Il Pianeta 9 o Pianeta X rimarrà sempre un mistero?

Secondo lo studioso Scott Sheppard, le probabilità dell'esistenza del Pianeta X o Pianeta 9 sono maggiori rispetto alle probabilità che non esista o che di tratti, come sostiene il suo esimio collega Jakub Scholtz, di un buco nero

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Un Pianeta sconosciuto, 10 volte più grande la Terra, stimola la curiosità della comunità scientifica riguardo la sua reale esistenza. Secondo diverse teorie, il cosiddetto Pianeta 9 o Pianeta X ruoterebbe attorno al Sole a una distanza compresa tra 400 e 1. 500 Unità Astronomiche (UA).

La sua possibile esistenza è condivisa da una parte della comunità scientifica poiché aiuterebbe a spiegare le anomalie gravitazionali nel nostro sistema solare, ma solo questo dettaglio non basta.

L’astronomo Scott Sheppard del Carnegie Institution for Science di Washington DC, è stato il primo ad intuirne l’esistenza anche se lui stesso non si prende troppo sul serio nonostante la scoperta importante e ha candidamente dichiarato che non si è trattata di una vera e propria illuminazione folgorante, ma il frutto di prove acculate negli anni. Tuttavia, quando gli viene chiesto quanto sia convinto che il nuovo mondo, che chiama Pianeta X (sebbene molti altri astronomi lo chiamino Pianeta 9), esiste veramente, Sheppard è solito rispondere: “Penso che sia più probabile che improbabile che esista”.

Per quanto riguarda il resto della comunità astronomica, nella maggior parte dei casi c’è un certo fermento nel voler trovare il Pianeta 9 e grazie a questo interesse da parte di diversi astronomi, si hanno grandi aspettative. Gran parte di queste aspettative sono puntate sull’attesa dell’apertura di un nuovo telescopio, intitolato a Vera C Rubin, l’astronoma che, negli anni ’70, scoprì alcune delle prime prove della materia oscura.

Il lavoro dell’osservatorio di Rubin dovrebbe iniziare nel 2022 e l’augurio è che tramite questo potente strumento, si riescano a trovare evidenze tangibili sull’esistenza del Pianeta X.

La scoperta del pianeta sarebbe un trionfo, ma anche un disastro per la teoria esistente su come si è formato il sistema solare: “Cambierebbe tutto ciò che pensavamo di sapere sulla formazione dei pianeti“, afferma Sheppard. In effetti, nessuno ha la minima idea di come un pianeta così grande, se esistesse, potrebbe essersi formato così lontano dal sole. Il lontano sistema solare infatti è un luogo di oscurità e mistero: esso comprende un enorme volume di spazio che inizia oltre l’orbita di Nettuno, circa 30 volte più lontano dal sole della Terra, o 30 unità astronomiche (UA), e si estende a circa 100.000 UA.

Fu nelle regioni interne di questo volume che l’astronomo americano Clyde Tombaugh scoprì Plutone nel 1930. Sebbene Plutone abbia solo i due terzi del diametro della nostra luna, era originariamente classificato come un pianeta. Alla fine del secolo, tuttavia, i nuovi telescopi hanno permesso agli astronomi di trovare mondi ancora più piccoli oltre Nettuno.

Nel 2005, Mike Brown del California Institute of Technology scoprì Eris, che ha almeno le stesse dimensioni di Plutone, quindi, se Plutone è un pianeta, doveva esserlo anche Eris. La Nasa organizzò in fretta una conferenza stampa e annunciò la scoperta di Planet 10.

Circa un anno dopo, l’Unione Astronomica Internazionale decretò che Plutone ed Eris erano effettivamente troppo piccoli per essere chiamati pianeti e li ribattezzò pianeti nani. Quindi il roll-call del sistema solare è tornato a otto: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno.

La ricerca di Planet 9,  invece, ha avuto inizio una notte nel 2012, quando Sheppard e Trujillo stavano usando il telescopio dell’Osservatorio interamericano di Cerro Tololo in Cile. Stavano osservando oggetti sempre più distanti, ma uno in particolare spiccava. Catalogato come VP113 del 2012, l’hanno soprannominato Biden in onore del vicepresidente americano dell’epoca. Con loro stupore, questo mondo lontano non si è mai avvicinato al sole di circa 80 UA. Al massimo, Biden avrebbe raggiunto i 440 UA nello spazio profondo, nel senso che seguiva un’orbita altamente ellittica.

Non solo, per una strana coincidenza, la sua orbita sembrava essere molto simile a quella di un altro mondo distante noto come Sedna. Questo mini-mondo era stato scoperto nel 2003 da Brown, Trujillo e David Rabinowitz dell’Università di Yale. Si distinse immediatamente per la sua orbita altamente ellittica, che oscilla da 76 UA a 937 UA.

Oggetti come Sedna e 2012 VP113 non possono formarsi su queste orbite eccentriche“, afferma Sheppard. Invece, le simulazioni al computer suggeriscono che si formano molto più vicine e vengono quindi espulse dalle interazioni gravitazionali con i pianeti più grandi. La cosa davvero strana, tuttavia, era che le due orbite allungate puntavano più o meno nella stessa direzione, e più Sheppard e Trujillo esaminavano gli altri oggetti, più vedevano che anche quelle orbite erano allineate: era come se qualcosa stesse guidando quei piccoli mondi, come un cane pastore che governa il suo gregge.

I due scienziati non si sono arresi e hanno fatto alcuni calcoli grazie ai quali hanno scoperto che il pianeta a cui stavano accennando i loro risultati doveva essere 15 volte più massiccio della Terra, su un’orbita che si trova in media da qualche parte tra 250 UA e 1500 UA dal sole. I loro risultati sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista Nature nel marzo 2014 e l’interesse per Planet 9 ha iniziato a diffondersi nel mondo dell’astronomia.

Il passo successivo  è arrivato nel 2015 quando Sheppard e Trujillo hanno scoperto TG387 e lo hanno soprannominato Goblin, il terzo pianeta più estremo allineamento dietro Sedna e Biden, smontando ulteriormente l’ipotesi che questo allineamento sia una coincidenza casuale.

Nel 2016, Brown e il suo collaboratore Konstantin Batygin, anche lui del Caltech, hanno pubblicato i loro studi che confermano quelli svolti da Sheppard e Trujillo circa le dimensioni e la distanza del pianeta, suggerendo persino un’area di cielo in cui pensavano che si potesse trovare il Pianeta 9, anche se non tutti gli astronomi erano concordi.

Pedro H Bernardinelli, dottorando presso l’Università della Pennsylvania, si rese conto che i dati di Sheppard non erano gli unici che potevano indicare l’esistenza di nuovi mondi lontani e si interessò ad altri calcoli riguardanti un’esplorazione cosmologica che era stata progettata per misurare il modo in cui l’universo si sta espandendo verso galassie lontane. Grazie a questo studio, Bernardinelli riuscì a rintracciare ben 7 corpi celesti.

A prima vista, sembrava che anche questi mondi fossero allineati come previsto, ma lo scienziato analizzando i dati, sentiva che la teoria dell’allineamento era  debole, anche se ammise di non poter escludere del tutto l’esistenza del Pianeta X.

Ad oggi, Sheppard continua la sua ricerca grazie al telescopio giapponese Subaru sul Mauna Kea, nelle Hawaii, dove perlustra pazientemente il cielo per rintracciare ulteriori prove del Pianeta 9 e forse persino sperando di vedere il pianeta stesso, e forse l’aiuto decisivo arriverà dall’osservatorio Rubin: mentre la maggior parte dei telescopi impiegherebbe mesi o anni per monitorare l’intero cielo, Rubin lo farà in sole tre notti.

Siamo in grado di rilevare un pianeta di massa terrestre a circa 1000 UA“, ha affermato Meg Schwamb, della Queen’s University di Belfast, che co-presiede la collaborazione scientifica del sistema solare dell’osservatorio di Rubin: “Se altri non avranno individuato Planet 9 prima dell’inizio del nostro studio, penso che tutti gli occhi saranno puntati sull’osservatorio di Rubin“, ha spiegato Schwamb.

Anche se il telescopio non riuscirà a vedere direttamente il pianeta, rileverà molti mini-mondi più distanti che potranno essere utilizzati per determinare la posizione del pianeta in modo più preciso, contribuendo così a restringere l’area di ricerca.

Gli astronomi pensano che il sistema solare si sia formato in un disco di materia che circonda il sole. Quella materia si condensò in corpi più piccoli, che poi si scontrarono per formare quelli più grandi. Alla fine di questo processo, nacquero i pianeti. Ma la materia è stata dilata ulteriormente dal sole, il che significa che non c’è abbastanza materia prima per formare un grande pianeta nel lontano sistema solare, anche se alcuni suggeriscono che il presunto Pianeta 9 potrebbe essere stato destinato a diventare un gigante gassoso come Giove o Saturno e così potrebbe essersi formato accanto a loro per essere poi spedito nei recessi più lontano del sistema solare a causa di un’interazione gravitazionale.

Tuttavia, Jakub Scholtz della Durham University è scettico: “È possibile“, afferma, “Ma in realtà richiede molte coincidenze“. Questo perché una singola interazione gravitazionale non può fare tutto il lavoro. Invece, sono necessarie una serie di interazioni per posizionare il pianeta in un’orbita che non lo riporti mai dove si è formato. Scholtz ha elaborato un’altra idea insieme al collaboratore James Unwin, dell’Università dell’Illinois a Chicago: ha suggerito che l’oggetto che sta perturbando le orbite di questi mondi lontani non sia un pianeta perduto ma un buco nero.

Se fosse realmente così, nemmeno l’osservatorio Rubin sarebbe in grado di vederlo, perché i buchi neri non emettono alcuna luce ma semplicemente inghiottono la luce e qualsiasi altra cosa che attraversi il loro cammino. È una possibilità allettante perché il buco nero di Scholtz dovrebbe far parte di una popolazione di buchi neri primordiali la cui esistenza si sospetta da tempo ma non è stata mai provata.

Per il momento, la maggior parte degli astronomi è più incline a credere all’esistenza del Pianeta 9 e aspettano che venga alla luce nei prossimi anni. E se Planet 9 è davvero lì, allora, forse per la prima volta , Sheppard sperimenterà finalmente qualcosa di simile a un’illuminazione folgorante.