Un piccolo pezzo del mistero del metano su Marte potrebbe essere stato appena risolto.
Negli ultimi anni, il rover Curiosity della NASA ha rilevato numerosi picchi di metano nell’atmosfera marziana intorno a lui. L’episodio più recente è avvenuto a giugno, quando i livelli di gas all’interno del Cratere Gale, l’rea del Pianeta Rosso in cui opera il rover della NASA, sono saliti a 21 parti per miliardo di unità per volume (ppbv).
Questo di giugno è stato un picco molto alto rispetto ai livelli di metano rilevati in altre occasioni nell’area del cratere Gale, livelli mediamente valutati tra 0,24 ppbv a 0,65 ppbv.
Da dove provenga o cosa produca questo metano non è ancora chiaro, ma gli scienziati del team di Curiosity stanno cercando di scoprirlo, perché la presenza di questo gas potrebbe essere un possibile segno di vita. Oltre il 90% del metano presente nell’aria terrestre, ad esempio, è stato prodotto da microbi e altri organismi.
Un recente studio può aiutare i ricercatori a restringere la caccia: gli scienziati hanno stimato il contenuto di metano delle tipiche rocce del Pianeta Rosso analizzando i meteoriti di Marte e il basalto nativo e le rocce sedimentarie qui sulla Terra – sostituti delle loro controparti marziane.
Il team ha quindi calcolato quanta parte di questo metano potrebbe essere liberata dall’erosione provocata dal vento, l’unica forma di erosione attualmente attiva su Marte.
I ricercatori hanno stabilito che, affinché l’erosione del vento produca livelli rilevabili di metano nell’aria marziana, le rocce dovrebbero contenere tanto metano quanto lo scisto più ricco di idrocarburi qui sulla Terra. Questo è uno scenario molto improbabile, hanno detto i membri del team di studio.
“La cosa importante di questa [scoperta] è che rafforza l’argomentazione secondo cui il metano deve provenire da una fonte diversa“, ha dichiarato il co-autore dello studio Jon Telling, geochimico dell’Università di Newcastle in Inghilterra . “ma che l’origine sia biologica o no, non siamo ancora in grado di dirlo“-
La causa dei picchi di metano è “ancora una domanda aperta“, ha affermato nella stessa dichiarazione l’autore principale dello studio Emmal Safi, ricercatore post-dottorato presso la School of Natural and Environmental Sciences dell’Università di Newcastle.
“Il nostro documento è solo una piccola parte di una storia molto più grande“, ha aggiunto. “In definitiva, quello che stiamo cercando di scoprire è se esiste la possibilità che la vita vi sia o vi sia stata vita su un pianeta diverso dal nostro e questo possiamo scoprirlo sia con l’eventuale attività attuale di queste eventuali forme di vita, sia rilevando l’esistenza di fossili o di antiche firme chimiche“.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports.