Abbiamo chiesto al dottor Pascucci dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di spiegarci alcuni dei concetti di base relativi al concetto di Spazio-tempo.
D: cosa si intende, in parole semplici, per spazio-tempo?
R: La struttura dello spazio-tempo è una “conditio sine qua non” fondamentale della fisica, che si è raffinata nel corso della storia con il progredire delle conoscenze scientifiche. Inizialmente il tempo era riconosciuto come assoluto e spesso distaccato dal mondo fisico. Nell’era aristotelica veniva definito come “la misura del movimento”. Questa visione fu ripresa e poi e sviluppata da Isaac Newton alla fine del seicento: lo spazio e il tempo erano grandezze “assolute”, indipendenti dalla natura e dal moto della materia. Secondo Newton, lo spazio costituiva una specie di griglia immutabile in cui avvenivano i fenomeni fisici e regolato dalla geometria euclidea. In tale geometria la distanza tra due punti costituisce un invariante fondamentale. Il tempo, o meglio gli intervalli di tempo, erano una grandezza misurabile, esattamente come la lunghezza di un oggetto. Questa visione, che rimane accettabile ancora oggi se si considerano fenomeni in cui i corpi si muovono a velocità molto più piccole di quella della luce, fu scardinata da Albert Einstein nel 1905 con la teoria della relatività ristretta.
D: cosa introdusse di innovativo la teoria di Albert Einstein?
R: Fino ad allora si riteneva, correttamente, che le leggi della Meccanica non dovessero dipendere dal moto di chi le osservava, purché il moto fosse uniforme. Questa invarianza per trasformazioni da un sistema inerziale ad un altro è nota come “relatività galileiana”, poiché Galileo Galilei aveva descritto per primo questo principio nel 1632 nella sua opera “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”. Tuttavia le leggi dell’elettromagnetismo codificate da Maxwell non erano invarianti per trasformazioni galileiane. Durante il 1905, definito il suo “annus mirabilis”, Einstein ipotizzò che tutte le leggi fisiche dovessero essere le stesse in ogni sistema di riferimento inerziale, e che la velocità della luce fosse sempre la stessa, indipendentemente dalla velocità del sistema inerziale in cui la si osserva. Con ciò Einstein pose le basi della teoria della relatività ristretta. Naturalmente questo comportava una nuova definizione delle variabili spazio e tempo, non più assolute, ma relative all’osservatore che le misura, ed una rappresentazione dei fenomeni fisici in uno spazio non più tridimensionale ma quadridimensionale, in cui il tempo rappresenta la quarta dimensione. Così come nella nostra visione classica dello spazio le sue tre componenti (o dimensioni) sono equivalenti e omogenee fra loro, la visione relativistica comprende anche la dimensione temporale (prima-dopo) alle tre dimensioni spaziali, rendendola percepibile in modo diverso da osservatori in condizioni differenti.
I punti dello spazio-tempo sono detti eventi e ciascuno di essi corrisponde ad un fenomeno che si verifica in una certa posizione spaziale e in un certo momento. Ogni evento è perciò individuato da quattro coordinate: Lunghezza , profondità, larghezza e la quarta dimensione il tempo. In questa interpretazione quindi, la struttura dello spaziotempo dipende dall’osservatore: in particolare, la distanza spaziale o temporale tra due eventi risulta diversa a seconda che l’osservatore che la misura sia fermo oppure in movimento rispetto agli oggetti osservati.
D: e quali sono le implicazioni di questa scoperta?
Questo effetto è molto piccolo (al limite trascurabile) per i fenomeni fisici della vita quotidiana, ma diventa molto evidente per quegli oggetti (come la particelle elementari) che si muovono a velocità molto vicine a quella della luce. Le misure sperimentali della velocità della luce confermarono l’ipotesi di Einstein. Con l’accettazione da parte della comunità scientifica della teoria della relatività è stato demolito il concetto di spazio e di tempo assoluti e separati l’uno dall’altro, mentre ha preso il suo posto il concetto di spazio-tempo, unico ed omogeneo, nel quale non c’è un sistema di riferimento privilegiato e per ogni evento le coordinate spaziali e temporali sono legate tra di loro.
D: insomma, una specie di rivoluzione per la fisica dell’epoca. Come si evolse poiquesta idea?
R: una seconda rivoluzione molto importante avvenuta nel 1915, sempre ad opera di Albert Einstein, è quella dovuta alla teoria della relatività generale. Secondo questa teoria la natura dello spazio-tempo è intimamente connessa con la quantità della materia presente. In pratica, lo spaziotempo si modifica e viene più o meno curvato dalla
presenza di una massa, generando quello che viene definito un “campo gravitazionale”. Questo effetto è reciproco (“la materia dice allo spazio come curvarsi, e lo spazio dice alla materia come muoversi”) e matematicamente viene descritto dalle “equazioni di Einstein”, che possono essere tradotte in parole nella seguente uguaglianza:
Curvatura dello spazio = densità di massa/energia della materia
Dove:
R µv = tensore curvatura Ricci R = curvatura scalare, cioè la traccia (o la somma) di g µv = tensore metrico Ʌ = costante cosmologica T µv = tensore stress – energia c = velocità della luce G = costante gravitazionale
Spesso, si raffigura questa situazione come una palla che deforma un telo elastico teso con il suo peso, mentre un’altra pallina viene accelerata da questa deformazione del piano ed in pratica attratta dalla prima. Questa è solo una semplificazione alle dimensioni raffigurabili, in quanto ad essere deformato è lo spaziotempo e non solo le dimensioni spaziali, cosa impossibile da raffigurare e difficile da concepire. Ogni oggetto presente nell’Universo influisce sullo spaziotempo che lo circonda: per esempio anche la Terra, con la sua massa, curva lo spazio circostante (generando la ben nota attrazione gravitazionale) e influisce sul tempo attraverso un rallentamento del ritmo di orologi identici posizionati a distanze decrescenti dal suo centro (come verificato dal confronto dell’andamento di orologi atomici posti a bordo di aerei o satelliti).
D: quindi non è possibile rappresentare figurativamente lo spazio-tempo. Questo dove ci porta?
R: Non vi è dubbio che spazio e tempo abbiano una profonda differenza: mentre nello spazio possiamo muoverci in tutte le direzioni, nel tempo ci muoviamo in un solo verso. Non solo: la velocità con la quale possiamo muoverci nello spazio non può superare la velocità della luce. Tuttavia, le equazioni di Einstein ammettono come soluzioni, almeno da un punto di vista puramente matematico, anche i cosiddetti wormholes, una sorta di cunicoli spazio-temporali capaci di unire due regioni separate dello spazio-tempo.
D: i wormholes accendono la fantasia di molti appassionati di fisica e astrofisica e anche di non addetti ai lavori…
R: in effetti, se i wormholes potessero essere aperti e fosse possibile attraversarli, potrebbero essere usati come una “scorciatoia” tra due punti dell’Universo, che permetterebbe di viaggiare tra di essi più velocemente di quanto impiegherebbe la luce a percorrere la distanza che li divide nello spazio esterno al wormhole (e quindi forse anche per effettuare viaggi nel tempo…). Si è ipotizzato che i wormholes potrebbero essere resi attraversabili utilizzando eventuale materia non ordinaria (o “esotica”) caratterizzata da una densità di energia negativa. Tuttavia questo va al di là delle nostre attuali capacità tecnologiche e sperimentali. I wormholes costituiscono pertanto un affascinante oggetto di studio per comprendere le proprietà dello spazio-tempo: non è da escludere che la struttura dello spazio-tempo possa essere più complessa di ciò che conosciamo oggi.
Dottore, la ringraziamo per la disponibilità ed il tempo cencessoci.
Lo Spazio-Tempo – video
Intervista al Dott. Francesco Pascucci, astrofisico ricercatore presso l'Istituto Nazionale di AstroFisica - INAF
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