Giove viene considerato il pianeta più bello del nostro sistema solare ma sono molti i misteri che ancora riserva agli studiosi; uno di questi sono i cosiddetti “hot spot” della sua atmosfera, i quali sono regioni quasi totalmente prive di nubi dalle quali il calore interno può essere emesso liberamente senza che esso sia assorbito dalla copertura nuvolosa, che avvolge il pianeta.
Finestre da cui osservare gli strati più profondi dell’atmosfera
I risultati delle osservazioni di Juno, la quale dal 2016 orbita attorno a Giove, sono stati presentati lo scorso 11 dicembre durante la conferenza autunnale dell’American Geophysical Union, tenutasi quest’anno in modalità virtuale.
La sonda ha completato il suo 29° passaggio scientifico ravvicinato attorno al gigante gassoso e Scott Bolton, ricercatore presso il Southwest Institute di Sant’Antonio e uno dei responsabili del progetto, ha spiegato che i pianeti giganti hanno atmosfere profonde senza una base solida o liquida come la Terra e per capire cosa succede negli strati più bassi di esse è necessario guardare attraverso lo strato di nubi che le avvolge e, a questo scopo, le osservazioni della sonda Juno sono fondamentali perché forniscono indizi su vecchi misteri irrisolti e inducono gli studiosi a porsi domande nuove.
Le sue rilevazioni mostrano che l’intera fascia nord equatoriale è generalmente molto secca e ciò porta a pensare che gli hot spot non siano un fenomeno isolato e che caratterizzino un’ampia regione dell’atmosfera gioviana, più secca e calda in paragone ad altre.
I fulmini di Giove
Essi, inoltre, sono associati a “spiragli” nei banchi di nuvole, da dove è possibile lanciare uno sguardo verso le pieghe più profonde dell’atmosfera del pianeta; inoltre gli hot spot sono affiancati da nuvole e tempeste attive, le quali alimentano scariche elettriche nell’alta e fredda atmosfera di Giove,
Tristan Guillot è un altro ricercatore impegnato nel progetto relativo alla sonda Juno e lavora presso l’Université Côte d’Azur a Nizza, in Francia; egli ha spiegato che nella parte superiore dell’atmosfera del pianeta si notano i fulmini superficiali, i quali sono formati da nuvole costituite da ammoniaca e acqua, le quali danno origine anche alla formazione di grandine ammoniacale, denominata dai ricercatori “mushballs“.
Queste palline di grandine sono costituite da strati di fanghiglia composta da una miscela di acqua per 2/3 e di ammoniaca per 1/3. La ricopertura è costituita semplicemente da uno spesso strato ghiacciato.
L’ammoniaca si “nasconde” a Juno
Bolton ha spiegato che l’ammoniaca in realtà non manca negli strati più profondi dell’atmosfera di Giove, come si è ipotizzato fino ad adesso dalle analisi dei dati forniti dalle varie sonde, che, nel tempo, si erano avvicinate a Giove; in realtà essa è trasportata in profondità da questa grandine; quando tali chicchi diventano pesanti e ricadono nell’atmosfera apparentemente si determina un’ampia area priva di ammoniaca ed acqua. Questa circostanza si spiega con il fatto che quando l’acqua e l’ammoniaca sono in uno stato liquido sono invisibili agli strumenti delle sonde terrestri; le due sostanze diventano di nuovo visibili allo “sguardo” di Juno solo quando i chicchi si sciolgono ed evaporano ritornando allo stato gassoso.
Un nuovo ciclone osservato da Juno
Juno ha osservato anche un fenomeno legato ai cicloni che caratterizzano il polo sud del pianeta; la sonda della Nasa ha osservato un vortice, mai osservato prima, più piccolo di tutti gli altri, il quale è parso volersi unire agli altri, ma il suo tentativo non è riuscito ed è stato respinto e alla fine si è dissolto.
I cicloni del polo meridionale di Giove sono un mistero che gli studiosi stanno cercando di comprendere utilizzando anche alcuni modelli informatici.
La sonda Juno continuerà a orbitare attorno a Giove per 37 orbite pianificate del pianeta e continuerà a raccogliere dati sempre più importanti per scoprire maggiori caratteristiche di questo luogo straordinario.