Il processo di fossilizzazione è un incessante processo di decadimento, compressione ed erosione che può richiedere milioni di anni e favorisce la conservazione di materiale resistente come ossa, denti e conchiglie.
Eppure, con un po’ di resina degli alberi e molta fortuna, delicate parti di piante e minuscole creature a volte possono durare per decine di milioni di anni mentre la resina si pietrifica e si trasforma in ambra, preservando ciò che è rimasto intrappolato al suo interno, di solito insetti, muffe e persino piccoli dinosauri, in una capsula del tempo color oro.
Un team di ricercatori ha recentemente riscoperto un’inclusione di ambra particolarmente sbalorditiva nascosta in una collezione museale trascurata per 150 anni: un fiore fossilizzato di quasi 40 milioni di anni.
Questo fiore fulvo, che sembra appena strappato da un bouquet, è il fiore più grande mai trovato nell’ambra, come riferisce il team in un nuovo studio pubblicato su Scientific Reports. Il fiore è così ben conservato che i ricercatori sono stati in grado di identificare i suoi discendenti floreali che ora risiedono a un continente di distanza.
La straordinaria scoperta proviene dalla regione intorno al Mar Baltico, uno dei principali hotspot di ambra del mondo grazie alle vaste foreste di conifere resinose che un tempo ricoprivano l’area. Durante il tardo Eocene, tra 38 milioni e 34 milioni di anni fa, da uno di questi alberi trasudò un globo di resina appiccicosa che, colando giù, intrappolò il fiore.
Con un diametro di poco più di 2,5 centimetri, il fiore fossilizzato potrebbe non sembrare particolarmente grande ma è circa tre volte più grande della maggior parte dei fiori rinvenuti conservati in ambra e più grande di quasi la metà di tutti gli altri pezzi di ambra baltica. Secondo la coautrice dello studio, Eva-Maria Sadowski, paleobotanica del Museo di Storia Naturale di Berlino – Istituto Leibniz per l’Evoluzione e la Scienza della Biodiversità, i fiori grandi si trovano raramente nell’ambra perché è necessaria una notevole effusione di resina per racchiudere l’intero fiore. “I fiori ritrovati nell’ambra di solito sono piuttosto piccoli“, dice.
Il fossile oggetto dell’articolo è stato scoperto nel XIX secolo. Il fiore, originariamente chiamato Stewartia kowalewskii nel 1872, fu messo in una teca di vetro ionsieme a altri esempi di resina di alberi moderni e poi dimenticato. Secondo George Poinar Jr., un entomologo della Oregon State University, specializzato nello studio di insetti e piante sepolti nell’ambra, la semplice esistenza del fiore oggi è degna di nota. “All’epoca furono ritrovati e descritti molti fiori racchiusi nell’ambra, ma la maggior parte andò persa durante le guerre [mondiali]“, dice Poinar, che non è stato coinvolto nel nuovo studio.
Sadowski racconta che un collega in pensione l’ha avvertita che uno degli esemplari di ambra nella collezione dell’Istituto federale per le geoscienze e le risorse naturali in Germania conteneva un fiore straordinariamente grande. Sadowski ha subito capito che si trattava di qualcosa di speciale e ha colto al volo l’opportunità di riesaminare uno di questi esemplari storici con una tecnologia all’avanguardia.
I fragili organi riproduttivi del fiore erano così ben conservati che il suo team è stato in grado di estrarre granelli di polline intatti con un bisturi. Sotto un microscopio elettronico a scansione, i granelli di polline, che assomigliano a punte di freccia gonfiate, ricordano il polline di minuscoli alberi e arbusti attualmente esistenti in Asia che appartengono al genere Symplocos. Oggi questi alberi sempreverdi si trovano nelle foreste umide di alta quota e producono fiori gialli o bianchi.
Per riflettere l’identità appena scoperta di questo antico fiore, i ricercatori hanno proposto di ribattezzarlo Symplocos kowalewskii, rendendolo il primo esemplare di un’antica pianta Symplocos conservata nell’ambra baltica.
Basando le loro conclusioni sui parenti moderni di questo albero, i ricercatori ritengono che sarebbe stato a suo agio tra le conifere nel clima caldo che la regione baltica ha sperimentato durante l’Eocene. Sadowski pensa che ogni nuova pianta aiuti a mettere a fuoco questa antica foresta. “Vedo ogni esemplare come un pezzo del puzzle per acquisire maggiori conoscenze sull’intera foresta“, conclude.