Capire come avviene la formazione e la nascita dei sistemi planetari è molto complicato nonostante gli scienziati abbiano a disposizione degli strumenti in grado di creare dei modelli, che grazie ai dati osservativi raccolti cercano di spiegarne la genesi.
Il modello oggi maggiormente accettato dalla comunità scientifica per spiegare la formazione e la nascita dei sistemi planetari è il modello della nebulosa solare, formulato originariamente per spiegare la formazione del nostro sistema solare.
La nascita di una stella avviene attraverso il collasso di una nube molecolare che genera una protostella.
Non appena la stella neonata conclude la fase di protostella e entra nella pre-sequenza principale (fase di T Tauri), il disco di materia che ne ha favorito l’accrescimento diviene un disco protoplanetario.
La temperatura del disco precipita, favorendo così la formazione di piccoli grani di polvere costituiti da roccia (in prevalenza silicati) e ghiacci di diverso tipo, che a loro volta possono fondersi tra loro per dar luogo a blocchi ampi diversi chilometri che prendono il nome di planetesimi.
Questo modello, tra tutti i modelli che vengono realizzati in ambito scientifico, è forse il modello più complesso utilizzato per spiegare la formazione e la nascita dei sistemi planetari.
Il modello è inoltre molto difficili da sviluppare.
Normalmente questi modelli si concentrano su una delle due idee che cercano di spiegare la nascita dei sistemi planetari: i pianeti si aggregano principalmente grazie alla forza di gravità, oppure si aggregano principalmente grazie alle forze generate dal magnetismo.
Nascita dei sistemi planetari, nuovo modello
Oggi un tentativo di migliorare il modello teorico di formazione planetaria è stato proposto da un team dell’Università di Zurigo ( UZH ) che ricorre alla matematica utilizzata in entrambe le metodologie per ottenere un modello più completo e versatile che faccia luce sulla formazione e la nascita dei sistemi planetari.
Il problema alla base della comprensione della formazione dei sistemi planetari è la scala alla quale essa avviene. Nasce cosi una dicotomia tra i modelli che ricorrono al magnetismo e i modelli che invece ricorrono alla forza di gravità.
Su larga scala, come quella che domina nei dischi protoplanetari, la gravità prevale. La polvere e il gas si aggregano insieme nella fase iniziale del processo per formare un pianeta. Tuttavia, quando gas e polveri si fondono, il magnetismo inizia a prendere il sopravvento.
I granelli di polvere caricati in modo diverso danno vita a campi elettrici (e quindi magnetici) quando si sfregano l’uno nell’altro.
Alla scala della formazione dei singoli pianeti, le forze magnetiche sono molto più intense della forza gravitazionale che i granelli di polvere sono in grado di esercitare tra loro.
Il magnetismo ha quindi un impatto molto maggiore sulla formazione planetaria individuale piuttosto che su un intero sistema solare che è influenzato dalle forze gravitazionali.
Per fondere i due modelli, il team UZH ha fatto ricorso a due strumenti moderni: un nuovo framework teorico e un supercomputer.
Il quadro teorico ha tenuto conto delle differenze di scala tra le due forze. In particolare il Dr. Hongping Deng, ricercatore post-dottorato dell’Università di Cambridge, è stato in grado di fondere insieme il periodo di tempo in cui le forze magnetiche iniziano a superare le forze gravitazionali in termini di importanza.
Il nuovo quadro teorico proposto mostra la nascita dei sistemi planetari con dimensioni paragonabili ai sistemi planetari esistenti. Un miglioramento notevole rispetto alla maggior parte dei modelli oggi in uso che mostrano risultati discordanti con le osservazioni.
Ottenere questo importante risultato sarebbe stato impossibile senza l’ausilio di un supercomputer estremamente potete. Il team di ricercatori che ha sviluppato il nuovo modello che spiega la nascita dei sistemi planetari ha utilizzato il super calcolatore Piz Daint del Swiss National Supercomputing Center.
Per mezzo della potenza di calcolo del supercomputer l’algoritmo sviluppato dal team è stato in grado di ottenere un risultato molto vicino alla realtà. Usando una nuova tecnologia di visualizzazione, i ricercatori sono stati in grado di sviluppare un’animazione che può essere ammirata nel comunicato stampa di UZH.
Il nuovo modello che mostra la formazione e la nascita dei sistemi planetari sarà molto utile per la ricerca dei sistemi esoplanetari, per la geologia planetaria e anche nell’ambito della scienza dell’atmosfera.
Grazie al nuovo modello inoltre avremo una migliore comprensione di come si è sviluppato il sistema solare e di come le forze magnetiche e gravitazionali interagiscono per creare mondi adatti a supportare la vita come la conosciamo.