Il 3 ottobre 1918 (siamo a poco più di un mese dalla fine della Grande Guerra) il ventisettenne tenente di vascello Karl Dönitz scruta con il binocolo dalla torretta di comando del suo sommergibile, UB-68 le acque a sud di Capo Passero, la punta sud orientale della Sicilia.
Sta aspettando l’arrivo di un altro sommergibile comandato dal collega Stenbauer. I due giovani ufficiali avevano messo a punto un rivoluzionario metodo di attacco che prevedeva lo sfruttamento della maggiore velocità della nuova classe di sommergibili UB rispetto all’antiquata classe UC.
Si trattava di attaccare in emersione incuneandosi nel cuore della notte tra i convogli nemici e potendo quindi colpire con maggiore efficacia e precisione i mercantili prima di immergersi per sfuggire alla caccia delle navi di scorta. Una manovra di questo tipo, hanno immaginato Dönitz e Steinbauer, avrà ancora più successo se effettuata contemporaneamente da una coppia di sommergibili, in modo da gettare nella confusione le unità di scorta con un attacco simultaneo.
Il giovane Dönitz che dal 1935 diverrà il comandante in capo della flotta di sommergibili tedeschi però deve registrare l’assenza di Stenbauer nel luogo e nell’ora fissata per il rendez vous. Lui non lo sa ma l’altro sommergibile è rimasto bloccato nella base di Pola per ritardi nell’approntamento del naviglio.
Dönitz non intende però rinunciare alla verifica di questo nuovo metodo di assalto e quando alle una del mattino del 4 ottobre le sue vedette avvistano un convoglio inglese, che, provenendo da Suez, si dirige verso Malta. Dönitz non ha esitazioni. Attaccherà da solo.
Alla velocità di 13 nodi l’UB-68 elude la scorta de i cacciatorpediniere nemici e si intrufola nel convoglio. Da meno di mille metri mette a segno un siluro contro la fiancata di un mercantile. La reazione dei caccia di scorta è immediata e l’UB-68 deve immergersi precipitosamente per far perdere le sue tracce.
Mezz’ora dopo Dönitz riemerge per colpire nuovamente. Per riguadagnare la posizione favorevole al lancio dei siluri il sommergibile deve effettuare un ampio giro attorno alla formazione nemica, tenendosi al limite della visibilità, in modo da portarsi di nuovo lungo la rotta del convoglio. Il vantaggio sulla velocità del convoglio è però minimo e per completare la manovra ci vogliono delle ore. Quando l’UB-68 arriva in posizione è ormai giorno.
Dönitz capisce che il nuovo attacco deve essere portato in maniera tradizionale ed ordina l’immersione ma a questo punto accade l’imprevisto, le unità inglesi di scorta, probabilmente allertate sulla presenza nelle acque di sommergibili tedeschi, si muovono a zig zag e il comandante dell’UB-68 ordina di ridurre la velocità per evitare di trovarsi troppo vicino ai bersagli.
Questa manovra mette in crisi l’assetto del sommergibile. Uno dei difetti della classe UB è la tendenza ad appruarsi in fase di immersione, cioè di non riuscire a interrompere la discesa verso il basso. Gli UC potevano immergersi con un angolo di 10-12 gradi negativi, per gli UB persino 4-6 gradi rischiano di causare una situazione di pericolo.
Il futuro comandante della flotta di U-boote nazisti ordina allora di aumentare la velocità nel tentativo di riprendere il controllo del natante. Questa manovra aggrava la situazione ed adesso il sommergibile affonda quasi in verticale.
La situazione è drammatica, in quel punto il Mediterraneo è profondo oltre 3.000 metri. Le batterie vanno in cortocircuito ed il vascello piomba nell’oscurità tanto che il guardiamarina Müssen accende una lampada tascabile e con quella illumina il manometro d’immersione la cui lancetta scandisce le profondità raggiunte dal sommergibile.
Alla quota di 60 metri uno schianto segnala la perdita delle modifiche installate nella base di Pola per migliorare l’assetto del vascello. Il sommergibile ha ormai superato nettamente quota -70, il limite indicato nei manuali operativi della classe UB.
Dönitz si gioca l’ultima carta: fa dare aria alle casse, in modo da espellere l’acqua dai serbatoi allagati al momento dell’immersione così da alleggerire il più possibile il sommergibile, ordina macchina indietro e posiziona tutta la barra a sinistra, in modo che anche il timone direzionale funga da freno alla discesa.
La manovra inizialmente sembra non sortire effetto alcuno e quando ormai l’equipaggio pensa di essere spacciato, arrivati a -92 metri di profondità, l’UB-68 con un sobbalzo, inverte la sua direzione ed a velocità impressionante punta verso la superficie.
Secondo alcune testimonianze di marinai inglesi il sommergibile salta letteralmente fuori dall’acqua come un tappo di champange, almeno per un terzo della sua lunghezza. La sua sorte però è segnata, i cacciatorpediniere inglesi lo braccano sparandogli contro da ogni parte e il giovane comandante è costretto ad ordinare l’abbandono dell’unità.
Lui è il suo equipaggio saranno salvati dalla nave di scorta inglese Snapdragon. Per Dönitz la guerra è finita e trascorrerà un lungo periodo di prigionia in Inghilterra. Lui ancora non lo sa, ma il suo futuro sarà ancora legato ai sommergibili ed uno dei teatri di guerra del secondo conflitto mondiale, passato alla storia come la Battaglia dell’Atlantico.