L’estate di “fuoco” di Palermo

L'affaire Salvatore Marino e la strage di poliziotti nell'estate di fuoco di Palermo del 1985

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Palermo negli anni Ottanta è al centro di una guerra continua: la guerra di Cosa Nostra contro lo Stato, e la “guerra” tra clan mafiosi per il controllo di appalti, traffici illeciti e territorio.

Si calcola che nel solo capoluogo siciliano risiedano, intorno al 1985,  più o meno indisturbati almeno 700 latitanti. Per questo la Squadra Mobile di Palermo ha costituito una speciale sezione con il compito di dare la caccia ed arrestare questo esercito di latitanti, la sezione “catturandi”.

La speciale sezione è guidata da due abili investigatori, il capo Ninni Cassarà ed il suo vice Giuseppe Montana e mette a segno numerosi colpi. La mafia degli anni Ottanta non tarda a reagire e lo fa con i metodi che conosce bene.

La sera del 28 luglio 1985 mentre scende da un imbarcadero, si è appena concesso qualche giorno di ferie, il commissario Montana viene affrontato da due killer che lo freddano. La reazione della Mobile è rabbiosa, viene arrestato un sospettato, un pescatore di ricci che di nome fa Salvatore Marino.

Portato in Questura viene letteralmente torturato. Un agente maldestramente utilizza una sorta di waterboarding ante litteram e con un tubo perfora l’esofago di Marino che muore.
Il cadavere viene gettato in mare di nascosto.

Peccato che Cosa Nostra ha i suoi infiltrati nella Questura palermitana e viene prontamente informata di quanto accaduto. Il primo agosto viene recuperato il corpo del pescatore di ricci e ben presto se ne scopre l’identità. La notizia che la sua morte è dovuta alle torture subite in Questura fa il giro della città e quando il 5 agosto si celebrano i funerali il corteo funebre gira per mezza Palermo inneggiando contro la Polizia.

La sera stessa, per ordine dell’allora Ministro degli Interni Oscar Luigi Scalfaro, vengono rimossi tre importanti funzionari delle forze di Polizia e dei Carabinieri: il dirigente della Mobile Francesco Pellegrino, il Dirigente della Sezione Antirapine Giuseppe Russo ed il capitano dei Carabinieri Gennaro Scala, capo del nucleo operativo dell’Arma di Palermo.
E’ un fatto senza precedenti.

Ma la mafia non ha ancora regolato i conti con la Questura di Palermo. Il sei agosto con una pioggia di proiettili, quasi di fronte alla moglie inerme, viene ucciso il capo della Catturandi, Ninni Cassarà. Perde la vita anche l’agente Roberto Antiochia mentre un terzo poliziotto, Natale Mondo, si salva miracolosamente, accasciandosi dietro i sedili dell’auto di Cassarà.

I funerali del capo della Catturandi si svolgono in forma privata, mentre quelli pubblici dell’agente Antiochia sono l’occasione per una clamorosa contestazione degli agenti di polizia nei confronti del Ministro dell’Interno Scalfaro e dei giornalisti.
L’agente superstite Natale Mondo viene trasferito ad Agrigento, con mansioni non più operative, farà di fatto il centralinista. Sua moglie rimane a Palermo ed apre un negozio di giocattoli, ed è proprio davanti a questo negozio che Mondo viene ammazzato da Cosa Nostra il 12 gennaio 1988.

L’inchiesta sulla morte di Salvatore Marino aveva accertato che era stato proprio lui ad utilizzare il tubo che gli aveva perforato l’esofago.