Secondo il risultato di sette nuovi studi, pubblicati il 29 settembre sul Journal of Plasma Physics, un reattore a fusione nucleare potrebbe concretizzarsi nel 2025: questo aprirebbe nuove frontiere sul fronte di un’energia rinnovabile all’infinito e soprattutto pulita.
“Praticamente tutti noi siamo entrati in questa ricerca perché stiamo cercando di risolvere un problema globale davvero serio“, ha detto l’autore dello studio Martin Greenwald, un fisico del plasma al MIT e uno dei principali scienziati che sviluppano il nuovo reattore. “Vogliamo avere un impatto sulla società. Abbiamo bisogno di una soluzione per il riscaldamento globale, altrimenti la civiltà è nei guai. Sembra che potrebbe aiutare a risolverlo”.
Si parla della stessa fusione che è capace di alimentare il sole e le stelle, infatti, durante il processo i nuclei atomici sono costretti a formare atomi più pesanti. Quando la massa degli atomi risultanti è inferiore alla massa degli atomi uniti insieme, la massa in eccesso viene convertita in energia, liberando una straordinaria quantità di luce e calore. Per fare questo serve un grande quantità di energia che spinge gli atomi a fondersi insieme, il che si verifica a temperature di almeno 100 milioni di gradi Celsius.
La maggior parte dei reattori a fusione sperimentali utilizza un design chiamato tokamak. Questi progetti utilizzano potenti campi magnetici per confinare una nuvola di plasma, o gas ionizzato, a temperature estreme, abbastanza alte da consentire agli atomi di fondersi insieme. Il nuovo dispositivo sperimentale, chiamato SPARC (Soonest/Smallest Private-Funded Affordable Robust Compact), è stato sviluppato dagli scienziati del MIT e dal Commonwealth Fusion Systems.
Il progetto SPARC, avviato nel 2018, dovrebbe iniziare la costruzione il prossimo giugno, con il reattore che inizierà le operazioni nel 2025. Un esperimento molto più veloce dell’International Thermonuclear Experimental Reactor (ITER) che non dovrebbe generare una reazione di fusione fino al 2035. SPARC, dal canto suo, utilizzerà i cosiddetti superconduttori ad alta temperatura, diventati disponibili in commercio solo negli ultimi tre o cinque anni (molto dopo l’inizio della costruzione dell’ITER).
Questi nuovi magneti possono produrre campi magnetici di massimo 21 tesla. Per fare un confronto, basti sapere che il campo magnetico terrestre varia in intensità da 30 milionesimi a 60 milionesimi di tesla. In questi sette nuovi studi, i ricercatori hanno delineato i calcoli e le simulazioni alla base del progetto. Secondo gli studi, SPARC dovrebbe generare molta più energia di quella pompata. Il reattore in questione, però, produce solo calore, non elettricità. Una volta che i ricercatori testeranno il progetto, hanno in programma di costruire il reattore ARC (Affordable Robust Compact), che genererebbe elettricità da quel calore entro il 2035.
Questi potenti magneti suggeriscono che il nucleo di SPARC può essere circa tre volte più piccolo di diametro e da 60 a 70 volte più piccolo in volume del cuore di ITER, che dovrebbe essere largo 6 metri. “Quella drastica riduzione delle dimensioni è accompagnata da una riduzione del peso e dei costi“, ha spiegato Greenwald . “Questo è davvero il punto di svolta”.
I ricercatori hanno delineato i calcoli e le simulazioni di supercomputer alla base del progetto di SPARC. Secondo gli studi, SPARC dovrebbe generare almeno il doppio di 10 volte più energia di quella pompata.
Il calore di un reattore a fusione genererebbe vapore. Questo vapore azionerebbe quindi una turbina e un generatore elettrico, nello stesso modo in cui la maggior parte dell’elettricità viene prodotta oggigiorno.
“Le centrali elettriche a fusione potrebbero sostituire uno a uno le centrali a combustibili fossili e non sarebbe necessario ristrutturare le reti elettriche per loro“, ha detto Greenwald. Al contrario, le fonti di energia rinnovabile come il solare e l’eolico “non sono ben accolte dall’attuale progettazione delle reti elettriche”.
I ricercatori sperano infine che le centrali a fusione ispirate alla SPARC generino tra i 250 ei 1.000 megawatt di elettricità. “Nell’attuale mercato elettrico degli Stati Uniti, le centrali elettriche generano tipicamente tra 100 e 500 megawatt“, ha concluso Greenwald.