Alessandro Magno, il conquistatore macedone, iniziò nel 334 a.e.v l’invasione dell’Impero Persiano, in quella spedizione che rappresentava la rivincita del mondo greco sul nemico secolare. Alla testa di un’armata formata da contingenti macedoni e di tutte le città-stato greche, Alessandro mentre di vittoria in vittoria penetrava nell’estremo oriente, concepì l’idea di assimilare le due culture che si erano contrapposte militarmente per decenni.
Si apriva la cosiddetta stagione dell’ellenismo che però non piaceva a tutti i suoi generali. A queste diversità di vedute si aggiungeva l’invidia che alcuni dei compagni d’armi del giovane sovrano macedone provavano per la fama e la gloria che circondava Alessandra.
Uno di questi era Filota, figlio di Parmenione, comandante della cavalleria macedone, forse il più valente e fedele tra i generali di Alessandro. Il condottiero macedone insospettito da queste voci, piazzò una spia del tutto particolare nel letto di Filote, la bellissima Antigone.
Il bello è che era stato Filota stesso a scegliersi e prendersi Antigone come parte del bottino spartito fra i greco-macedoni a Damasco nel 333 a.C., poco dopo che con la battaglia di Isso l’esercito dell’imperatore persiano Dario III era stato battuto e ricacciato più a est, questo secondo le cronache lasciate da Plutarco.
Antigone istruita doverosamente da Alessandro assorbirà ogni vanteria dell’ignaro Filota. Così scrive a tale proposito Plutarco:
Ignaro della trappola Filota continuava a frequentare Antigone e a lasciarsi andare ad espressioni sconvenienti nei confronti del re, un po’ per rancore, un po’ per vanteria. Da parte sua Alessandro aveva ormai raccolto valide testimonianze contro di lui, ma per il momento taceva e sopportava, un po’ perché confidava nella lealtà di Parmenione, il padre di Filota, un po’ perché temeva il potere e l’influenza di cui godevano entrambi.
Alla fine l’elemento che fece propendere Alessandro per far giustiziare Filota fu il suo coinvolgimento nel complotto ordito da un certo Limno, scoperto dal sovrano macedone grazie alla lealtà di Nicomaco e Cebalino che avevano informato per ben due volte Filota dei propositi criminosi di Limno.
Filota non fece niente per informare Alessandro, tanto che i due, grazie all’intercessione del capo dei cortigiani Metron, furono ricevuti dal condottiero macedone a cui riferirono i termini della congiura ed il ruolo giocato da Filota.
Alessandro ordino l’arresto di Limno che però vistosi perduto resisterà armi alla mano finendo ucciso. Toccò quindi a Filota essere arrestato e sottoposto a tortura, finché morì. Stando sempre a Plutarco: «Giustiziato Filota, Alessandro ordinò subito di uccidere anche il padre Parmenione».
Probabilmente il padre di Filota era all’oscuro delle manovre del figlio, ma questo non impedì la sua esecuzione per mano di due sicari nel 329 a.e.v. ad Ectabana, privando l’esercito di Alessandro di uno dei più validi comandanti.
Sei anni dopo moriva anche Alessandro Magno segnando così il destino del suo immenso impero, che nel giro di pochi anni si sgretolò in vari stati spartiti fra i cosiddetti diadochi, ossia i suoi generali più ambiziosi, fra i quali Tolomeo a cui andò l’Egitto, e Seleuco, che ebbe il dominio più ampio, su Siria, Babilonia e Persia, fino ai confini con l’India.
La congiura di Filota
La congiura ordita ai danni del grande conquistatore macedone sarà scoperta grazie al contributo di una spia molto particolare, la bellissima Antigone
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