Inquinamento e morbo di Alzheimer

Molti studi ormai confermano la "relazione pericolosa" tra inquinamento atmosferico e morbo di Alzheimer

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Città del Messico è una delle città più inquinate del mondo. Con i suoi quasi 10 milioni di autoveicoli e le 50.000 ciminiere la massa di sostanze inquinanti opprime l’aria della megalopoli. Uno studio del 2018 ha rilevato nel cervello di un certo numero di residenti di Città del Messico lesioni tipiche del morbo di Alzheimer, in una fascia d’età compresa tra i 30 ed i 50 anni, molti anni prima della classica manifestazione di questa malattia.
Lo studio ha collegato queste lesioni all’esposizione prolungata alla pessima aria della metropoli. I ricercatori hanno rilevato queste lesioni addirittura in un certo numero di bambini e lattanti. Non si tratta dell’unico studio che collega inquinamento a morbo di Alzheimer.
Qualche anno prima, una ricerca di Harvard University effettuata su 10 milioni di utenti Medicare in 50 città diverse degli Stati Uniti ha riportato una forte correlazione tra inquinanti atmosferici e certe malattie neuro degenerative tra le quali l’Alzheimer. Insomma la ricerca attuale ha associato alle tradizionali cause genetiche e di accumulo di frammenti proteici detti beta-amiloidi, il ruolo dell’inquinamento nell’insorgenza di questa malattia.
Per la forma più comune di Alzheimer, quella detta ad esordio tardivo, i ricercatori stimano che tra il 40 e il 65% il fattore di rischio sia collegato a cause NON genetiche come lo stile di vita e l’esposizione prolungata all’inquinamento atmosferico.
Responsabili di questa correlazione inquinamento/Alzheimer sarebbero le polveri sottili, chiamate PM 2,5 per le loro dimensioni, derivanti dalla combustione di petrolio, benzina, gasolio e gas, oltre che dalla combustione di carbone e legna. Questo particolato fine inalato passa attraverso i polmoni al flusso sanguigno. I problemi arrecati alla salute sono gravissimi: danni ai sistemi cardiovascolari e respiratori, che sfociano in cancro, ictus, infarti e morti premature.
Fino a qualche anno fa si riteneva che il cervello fosse protetto da simili nefaste conseguenze, adesso ci sono prove circostanziate che le PM 2,5 riescono a penetrare nel cervello per ben due vie diverse. Gran parte degli studi recenti sul rapporto tra inquinamento dell’aria e Alzheimer hanno le loro fondamenta sulle pionieristiche ricerche di Lilian Calderon-garciduenas, neuropatologa dell’Università del Montana. Già nel 2008 la scienziata scriveva “L’esposizione all’aria inquinata deve essere considerata un fattore di rischio per l’Alzheimer”.
Da allora le prove su questa intuizione della Calderon si sono affastellate una dopo l’altra. In Inghilterra, nel 2018, uno studio su circa 131.000 residenti di Londra di età compresa tra i 50 e i 79 anni ha concluso che gli individui sottoposti ad un maggior inquinamento negli 8 anni di durata della ricerca avevano maggiori probabilità di una diagnosi di demenza.
L’Università di Toronto ha osservato 6,6 milioni di abitanti della regione dell’Ontario scoprendo che quelli che vivevano a meno di 50 metri da un’arteria stradale importante, dove i livelli di particolato fine sono significativi, avevano il 12% di probabilità in più di sviluppare forme di demenza rispetto a quelli che abitavano ad almeno 200 metri di distanza da quelle stesse arterie stradali.
Per capire meglio la correlazione pericolosa tra inquinamento e morbo di Alzheimer i ricercatori si sono rivolti ai modelli animali per cercare i meccanismi biologici alla base del declino cognitivo a fronte di una cronica esposizione ai vari tipi e quantità di inquinamento atmosferico. Il primo risultato ottenuto nel 2015 è stata la conferma che maggiore è l’esposizione a fattori inquinanti dell’aria e maggiori sono i danni prodotti nel cervello.
Nel 2018 alcuni ricercatori del Cedars Sinai Center di Los Angeles hanno scoperto che i metalli pesanti presenti nell’aria inquinata non soltanto riuscivano ad entrare nel cervello delle cavie di laboratorio in pochi mesi ma attivavano geni responsabili dell’insorgenza di malattie neuro degenerative.
Appare certo che tanto negli animali quanto negli esseri umani le sostanze inquinanti presenti nell’aria inducono il rilascio di citochine da parte delle cellule della microglia. Le citochine sono molecole che regolano la risposta immunitaria ed infiammatoria. In circostanze normali questa risposta è utilissima per proteggere il cervello da “invasori esterni”. L’esposizione cronica all’aria inquinata può provocare una superproduzione di citochine ed un’infiammazione cronica che porta alla morte neuronale.
Le centinaia di sostanze presenti nel particolato tendono ad accumularsi nel cervello nel corso degli anni e questo processo potrebbe contribuire a spiegare perché l’Alzheimer sia tipicamente una malattia di anziani. L’enorme quantità di sostanze inquinanti organiche ed inorganiche che permea l’aria delle nostre città abbisogna ancora di molti studi e ricerche per comprendere meglio invasività, pericolosità e modalità dei danni che arrecano al cervello.
Resta il fatto che il consolidamento del rapporto tra inquinamento e declino cognitivo in assenza di farmaci veramente efficaci rafforza la convinzione che l’arma migliore a disposizione per la lotta all’Alzheimer è la riduzione dei fattori di rischio legati all’ambiente ed allo stile di vita.
fonte: Le Scienze, agosto 2020, edizione cartacea