Cinecittà nasce dalla crisi del cinema italiano degli Anni Venti e dall’importanza come veicolo di propaganda che il nascente regime fascista attribuisce al mezzo cinematografico. Nel gennaio del 1935 viene costituita la società Cinecittà con a capo Carlo Roncoroni, dal 1929 deputato della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, oltre che imprenditore cinematografico.
Roncoroni acquistò gli stabilimenti della Cines di via Veio a Roma, nel quartiere di San Giovanni. Misteriosamente alcuni dei teatri di posa di questi stabilimenti cinematografici andarono distrutti nel corso di un incendio la notte del 26 settembre del 1935.
Roncoroni allora, grazie anche ad un contributo di 4 milioni di lire del Ministero delle Finanze, acquistò lungo la via Tuscolana, in piena campagna romana, un’area di circa 500.000 metri quadrati, dove fu decisa la realizzazione della nuova città del cinema.
I lavori ebbero inizio il 30 gennaio 1936 con la posa della prima pietra e dopo soli quindici mesi; il 28 aprile 1937, Mussolini inaugurò i nuovi stabilimenti di Cinecittà.
Il complesso era costituito da 75.000 metri quadrati di strade, piazze e giardini, una grande piscina, tre ristoranti, diverse palazzine per dirigenti, impiegati e maestranze e sedici teatri di posa. Si trattava della città del cinema più moderna ed avanzata dell’epoca. Per raggiungere gli stabilimenti c’era solo la via Tuscolana, a quel tempo molto stretta, e i dipendenti andavano a piedi o in bicicletta. Solo dopo il periodo bellico fu istituita una linea di autobus che fermava davanti agli studi, come si può vedere da una scena del film Bellissima.
Per registi, autori, attori e maestranze della settima arte, lavorare in quel complesso modernissimo dalle architetture ben squadrate, con spazi ampi e ben scanditi, camerini dotati di docce e poltrone era un autentico privilegio. Roncoroni che aveva goduto di forti contributi statali si ritrovava con un patrimonio notevolissimo che però poté godersi per poco tempo perchè morì nel 1938. Soltanto allora Cinecittà passò allo Stato.
In quei primi anni eroici, un cerbero in divisa presidiava l’ingresso della città del cinema e stabiliva chi poteva entrarci e chi no, segnando così con il semplice gesto della mano la separazione anche fisica, tra chi c’è l’aveva fatta o comunque poteva giocare le sue carte e chi rimaneva escluso ai margini della mecca del cinema italiano.
Cinecittà ebbe la funzione autarchica di sviluppare, sostenere e promuovere la cinematografica italiana anche se fino al 1941, non era raro trovare nel dedalo dei teatri di posa e dei suoi edifici manifesti di attori e registi americani.
Negli ultimi due anni di guerra, gli stabilimenti di Cinecittà vennero occupati dai nazisti che li utilizzarono come luogo di concentramento di civili rastrellati nei dintorni di Roma; con la liberazione di Roma, furono invece utilizzati dalle forze alleate per ospitare gli sfollati che avevano perso la casa a causa dei bombardamenti.
La rinascita di Cinecittà fu lenta e difficile, il suo rilancio avvenne negli anni Cinquanta con l’arrivo di una serie di produzioni americane che caratterizzarono la città del cinema come la Hollywood sul Tevere.