I virus sono l’entità biologica più diffusa del nostro pianeta presenti in oltre 100
milioni di tipologie differenti, si trovano ovunque, nelle zone più inospitali del
nostro pianeta, nell’oceano più profondo, nei ghiacci del Polo e in ogni essere
vivente, uomini, piante, animali, funghi, batteri.
Nella stragrande maggioranza sono piccolissimi, oscillano da poche decine ad alcune centinaia di nanometri. Per avere un’idea di cosa significhi, un nanometro è un’unità di misura di lunghezza pari a 10−9 metri (cioè un miliardesimo di metro, pari ad un milionesimo di millimetro). Un batterio nei confronti di un virus tipico è un gigante che può arrivare a 30 μm circa 0,03 millimetri.
Nel luglio del 2013 però un equipe di scienziati francesi guidata da Jean-Michel Claverie e da sua moglie Chantal Abergel, dell’Université d’Aix-Marseille ha scoperto una classe di virus dalle dimensioni “gigantesche”. La coppia di virus scoperta arriva al micron di lunghezza e per il numero di basi del loro genoma, rispettivamente a 1,9 e 2,5 milioni di basi.
Una decina di anni prima erano stati scoperti i Mimivirus, le cui dimensioni fisiche e genetiche già rivaleggiavano con quella di molti batteri. Questa scoperta aveva indotto gli scienziati a rivedere i limiti superiori del mondo virale. Gran parte della comunità scientifica riteneva però che i circa 900 geni identificati in questi virus fossero acquisizioni casuali dalle cellule in cui era avvenuta la riproduzione del virus. Jean-Michel Claverie, uno dei sequenziatori dei Mimivirus però non era convinto di questa conclusione.
Aveva quindi cominciato una vera e propria caccia di altri virus giganti negli ambienti in cui era stato identificato Mimivirus, i sedimenti marini e lacustri. Claverie ed il suo team hanno così identificato diversi virus giganti, fino a scoprire quasi contemporaneamente due nuovi microrganismi da record: Pandoravirus salinus, trovato nei sedimenti della foce del fiume Tunquen in Cile, e Pandoravirus dulcis, ancora più grande, nei fondali di un
laghetto di acqua dolce nei pressi di Melbourne.
I due “super virus” a prima vista, sia per le dimensioni che per l’assenza di capside, possono essere scambiati per batteri ma ad un attento esame ai microscopi ottici ed elettronici rivelano senza alcun dubbio la loro origine virale.
Una delle caratteristiche che rendono particolarmente interessanti i giganteschi Pandoravirus è il fatto che la maggior parte dei loro geni non compare in alcun database, il che non solo rafforza l’ipotesi che i virus giganti discendano da cellule a vita libera che a poco a poco hanno perso la maggior parte dei geni in seguito a un parassitismo
sempre più spinto, ma suggerisce anche che abbiano avuto origine da una stirpe
cellulare primitiva totalmente diversa da Archea, Bacteria e Eukarya.