L’Unione Sovietica e lo sbarco sulla Luna (seconda parte)

La seconda parte dell'interessante articolo sulle ragioni che fecero fallire il programma lunare sovietico

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Il modulo lunare Russo

Pesante 5,5 tonnellate e alto poco meno 5 metri, il modulo lunare sovietico Lunnyj Korabl (LK) era composto essenzialmente da due parti distinte, una piattaforma per l’atterraggio morbido e una cabina pressurizzata in grado di ospitare un solo cosmonauta. Il modulo di atterraggio era dotato di un motore di 24 kN a tetrossido di azoto e dimetilidrazina che aveva il compito di rallentare nelle fasi di avvicinamento al suolo lunare e di consentire anche il decollo della sola cabina nella fase di ritorno lasciando sulla Luna la base con le quattro gambe che costituivano il carrello di atterraggio, un sistema più semplice di quello utilizzato dai moduli lunari statunitensi, composti da due stadi separati, uno di discesa e uno di risalita ma con un’importante innovazione visto che il modulo LK era dotato di un motore di riserva, che in caso di malfunzionamento del motore principale, avrebbe assicurato il decollo del cosmonauta dal suolo lunare.

All’epoca i sovietici avevano studiato anche la realizzazione di una cosmonave più grande capace di condurre sulla Luna tre cosmonauti. Tuttavia, questa ipotesi avrebbe richiesto il lancio contemporaneo di due vettori N-1 e le spese troppo elevate, assieme alla cancellazione successiva del programma, ne causarono la chiusura.

Il modulo lunare LK fu visto per la prima volta oltre vent’anni dopo da un gruppo di ingegneri aerospaziali guidati dal professor Jack L. Kerrebrock, del Massachussets Institute of Technology (MIT), che alla fine degli anni Ottanta si erano recati in visita ai colleghi dell’Istituto Moscovita per l’Aviazione. All’interno di un magazzino dell’istituto, i tecnici americani poterono vedere e fotografare il modulo lunare sovietico perfettamente conservato. Furono i primi occidentali a poterlo fare.

Il piccolo modulo lunare LK portava pochi strumenti scientifici e pochissimo carburante a bordo, che avrebbe consentito un breve tentativo di allunaggio di 20 secondi e un unico tentativo per ricongiungersi alla cosmonave in orbita lunare.

La missione UR500K/L1

All’epoca era stato progettato un secondo vettore che era entrato in competizione con l’N-1 di Korolëv. Il vettore era l’UR-500 ed era stato ideato inizialmente come missile balistico intercontinentale dalla fertile mente dell’ingegnere Valentin Gluško, capace di trasportare testate nucleari da 100 megatoni su distanze di oltre 13.000 chilometri. Venne impiegato nei test sperimentali della “bomba tsar” agli inizi degli anni Sessanta. Il suo esordio avvenne nel 1964, dopodiché il missile subì ulteriori modifiche fino a raggiungere la versione attualmente utilizzata con successo dall’Agenzia Spaziale Russa.

Nella versione prevista per le missioni di circumnavigazione lunare, il vettore UR500K/L1 era un tri stadio alto 44,3 metri. Il primo stadio dal peso di 450 tonnellate era dotato di sei motori RD-253 progettati da Gluško ciascuno dei quali collegato ad un proprio serbatoio di propellente di diametro di 2 metri. Durante l’accensione, per circa 120 secondi, i motori producevano una spinta di 8.767 kN.
Il secondo stadio alto 17 metri e dal peso di 170 tonnellate e con un diametro di 4,2 metri era dotato di tre RD-465 (RD-0208) ed un RD-468 (RD-0209), tutti progettati dal bureau OKB-154 di Semyon Kosberg. generava una spinta di 2.402 kN per la durata di circa 215 secondi.

L’ultimo stadio misurava solo 6,6 metri e aveva un unico motore, un RD-473 da 628 kN. Per correggere l’assetto era invece fornito di sei piccoli razzi Vernier.
Il compito di questo vettore era inserire in orbita terrestre per il volo translunare il blocco D e l’astronave L-1 Zond.

Durante ii lanci con equipaggio, la sonda era sormontata da un sistema di emergenza che, in caso di pericolo sulla rampa, avrebbe automaticamente allontanato la nave portando in salvo l’equipaggio. Il vettore UR500K/L1 era controllato da un sistema elettronico ideato da Nikolai Pilugin, membro del bureau NII-855.

Il progetto fu approvato dalle autorità sovietiche che consentirono l’avvio della produzione dei veicoli con l’obiettivo di circumnavigare la Luna entro il 1967, un anno prima degli americani che la circumnavigarono alla fine del 1968 con la missione spaziale Apollo 8.

Furono, però, gli americani a compiere l’impresa, appunto nel 1968, a causa dell’incidente capitato alla Sojuz 1, e altri problemi di affidabilità comportarono ulteriori rinvii. Il vettore in seguito fu aggiornato prendendo il nome di Proton. Tali aggiornamenti, apportati dal direttore dell’OKB-52 Vladimir Chelomej furono la risposta agli sviluppi del super-vettore di Korolëv

Il progetto di circumnavigazione lunare affidato a questo razzo si sarebbe prima realizzato nel lancio diretto verso la Luna di una capsula Sojuz modificata L-1, dotata di uno stadio supplementare, successivamente lo stesso vettore avrebbe collocato in orbita intorno alla Luna la capsula e il blocco D senza equipaggio in attesa che un altro vettore (R-7) avrebbe portato nella stessa orbita una seconda Sojuz con tre cosmonauti a bordo per il trasferimento nella capsula L-1 adibita alla circumnavigazione lunare.

Il razzo Proton UR-500K era pronto già nel 1967. Il 4 febbraio il Consiglio dei Ministri aveva dichiarato il programma di circumnavigazione lunare L-1, priorità assoluta dell’intero programma spaziale sovietico.

Come abbiamo visto, però, sovvennero doversi incidenti e difficoltà e lo sbarco degli americani sulla Luna nel 1969 portò il Soviet supremo ad annullare le fasi successive del costoso programma.

(Prima parte)