L’importanza dell’avere scoperto che su Europa c’è del sale da cucina

Rilevata la presenza di cloruro di sodio, probabilmente emerso dalle acque dell'oceano liquido in profondità, sulla luna di Giove, Europa

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Grazie al telescopio spaziale Hubble e ad alcune intelligenti analisi spettrali a luce visibile, gli scienziati hanno individuato la presenza di ciò che assomiglia molto al cloruro di sodio – il buon vecchio sale da cucina – sulla luna di Giove Europa.

Ciò significa che l’oceano salato nascosto appena sotto la superficie di questa luna potrebbe essere più simile agli oceani della Terra di quanto pensassimo in precedenza; inoltre mette in discussione la nostra attuale comprensione della composizione geologica di Europa.

In precedenza, la NASA aveva esaminato con le sonde Voyager e Galileo questa interessante luna di Giove e vi aveva colto i segnali suggestivi per la presenza di un oceano liquido salato sotto un guscio di superficie ghiacciata, ma si pensava che il sale in questione fosse a base di solfato di magnesio.

Un cambiamento nelle tecniche di analisi ha portato alla nuova scoperta. In questo caso, gli scienziati hanno utilizzato uno spettrometro concentrandosi sullo spettro visibile della luce piuttosto che sullo spettro dell’infrarosso, insieme alle immagini ad alta risoluzione di Hubble.

Nessuno ha preso spettri di lunghezze d’onda visibili di Europa prima che fosse disponibile questa risoluzione spaziale e spettrale“, sostiene l’autrice principale del nuovo studio, lo scienziato planetario Samantha Trumbo del California Institute of Technology (Caltech).



La navicella Galileo non aveva uno spettrometro nel visibile, aveva solo uno spettrometro nel vicino infrarosso, e nel vicino infrarosso i cloruri sono privi di caratteristiche.”

Le immagini di alta qualità prese dall’Osservatorio WM Keck avevano già in precedenza fornito indizi circa la possibile presenza del cloruro di sodio, ma ottenere altre prove per confermare l’ipotesi non è stato un processo semplice.

I ricercatori, in studi precedenti, avevano messo in laboratorio il cloruro di sodio in condizioni simili a quelle di Europa per studiare i cambiamenti chimici rilevabili su uno spettrometro a luce visibile.

Armato di queste informazioni, il team ha utilizzato lo Space Telescope Imaging Spectrograph (STIS) a bordo dell’Hubble che è stato in grado di individuare i segni di composti di sale da tavola irradiati nello spettro del visibile a 450 nanometri; questo corrispondeva ai risultati dei test di laboratorio.

europa sale 2Le condizioni dell’Europa vengono simulate in laboratorio. (NASA / JPL-Caltech)

Il cloruro di sodio è un po ‘come inchiostro invisibile sulla superficie di Europa“, afferma l’astrobiologo Kevin Hand del Jet Propulsion Laboratory della NASA, che ha lavorato sia sugli esperimenti del 2017 sia su questo nuovo studio. “Prima dell’irraggiamento non puoi dire che è lì, ma dopo l’irradiazione l’evidenza ti salta addosso.”

Le scoperte non bastano come garanzia definitiva che l’oceano sotterraneo di Europa sia pieno di sale da cucina, ma i ricercatori sono stati in grado di individuarlo nelle regioni in cui il ghiaccio superficiale era frantumato, con probabile risalita di materiale dalle profondità sottostanti e, quindi, dall’oceano liquido nascosto sotto la coltre ghiacciata.

Tutto questo, però, secondo gli scienziati, è sufficiente per rivalutare l’oceano nascosto di Europa e il tipo di vita che potrebbe potenzialmente ospitare. “Il solfato di magnesio sarebbe semplicemente scivolato nell’oceano dalle rocce sul fondo dell’oceano, ma il cloruro di sodio potrebbe indicare che il fondo oceanico è idrotermicamente attivo“,  afferma Trumbo. “Ciò significherebbe che Europa è un corpo planetario geologicamente più interessante di quanto si credesse in precedenza“.

La buona notizia è che la sonda della NASA Europa Clipper sarà lanciata nel 2020 e farà 45 flyby su Europa. Dovrebbe essere in grado di rivelarci rivelarsi un tesoro completamente nuovo di informazioni per gli scienziati.

Siamo anche di fronte ad una ulteriore prova di come la raccolta di nuovi dati e l’utilizzo di nuove tecniche possano migliorare la nostra comprensione dell’universo, persino anni o decenni dopo le prime osservazioni.

La ricerca è stata pubblicata su Science Advances.

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