il 13 aprile è entrata nel catalogo di Netflix la prima stagione di una nuova serie televisiva: “Lost in space”.
In verità, tanto nuova non è, essendo il remake di una serie trasmessa dal 1965 da cui già fu tratta un discreto film di fantascienza dal titolo omonimo nel 1998 ma, si sa, non sempre sono disponibili idee nuove e riproporre qualcosa che già avuto successo a volte è una mossa vincente, soprattutto se, come capitò con il fortunato remake di “Battlestar Galactica”, la nuova serie ed i nuovi personaggi riescono a accattivarsi le simpatie del pubblico.
“Lost in space”, ambientata in un futuro lontano appena qualche decina di anni, parte dalle stesse premesse della serie originale: le condizioni di vita sulla Terra, a causa di una cometa precipitata sul nostro pianeta, sono terribilmente decadute e ai migliori tra gli esseri umani viene offerta l’opportunità di essere tra i pionieri incaricati di creare una nuova casa per l’umanità su un pianeta vergine situato nel sistema di Alpha Centauri.
Tra questi la famiglia Robinson, protagonista principale della serie.
Questa prima stagione si articola in dieci episodi durante i quali la famiglia si ritroverà, a causa di un problema realizzatosi a bordo della Resolute, l’astronave che li sta portando su Alpha Centauri, naufraga ed isolata su un pianeta sconosciuto a bordo di una navetta colonizzatrice Jupiter.
Da qui, Partiranno una serie di vicende che metteranno alla prova l’unità della famiglia e la loro capacità di sopravvivere, ad aiutarli non mancherà il classico robot, in questa serie una macchina aliena riparata dal piccolo Will che si occuperà, almeno per un po’, della protezione e della soluzione di alcuni problemi, così come inizieranno una serie di incontri e collaborazioni con altri naufraghi precipitati a loro volta con le loro navette e non mancherà nemmeno il cattivo di turno che metterà in pericolo la sopravvivenza del gruppo.
A fronte di dialoghi non sempre brillanti, un po’ troppo politically correct, e di soluzioni non proprio originalissime, il frequente ricorso ai flashback permette di capire il vissuto precedente della famiglia e di indagarne le dinamiche interne, presentando al contempo gli eventi precedenti alla migrazione verso la nuova colonia e le cause del decadimento ambientale della Terra che, come si evincerà verso fine stagione, implica la più classica delle ipotesi di complotto.
I dieci episodi di questa stagione filano abbastanza lisci verso un finale un po’ forzato che crea il gancio per l’inevitabile seguito e, tutto sommato, guardandoli con il giusto “sense of wonder” e la giusta ingenuità, si tratta, alla fine, di un prodotto per la famiglia, si lasciano guardare con un certo piacere.
Certo, non bisogna attendersi l’inaspettato, tutta la trama narrativa sembra ricadere all’interno di clichè triti e ritriti e le soluzioni proposte sanno tutte di già visto. In definitiva, pur nella sua poca originalità e nelle sue poche pretese, questo “Lost in space” è un prodotto gradevole, forse non adattissimo ai palati più esigenti ma che la maggior parte degli utenti potrà guardare con un certo genuino piacere.