I rischi della corsa al vaccino

L'esigenze di trovare velocemente un vaccino contro la pandemia di Covid19 non può però tagliare eccessivamente i tempi di sperimentazione della fase 3 pena il rischio di un prodotto poco sicuro o poco efficace

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Tutto il mondo è impegnato in una colossale corsa alla ricerca di un vaccino per debellare la pandemia di Covid19. La gara per il vaccino è diventata una questione politica, non si tratta soltanto di prestigio, il primo paese che riuscirà a produrre un vaccino efficace e sicuro per contrastare la pandemia, acquisirà un vantaggio enorme rispetto agli altri. E’ di queste ore l’annuncio dell’OMS che le prime  dosi  di un vaccino anti-Covid19 potrebbero essere disponibili  entro la fine del 2020.
Per ottenere questo risultato non soltanto si sono investite risorse finanziarie enormi ma si è deciso di tagliare i “tempi morti” , accorpando le prime fasi della sperimentazione clinica con la giustificazione che la gran parte dei vaccini allo studio si basa su piattaforme preesistenti studiate per altre malattia come l’Ebola o la SARS.
La questione si fa più spinosa e delicata quando si propone di accorciare i tempi della sperimentazione dalla Fase 3, quella che coinvolge decine di migliaia di volontari. In Cina e probabilmente anche in Russia si è aggirato questo ostacolo sottoponendo i dati di una sperimentazione ridotta a modelli matematici che dovrebbero stimare gradi di efficacia e sicurezza.
Molte aziende hanno già iniziato a produrre i vaccini con la terza fase di sperimentazione ancora in corso per essere già pronte a rifornire i servizi sanitari una volta ottenuta l’autorizzazione dalle agenzie regolatorie dei singoli paesi.
La questione è che i tempi che occorrono per dichiarare un vaccino non soltanto sicuro, ma efficace rispetto ad un placebo non possono essere contratti eccessivamente, pena il rischio di introdurre nel mercato un prodotto non sufficientemente testato.
Nella sperimentazione di Fase 3 devono essere coinvolti decine di migliaia di persone, vaccinarle con una prima dose e successivamente dopo 20 giorni con un richiamo. Poi occorre aspettare un tempo sufficiente per verificare che il gruppo di volontari vaccinati si è effettivamente infettato meno del gruppo di controllo a cui è stato somministrato un placebo.
Qualcuno ha ipotizzato di sottoporre i volontari, per tagliare ulteriormente i tempi, all’inoculazione del virus SARS-Cov-2 per verificare se essi sono effettivamente protetti. Al di la delle evidenti questioni etiche che questa scorciatoia comporterebbe, questo espediente sarebbe gravato dai dubbi che un contagio artificiale ed indotto aprirebbe rispetto ai risultati attesi.
Tutti gli espedienti tesi ad accorciare oltre misura i tempi necessari per mettere a punto un vaccino potrebbero avere conseguenze indesiderate a medio e lungo termine. Una su tutte aumentare l’area di consenso dei NO VAX che potrebbero agitare lo spettro di un vaccino approvato troppo in fretta e pertanto potenzialmente insicuro.
Eventuali reazioni avverse anche di natura non gravissima costituirebbero quindi un effetto boomerang di cui la sanità pubblica non ha certamente bisogno. Inoltre un gruppo di esperti dell’OMS, in una pubblicazione su “Lancet” ha poi sottolineato come un vaccino sicuro, ma poco efficace, potrebbe aggravare la pandemia di Covid19, invece di circoscriverla. Questa eventualità ingenererebbe un senso di falsa sicurezza sia nelle autorità politiche e sanitarie che potrebbero intempestivamente allentare le restrizioni sociali, sia i per i vaccinati che godrebbero di un falso senso di immunità al virus.
In conclusione la corsa globale al vaccino, in un clima di cooperazione internazionale è certamente una cosa buona e rappresenta una sfida da vincere per arrestare la pandemia di Covid19 e quelle che inevitabilmente seguiranno, ma senza rinunciare ai tempi necessari per la messa a punto di un vaccino sicuro ed efficace.
Fonte: Le Scienze, edizione cartacea, ottobre 2020