variabili per l’abitabilità, inclusa la massa. Stabilire un limite inferiore per l’abitabilità in termini di dimensioni del pianeta ci dà un vincolo importante nella nostra continua caccia agli esopianeti e alle esolune abitabili“.
I pianeti sono considerati abitabili se capaci di mantenere l’acqua liquida in superficie per un tempo sufficiente a consentire l’evoluzione della vita, indicativamente per circa 1 miliardo di anni. Gli astronomi cercano questi pianeti abitabili entro una determinata fascia di distanze da specifici tipi di stelle: le stelle più piccole, più fredde e meno luminose del nostro sole hanno una zona abitabile molto più “stretta“ delle stelle più grandi e più calde.
Il limite interno della zona abitabile è definito da quanto un pianeta può essere vicino a una stella senza che una fuga atmosferica da effetto serra porti all’evaporazione di tutta l’acqua presente in superficie. Ma, come hanno dimostrato Arnscheidt e i suoi colleghi, questa definizione non ha valore per i pianeti a bassa gravità.
Una fuga atmosferica da effetto serra si verifica quando l’atmosfera assorbe più calore di quello che riesce a irradiare nello spazio, impedendo al pianeta di raffreddarsi e portando infine a un galoppante riscaldamento che fa evaporare i suoi oceani e i suoi mari.
Tuttavia, quando i pianeti diminuiscono di dimensioni durante la fase di riscaldamento, le loro atmosfere si espandono, diventando sempre più grandi rispetto alle dimensioni del pianeta stesso. Queste grandi atmosfere funzionando come una sorta di termostato, aumentano sia l’assorbimento che l’irradiazione del calore, permettendo al pianeta di mantenere una temperatura stabile. Questo consente ai pianeti a bassa gravità di evitare un effetto serra in fuga, consentendo loro di mantenere l’acqua liquida in superficie mentre orbitano in prossimità delle loro stelle.
Quando i pianeti sono troppo piccoli, tuttavia, perdono del tutto le loro atmosfere e l’acqua liquida presente in superficie si congela o vaporizza. I ricercatori hanno dimostrato che esiste una dimensione al di sotto della quale un pianeta non può mai essere abitabile, almeno per come intendiamo noi “abitabile“, il che significa che la zona abitabile è limitata non solo alla distanza della stella, ma anche alla dimensione del pianeta.
I ricercatori hanno scoperto che se un pianeta è più piccolo del 2,7 percento della massa della Terra, la sua atmosfera fuggirà prima che abbia la possibilità di mantenere acqua liquida superficiale, proprio come succede alle comete.
I ricercatori sono stati anche in grado di stimare le zone abitabili di questi piccoli pianeti attorno a determinate stelle. Sono stati creati due scenari per due diversi tipi di stelle: una stella di tipo G come il nostro sole e una stella di tipo M modellata su una nana rossa nella costellazione del Leone.
I ricercatori hanno risolto un altro mistero di vecchia data nel nostro sistema solare. Gli astronomi si chiedevano da tempo se le lune ghiacciate di Giove, Europa, Ganimede e Callisto, potrebbero essere abitabili se le radiazioni del Sole fossero sufficienti. Sulla base di questa ricerca, queste lune sono troppo piccole per mantenere acqua liquida in superficie, e sarebbe così anche se fossero più vicine al Sole.
“I mondi acquatici a bassa massa sono un’affascinante possibilità nella ricerca della vita, e questo documento mostra quanto sia diverso il loro comportamento rispetto a quello dei pianeti simili alla Terra“, ha affermato Robin Wordsworth, professore associato di scienze ambientali e ingegneria presso SEAS e autore senior dello studio. “Una volta che saranno possibili osservazioni per questa classe di oggetti, sarà entusiasmante provare direttamente queste previsioni“.
Questo documento è stato scritto da Feng Ding, un borsista post dottorato presso la Harvard John A. Paulson School of Engineering and Applied Sciences e Graduate School of Arts and Sciences.
Questo lavoro è stato supportato dalla NASA Habitable Worlds concessione NNX16AR86G.
Fonte: Università di Harvard