Nel 1956 in Sardegna si comincia a parlare di un certo giovanotto di Sorso, in provincia di Sassari, di nome Francesco Santoni, soprannominato in paese Nerone per il fisico alto e robusto e la carnagione scura.
Crisi mistiche
Francesco ha diciannove anni, è un bel ragazzo, del tutto analfabeta e incapace di esprimersi in italiano, e nel paese viene considerato un poco di buono che vive alla giornata. Improvvisamente, pare a seguito di una visione celeste, Francesco cambia carattere diventando mite e remissivo, non solo, ma ogni venerdì comincia ad avere crisi mistiche nelle quali suda sangue mentre sul suo corpo appaiono i segni della passione di Gesù.
Simili fenomeni non possono rimanere limitati al paese di Sorso, e presto la voce si sparge in tutta l’isola. Testimoni considerati degni di fede raccontano di avere udito schiocchi di fruste invisibili mentre sulla schiena apparivano le ferite della flagellazione; la fronte di Francesco gocciola abbondante sudore misto a sangue.
Si parla di miracoli, di rivelazioni sovrumane; i pochi scettici vengono messi a tacere dai fedelissimi, che ben presto si moltiplicano anche nel resto d’Italia.
Arrivano i dubbi
Purtroppo, dopo pochi mesi, medici di fama cominciano a mettere in dubbio la natura soprannaturale dei fenomeni a cui Santoni va soggetto, documentando le loro conclusioni con un’abbondante casistica: clinici illustri sottopongono il “miracolato” ad attente osservazioni, demolendo spietatamente il castello di fantasticherie.
La Curia di Sassari, infine, prende una decisa posizione negativa nei confronti del “miracolo”.
Fine della storia? Tutt’altro
Per il povero “Nerone” è una triste esperienza: i testimoni delle sue crisi cominciano a rimangiarsi tutto, i creduloni della prima ora diventano i suoi più accesi denigratori, e il giovane è costretto a scomparire travolto dallo scherno.
La campagna di stampa che, nei tre mesi del suo successo, era stata condotta sulle sue esperienze, sulle sue visioni, sui suoi contatti con l’aldilà, ha però dei risultati inaspettati.
Francesco comincia a ricevere lettere da ogni parte d’Italia ed anche dall’estero: chi gli chiede una grazia, chi preghiere e benedizioni, lettere che per la maggior parte contengono oboli in denaro; il giovane, che nel frattempo ha imparato a leggere e scrivere, coltiva queste corrispondenze ricavandone un buon introito.
Un tenore di vita troppo alto
L’ex-veggente, intanto, viene chiamato alle armi e dopo un paio di crisi mistiche avvenute in caserma, i suoi superiori si convincono a compilare un foglio di congedo rispedendolo in Sardegna, dove pian piano Santoni comincia a condurre un tenore di vita da milionario: gira in fuoriserie, ha alle sue dipendenze un segretario, un autista e un consulente legale.
Quale attività sta conducendo? Santoni non ha possibilità economiche, un’occupazione fissa, eppure finanzia squadre di calcio ed effettua frequenti trasferte in continente, circondandosi di amici e di belle ragazze.
Tutto si spiega
La risposta a queste domande viene nel 1961, quando a Sassari e provincia si sparge la voce che l’ex-veggente è stato arrestato su mandato di cattura della Procura della Repubblica. Il motivo? Una serie di azioni illegali che egli avrebbe attuato in collaborazione con altri, in particolare Tonino Siddi , ex atleta olimpionico.
L’inchiesta aveva preso l’avvio da un esposto, presentato alla Questura di Sassari dai parenti di un ex amministratore del comune di Sorso, tale Giacomo Oggiano, che il santone avrebbe indotto a cedergli alcuni immobili di notevole valore dietro la promessa di fargli ottenere un ipotetico tesoro.
L’ex consigliere comunale abitava in una casa posta a ridosso della chiesa di San Pantaleo, dove secondo la leggenda era sepolto il giudice Barisone III, assassinato nel 1236. Santoni lo convince che nella casa è nascosto il tesoro accumulato dal Barisone in tre anni di governo. Per ottenere il tesoro è però necessario placare l’anima del giudice con sacrifici di denaro, che l’ingenua vittima consegna al veggente; questi, chiudendosi in una stanza da solo, brucia le banconote con strani riti di sua invenzione. In realtà pare che Francesco intascasse le somme fingendo di bruciarle (ma và?)
A Santoni viene un’altra idea: raccontando all’ex consigliere che per la migliore riuscita dei sacrifici ci vuole l’aiuto di una ragazza pura, convince Oggiano ad affidargli la propria figlia quindicenne, che in seguito seduce guadagnandosi una denuncia per corruzione di minorenne.
L’Oggiano viene quindi convinto a spogliarsi di ogni avere, compresa la “casa del tesoro”, che vende in modo fittizio alla moglie di Santoni e a Siddi.
Anche una signora di Burgos viene convinta, durante una seduta spiritica, a versare a Santoni la cospicua somma di 14 milioni, per liberare la sua famiglia dall’ipotetica minaccia di un fantasma malvagio.
Conclusione
Il 10 aprile 1963 la Corte d’Assise di Sassari condanna Santoni a dieci anni e quattro mesi e Tonino Siddi a quattro anni e nove mesi di reclusione.