Oggi una delle tecniche più utilizzate per identificare gli esopianeti in orbita attorno a stelle lontane è quella che misura il calo regolare della luce stellare causato dal passaggio dei pianeti che ne bloccano una parte. Questa tecnica di ricerca è difficilmente applicabile se si utilizzano telescopi basati a terra, per questo alcuni scienziati hanno studiato una soluzione per migliorare gli strumenti oggi a disposizione degli astronomi.
Un team di scienziati australiani ha sviluppato un tipo di sensore rivoluzionario per misurare e correggere la distorsione della luce stellare causata dall’osservazione attraverso l’atmosfera del nostro pianeta. Questa innovazione dovrebbe migliorare lo studio dei pianeti abitabili utilizzando i telescopi posizionati a terra.
Utilizzando l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico, gli scienziati ottici dell’Università di Sydney hanno sviluppato un sensore in grado di neutralizzare lo “scintillio” di una stella causato dalle turbolenze dell’atmosfera terrestre. Ciò renderà più facile la scoperta e lo studio dei pianeti in sistemi solari lontani.
Come ha spiegato l’autore principale, il dottor Barnaby Norris, che ricopre una posizione congiunta come ricercatore presso l’Università di Sydney Astrophotonic Instrumentation Laboratory e nell’Università di Sydney, nodo dell’Australian Astronomical Optics nella School of Physics:
“Il modo principale in cui identifichiamo i pianeti in orbita attorno a stelle lontane è misurando i cali regolari di luce stellare causati dai pianeti che bloccano parte della luce del loro sole”
Aggiungendo:
“È davvero difficile da terra, quindi dovevamo sviluppare un nuovo modo di guardare le stelle. Volevamo trovare un modo per osservare direttamente questi pianeti dalla Terra”.
Il dispositivo realizzato dai ricercatori andrà a implementare le capacità di uno dei più grandi telescopi ottici del mondo, il telescopio Subaru da 8,2 metri alle Hawaii, gestito dall’Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone.
Come ha dichiarato il dott. Norris:
“È davvero difficile separare lo ‘scintillio’ di una stella dai cali di luce causati dai pianeti quando si osserva dalla Terra. La maggior parte delle osservazioni di esopianeti proviene da telescopi orbitanti, come Kepler della NASA. Con la nostra invenzione, speriamo di lanciare una rinascita nell’osservazione degli esopianeti da terra”.
La ricerca è stata pubblicata il 21 ottobre 2020 su Nature Communications.
In 20 anni di ricerca sono stati rilevati e confermati oltre 4000 esopianeti e altre migliaia attendono conferma. Solo un piccolo numero di essi è stato trovato da telescopi basati a terra e questo è un limite alla caccia di possibili mondi abitati.
Ottenere un’immagine di un esopianeta garantisce molte informazioni in più rispetto al metodo di rilevamento indiretto ottenuto ad esempio misurando i cali di luce di una stella. Questo metodo potrebbe essere poco affidabile per piccoli pianeti rocciosi simili alla Terra che potrebbero apparire un miliardo di volte più deboli della loro stella ospite.
Per poter sfruttare con il massimo profitto gli strumenti a terra nella ricerca di piccoli pianeti rocciosi simili alla Terra il gruppo della School of Physics ha sviluppato un “sensore di fronte d’onda fotonico”, che consentirà di misurare l’esatta distorsione causata dall’atmosfera, in modo che possa essere corretta dai sistemi di ottiche adattive del telescopio migliaia di volte al secondo.
Come ha spiegato il dott. Norris
“Questo nuovo sensore unisce dispositivi fotonici avanzati con tecniche di deep learning e reti neurali per ottenere un tipo di sensore di fronte d’onda senza precedenti per grandi telescopi. A differenza dei sensori del fronte d’onda convenzionali, può essere posizionato nella stessa posizione nello strumento ottico in cui si forma l’immagine. Ciò significa che è sensibile a tipi di distorsioni invisibili ad altri sensori del fronte d’onda attualmente utilizzati nei grandi osservatori”.
Il professor Olivier Guyon del Subaru Telescope e dell’Università dell’Arizona, uno dei massimi esperti mondiali di ottica adattiva, ha affermato:
“Questo è senza dubbio un approccio molto innovativo e molto diverso da tutti i metodi esistenti. Potrebbe potenzialmente risolvere molti dei principali limiti della tecnologia attuale. Attualmente stiamo lavorando in collaborazione con il team dell’Università di Sydney per testare questo concetto a Subaru insieme a SCExAO, che è uno dei sistemi ottici adattivi più avanzati al mondo”.
Gli scienziati hanno ottenuto questo straordinario risultato basandosi su un nuovo metodo per misurare (e correggere) il fronte d’onda della luce che passa attraverso la turbolenza atmosferica direttamente sul piano focale di uno strumento di imaging. Questo viene fatto utilizzando un convertitore di luce avanzato, noto come lanterna fotonica, collegato a un processo di inferenza della rete neurale.
Come ha spiegato la coautrice Jin (Fiona) Wei, una studentessa post-laurea presso il Sydney Astrophotonic Instrumentation Laboratory.
“Questo è un approccio radicalmente diverso ai metodi esistenti e risolve molti dei principali limiti degli approcci attuali”.
Il direttore del Sydney Astrophotonic Instrumentation Laboratory della School of Physics presso l’Università di Sydney, professore associato Sergio Leon-Saval, ha dichiarato:
“Sebbene siamo giunti a questo problema per risolvere un problema in astronomia, la tecnica proposta è estremamente rilevante per una vasta gamma di campi. Potrebbe essere applicato nelle comunicazioni ottiche, nel telerilevamento, nell’imaging in vivo e in qualsiasi altro campo che implichi la ricezione o la trasmissione di fronti d’onda accurati attraverso un mezzo turbolento o torbido, come acqua, sangue o aria”.
La caccia agli esopianeti simili alla Terra si fa serrata, con nuove tecnologie che ci diranno se la vita ha preso piede in altri luoghi nella nostra galassia. Non ci resta che aspettare.
Fonte: https://scitechdaily.com/ai-and-photonics-decipher-the-twinkle-of-stars-to-make-it-easier-to-find-new-earths/
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