Di Madeleine O’Keefe
Molte persone dicono che vorrebbero viaggiare su Marte, ma Zoe Townsend non si limita a parlare. Come ingegnere meccanico al CERN, conosce l’importanza di mettere alla prova le idee. Per vedere se è in grado davvero di gestire le sfide uniche poste dal vivere e fare scienza su un altro pianeta, Townsend ha trascorso 12 giorni in una missione simulata su Marte nei deserti dello Utah.
Townsend e altri sei volontari provenienti dall’Europa e dall’America Latina costituivano il 212° equipaggio della Mars Desert Research Station, o MDRS, una struttura analogica spaziale di proprietà e gestita dall’organizzazione no profit The Mars Society. Dal 6 al 17 maggio, hanno vissuto in una struttura a due piani, larga 8 metri, circondata da sabbia rossa simile all’argilla a perdita d’occhio.
Mangiando cibo disidratato, lavandosi con una spugna umida e indossando tute calde pesanti 9 chili ogni volta che si avventuravano fuori, i membri della missione simulata hanno provato in prima persona come sarebbe fare scienza su Marte. “Tutto ciò che sembra facile è molto più difficile“, afferma Townsend.
Townsend ha conseguito una laurea e un master in ingegneria aerospaziale presso l’Università dell’Inghilterra occidentale. Al CERN lavora su progetti per l’aggiornamento ad alta luminosità del Large Hadron Collider ed il Future Circular Collider. Nel progetto MDRS Townsend doveva testare un rover utilizzabile per perforare la superficie di Marte.
Durante la missione, la massima priorità dell’equipaggio era rimanere al sicuro, seguita dal mantenimento della simulazione, quindi dalla scienza (Non è stato loro permesso di interrompere la simulazione per il bene delle loro ricerche, per esempio).
La prima sfida è arrivata subito dopo l’inizio della missione quando, a causa di un disordine problema con i bagagli, Townsend è rimasta senza la chiavetta USB che doveva permetterle di avviare e controllare il rover.
“Normalmente, pensi, okay, lo cercherò su Google e scoprirò cosa mi serve“, afferma Townsend. Ma su Marte, “Non ce l’hai. Non c’è niente. Hai solo il tuo cervello, il cervello e la posta elettronica di tutti gli altri“.
Fortunatamente la missione Crew 212 era composta da una grande varietà di cervelli in grado di aiutare. I membri erano astrofisici, ingegneri, astrobiologi, persino un architetto dello spazio, provenienti da Regno Unito, Italia, Spagna, Perù, Messico e Colombia.