Il nuovo coronavirus è una zoonosi, ce ne sono altre di cui dovremmo preoccuparci?

Il nuovo coronavirus che provoca la COVID-19, la malattia pandemica che sta attraversando il mondo discende a noi dagli animali, come, ad esempio, alcuni coronavirus che provocano il raffreddore. Ci sono altre zoonosi di cui dovremmo preoccuparci? Se si, come potremmo evitarle?

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Negli ultimi due decenni, prima della pandemia di SARS-CoV-2, il mondo aveva già avuto paura per altre possibili epidemie derivate dal passaggio di un virus dagli animali all’uomo.
MERS-CoV e SARS-CoV sono dette zoonosi perché in origine erano malattie esclusive di alcune specie di animali e lo stesso vale quasi certamente, per SARS-CoV-2, il nuovo coronavirus alla base della pandemia di COVID-19 che sta scuotendo il mondo. Sono molte le zoonosi che infestano questa o quell’area del mondo, con diversi gradi di virulenza e di morbilità. Queste malattie, che colpiscono l’uomo e altri animali sono state capaci di compiere il salto di specie.
MERS-CoV e SARS-CoV erano originariamente virus endemici di certe specie di pipistrello che si sono diffuse attraverso animale intermedio (rispettivamente cammello e zibetto delle palme), fino agli esseri umani. L’analisi genetica delle sequenze di SARS-CoV-2 mostra che i loro parenti genetici più vicini sembrano essere i coronavirus del pipistrello, con il ruolo di specie intermedia forse interpretato dal pangolino, una specie in via di estinzione  i cui esemplari vengono venduti illegalmente in Cina per le sue carni e le presunte proprietà terapeutiche che gli assegna la medicina tradizionale cinese.
Attualmente sono noti quattro tipi di coronavirus che causano raffreddori nell’uomo – noti come HCoV-229E, HCoV-NL63, HCoV-OC43 e HCoV-HKU1 – e anche questi sembrano avere origini zoonotiche.

In che modo questi virus compiono questi salti tra le specie?

Mentre le specifiche differiscono, il meccanismo si basa sulla stessa premessa fondamentale: accesso e capacità.
Un virus può raggiungere le cellule del suo ospite? E le proteine ​​del virus possono riconoscere e legarsi a strutture, note come recettori, su quelle cellule? Se la risposta è positiva c’è tutto ciò che serve: il virus può entrare nella cellula dell’ospite umano e iniziare a replicarsi, infettando l’host.

I coronavirus sono diventati abbastanza abili nel capire come usare questi recettori per ottenere l’accesso alle cellule del loro ospite. I virus usano una glicoproteina, una proteina cui sono attaccati degli zuccheri, chiamata proteina spike (S), presente sul loro capside (una struttura proteica che racchiude e protegge il loro materiale genetico, DNA o RNA),  per legarsi alle cellule ospiti. (Questa proteina conferisce al virus un aspetto simile a una corona, da cui deriva “corona” nel suo nome) La parte della proteina che esegue il legame effettivo, chiamata subunità S1, può variare considerevolmente, consentendo al virus di legarsi a molte diverse specie ospiti di mammiferi.
La maggior parte dei coronavirus che infettano l’uomo sembrano aggrapparsi a uno dei tre recettori ospiti specifici delle cellule di mammifero. SARS-CoV e NL63 utilizzano un recettore umano chiamato enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2), MERS utilizza dipeptidil peptidasi 4 (DDP-4) e 229E utilizza l’aminopeptidasi N (APN).
Queste proteine ​​sono tutte presenti sulle cellule epiteliali o superficiali delle vie aeree umane, presentando facili bersagli a qualsiasi virus disperso nell’aria. Due recenti studi sul SARS-CoV-2 suggeriscono che, come il SARS-CoV, utilizza la proteina ACE2 come recettore.

Qualche altra zoonosi di cui dovremmo preoccuparci?

Sebbene non sia necessariamente motivo di preoccupazione, esiste un altro virus che emerge comunemente dagli animali: l’influenza.
Quasi tutti i virus influenzali conosciuti provengono da uccelli acquatici come anatre, oche, sterne, gabbiani e specie affini. Molti virus si spostano dagli uccelli verso altre specie (inclusi gli esseri umani). Spesso, però, la nuova specie è un vicolo cieco; il virus dell’influenza aviaria, per esempio, può saltare dagli uccelli agli umani ma non tra gli umani.
A volte, però, un nuovo virus riesce a diffondersi in modo efficiente tra le persone. L’abbiamo visto di recente nel 2009 con H1N1, un virus suino che si è diffuso tra gli esseri umani, causando infine una pandemia. E un virus H1N1 aviario fu responsabile della pandemia globale del 1918 nota come “Influenza spagnola”.

Quali altri fattori favoriscono il salto di malattie degli animali all’uomo?

Recenti lavori hanno dimostrato che l’interazione host-virus può essere modificata anche dalle proteasi dell’ospite – enzimi che scindono le proteine ​​- quindi non è solo la composizione della proteina spike a determinare quali host sono vulnerabili e a quali virus. Queste proteasi possono tagliare parti della proteina spike e alterare il modo in cui il virus si lega alle cellule ospiti, quindi i virus che normalmente non infettano le cellule umane possono farlo dopo un trattamento con proteasi.

Il ruolo delle specie intermedie può essere più complesso di quanto gli scienziati abbiano inizialmente pensato. Inizialmente i ricercatori sospettavano che tali specie fossero necessarie affinché i coronavirus si spostassero dalle specie di serbatoio primarie agli umani. Forse il virus si è evoluto e adattato alle specie intermedie, rendendolo più efficiente nel legarsi alle cellule umane. Tuttavia, studi recenti hanno dimostrato che alcuni coronavirus di pipistrello possono infettare le cellule umane senza passare attraverso un ospite intermedio, il che significa che può nascondersi un serbatoio significativo di coronavirus non ancora scoperti. Allo stesso modo, una volta credevamo che i suini potessero fungere da “vaso di miscelazione” in cui i ceppi di influenza aviaria si sarebbero adattati meglio ai mammiferi, poiché i suini sembrano avere acidi sialici collegati sia a α2,3 che α2,6 sulle cellule della loro trachea, permettendo ai ceppi umani e di uccelli di mescolarsi e produrre nuovi virus adattati dall’uomo. Ma mentre i maiali possono svolgere questa funzione, ora sappiamo che tale miscelazione non è necessaria e che i virus aviari possono infettare l’uomo senza che debba esserci un maiale come intermediario.
Entrambe le specie virali rappresentano quindi una sfida continua a causa della loro diversità e della loro propensione a saltare di specie. In effetti, è proprio questa diversità probabilmente a consentire questi salti, poiché una popolazione ampia e diversificata può avere maggiori probabilità di contenere virus che possono legarsi a una varietà di recettori ospiti rispetto a una popolazione più omogenea. Per questo motivo, i coronavirus e l’influenza hanno entrambi un potenziale pandemico.



Cosa possiamo fare per proteggerci?

Prima di tutto, bisogna lavarsi spesso le mani ed evitare di toccarsi il viso e gli occhi – pratiche che aiutano a evitare l’infezione da entrambi i virus. I virus non camminano né si spostano spontaneamente e possono saltare da un ospite all’altro solo attraverso le goccioline emesse dalla respirazione o dalla tosse in cui si annidano. Queste goccioline attraversano per un breve tratto l’aria che noi respiriamo o si posano sulle superfici contaminandole e se noi ci posiamo le mani sopra possiamo poi infettare il naso e gli occhi, le cui mucose fungono da siti di ingresso.
I ricercatori sviluppano vaccini antinfluenzali ogni anno e gli scienziati stanno lavorando al sacro graal della ricerca sull’influenza, un vaccino universale che protegge da tutti i ceppi del virus. Con i coronavirus non siamo così lontani. La natura sporadica di gravi epidemie significa che finanziamenti e competenze sono minimi. Numerosi laboratori stanno attualmente elaborando un vaccino contro SARS-CoV-2, ma ci vuole tempo per eseguire test clinici sugli animali e sull’uomo e poi passare alla produzione e alla distribuzione di massa.
Questo coronavirus ci ha colto impreparati ma siamo in grado di prepararci per il prossimo, la ricerca deve essere finanziata e la gebte deve essere sensibilizzato ad adottare corrette pratiche igieniche ed elementari, perché ci sarà un prossimo nuovo coronavirus, è solo questione di tempo.

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