E’ il 1910, Mileva Maric è incinta del secondo figlio di Albert Einstein. Il loro matrimonio sta scivolando sempre di più verso una crisi profonda ed irreversibile. Mileva che ha sacrificato le proprie aspirazioni di carriera scientifica per dedicarsi al marito ed alla famiglia, è da tempo esclusa dalle discussioni scientifiche con Albert.
La condivisione delle intuizioni e delle scoperte del marito erano stati gli antidoti al sacrificio fatto per amore, ma da tempo ormai Albert ha scelto altri interlocutori per parlare delle sue visioni sulla natura dell’universo. Il genio tedesco non brilla per empatia e non riesce a comprendere la strisciante depressione che avvolge sempre di più Mileva.
Verso la metà del 1910 gli arriva l’invito a candidarsi ad una cattedra come professore ordinario all’Università di Praga. Lo stipendio è allettante. Praga, all’epoca, appartiene all’Impero austro-asburgico, è una città sporca, dall’acqua imbevibile, con una minoranza tedesca che egemonizza la vita politica, sociale e culturale della città, detestata dalla maggioranza ceca (odio cordialmente ricambiato). Cechi e tedeschi sono uniti a loro volta nell’odio verso gli ebrei.
Mileva non vorrebbe trasferirsi a pochi mesi dal parto, ma Einstein non tiene in considerazione i suoi timori e decide di candidarsi. La sua raccomandazione è caldamente raccomandata da Max Planck.
Il Ministero dell’Istruzione di Vienna esige una rosa di candidati dall’Università di Praga e nonostante il fatto che per curriculum e raccomandazioni Albert sia il primo dell’elenco, non vuole affidare la cattedra ad un ebreo, viene quindi scelto il secondo classificato Gustav Jaumann. Nel frattempo gli studenti dell’Università di Zurigo presso la quale insegna Einstein si mobilitano affinchè l’università “faccia di tutto per trattenere un cosi eminente studioso e docente”. In seguito ad una loro petizione, l’Università di Zurigo aumenta lo stipendio di Einstein da 4500 a 5500 franchi.
Quando ormai Einstein pensa di consolarsi con questo ritocco dello stipendio avviene un colpo di scena. Jaumann viene a sapere di essere stato selezionato come seconda scelta e questo lo fa imbufalire a tal punto che rifiuta la cattedra dell’Università di Praga.
La strada sembra spianata per il genio di Ulma, ma ironia della sorte, si profila un nuovo intoppo alla sua assunzione.
Prima era stato il suo essere ebreo a stopparlo, adesso la mancanza di una scelta religiosa! Si perchè per la burocrazia austro-ungarica ogni impiegato statale doveva dichiarare l’appartenenza ad una fede religiosa. Einstein era non credente ma per ottenere il posto tanto agognato, con il pragmatismo che tante volte nel corso della sua vita l’avrebbe contraddistinto, si dichiarò di fede “mosaica”! Le forche caudine non erano comunque terminate ed Albert fu costretto anche a prendere la cittadinanza austro-ungarica pur conservando anche quella svizzera.
E finalmente nel gennaio del 1911 gli veniva assegnata la tanto sospirata cattedra con uno stipendio di ben 9000 marchi tale da consentire alla famiglia Einstein di affittare un lussuoso appartamento e prendere a servizio una domestica che aiutasse Mileva.
Come tutto l’Impero austro-ungarico in quegli anni Praga era come una bomba ad orologeria, sembrava sul punto di scoppiare.
Come al solito Einstein si immerse totalmente nel suo lavoro e risenti’ poco di una città in cui il 5% della popolazione di origine tedesca pretendeva di dettar legge al 95% di cechi.
Inoltre Albert la cui fama si era propagata immensamente dopo il 1905 viaggiava spesso, tenendo conferenze in tutta Europa. Nel 1911 partecipò al Primo congresso organizzato dal ricco industriale belga Ernest Solvay dedicato alla “teoria dell’irraggiamento ed i quanti”.
Mileva che nel luglio del 1910 aveva dato alla luce il secondo figlio di Einstein Eduard, si trova sempre più spesso sola, depressa, con due bambini da accudire ed una profonda insoddisfazione unita ad una depressione sempre più cupa.
I due coniugi sono sempre più lontani ed è in questa situazione che Albert, a Pasqua del 1912, in visita a Berlino, incontra dopo tanti anni, sua cugina Elsa Einstein.
Elsa è una donna profondamente diversa da Mileva: tranquilla, desiderosa di prendersi cura di un uomo, amante della cucina. Una donna semplice ma rasserenante, niente a che vedere con la brillante, umorale e turbolenta Mileva.
Tra i due scocca la scintilla, Albert le scrive tornato a Praga ”Devo avere qualcuno da amare, altrimenti la vita è penosa. E quel qualcuno sei tu”.
Successivamente conscio forse di quanto fosse in bilico il suo matrimonio Einstein scrisse ad Elsa dicendole che non potevano continuare la loro relazione. Nel luglio del 1912 Albert anche per le pressioni di Mileva lascia Praga e torna ad insegnare a Zurigo non senza aver fatto sapere ad Elsa il suo nuovo indirizzo.
E fu cosi che nel marzo del 1913 Elsa scrisse con un pretesto ad Albert e la loro relazione riprese come se non si fosse mai interrotta. Mileva scoprirà la tresca e dopo una serie di conflitti che finirono con l’incrinare anche il rapporto di Albert Einstein con i suoi stessi figli, ricevette una lettera di condizioni che lei avrebbe dovuto accettare se voleva salvare il loro matrimonio. Le condizioni che Albert Einstein decise di imporre a sua moglie, stando a ciò che attesta la studiosa Radmila Milentijević, erano un’umiliazione totale. Mileva Marić le respinse tutte e diede ufficialmente inizio alla procedura di divorzio.