Estrarre energia da buchi neri ruotanti

Verificati i principi fisici alla base del Processo di Penrose, progetto attraverso il quale il fisico, nel 1969, ipotizzò l'estrazione di energia da buchi neri ruotanti

0
7267

Un buco nero in rotazione è dotato di una tale forza che trascina con sé il tempo e lo spazio che lo circondano. Pertanto, è naturale chiedersi se i buchi neri possano essere utilizzati come una sorta di sorgenti di energia. Nel 1969, il fisico matematico Roger Penrose propose un metodo per rispondere a questa domanda, noto come il Processo di Penrose.

Questo metodo potrebbe essere utilizzato da civiltà avanzate (alieni o futuri umani) per accumulare energia, creando delle bombe di buchi neri. Il problema è che una buona parte della fisica necessaria per dare vita a questo fenomeno non è stata ancora verificata sperimentalmente. Lo scorso mese di giugno, nella rivista Nature Physics, è stato pubblicato uno studio, effettuato presso la School of Physics and Astronomy della Università di Glasgow il Wyant College of Optical Sciences – University of Arizona, che espone la fisica sottostante al processo sotto osservazione.

Intorno al suo orizzonte degli eventi (il confine attorno a un buco nero oltre il quale nulla, nemmeno la luce, riesce a uscire fuori), un buco nero genera una regione chiamata ergosfera. Se un oggetto cade dentro la ergosfera dividendosi – con una parte che vi cade dentro e un’altra che se ne allontana – la parte che sfugge effettivamente guadagna energia a spese del buco nero. Pertanto, mandando degli oggetti o un fascio di luce nei pressi di un buco nero in rotazione, è possibile trarne una quantità di energia.

Ci si chiede però se questa teoria abbia un fondamento valido. Nel 1971, il fisico russo Yakov Zel’dovich provò ad adattare questa teoria su altri sistemi in rotazione che potevano essere testati sulla Terra. Quindi il buco nero diventò un cilindro ruotante, costituito da un materiale in grado di assorbire energia.

Zel’dovich ipotizzò che le onde di luce potessero estrarre energia dal cilindro e quindi amplificarsi. Affinché l’amplificazione abbia effetto, però, queste onde di luce devono essere dotate di un momento angolare, che le faccia ruotare come delle spirali.

Quando queste onde di luce spiraleggianti colpiscono il cilindro, la loro frequenza dovrebbe subire una variazione a causa dell’effetto Doppler, un fenomeno che si manifesta quando, per esempio, si ascolta un’ambulanza. Man mano che l’ambulanza si avvicina a un punto fermo, il tono diventa sempre più alto, mentre esso decresce man mano che si allontana dal punto – la direzione del tragitto altera l’intensità del suono. Allo stesso modo, le variazioni della velocità di rotazione alterano la frequenza percepita di un’onda di luce.



Se il cilindro ruota abbastanza velocemente, la frequenza d’onda alterata dovrebbe assumere valori così piccoli da diventare negativa (ovvero, che l’onda ruota nella direzione opposta).

Le onde con frequenza positiva dovrebbero essere in parte assorbite dal cilindro, perdendo energia. Ma le onde con frequenza negativa trasformerebbero questa perdita in un guadagno di energia e quindi essere amplificate dal cilindro. Esse quindi dovrebbero estrarre energia dalla rotazione, così come ipotizzato da un oggetto che sfugge dal buco nero di Penrose.

Per testare la teoria di Zel’dovich è necessario che gli oggetti considerati ruotino con una frequenza simile a quella delle onde, se non addirittura più alta. Per amplificare onde di luce visibile, che oscillano con una frequenza di centinaia di miliardi di volte al secondo, è necessario far ruotare un oggetto miliardi di volte più veloce di qualunque cosa sia possibile ai giorni nostri.

La svolta

La luce viaggia a circa 300 milioni di metri al secondo. Quindi, per agevolare il test della teoria, si è scelto di utilizzare delle onde sonore, che viaggiano con una velocità inferiore di circa un milione di volte, e pertanto non è necessario che l’oggetto assorbente ruoti così velocemente.

Per creare un’onda sonora spiraleggiante, è stato utilizzato un anello di altoparlanti, ognuno emittente il suono con la stessa frequenza, ma partendo a tempi leggermente differenti, in modo che il suono seguisse una spirale. Come materiale assorbente è stata utilizzata della schiuma fonoassorbente collegata a un motore. Sono stati quindi inseriti dei microfoni dentro questa schiuma, in modo da poter registrare il suono subito dopo la sua interazione con l’assorbente in rotazione.

Si è scoperto che quando la schiuma ruota lentamente (a bassa frequenza), viene registrato un suono più basso perché lo stesso viene assorbito dalla schiuma. Ma quando si è fatta ruotare la schiuma abbastanza velocemente da far sì che la frequenza delle onde sonore subisse uno spostamento Doppler, tale da diventare negativa, il suono è notevolmente aumentato.

L’unica spiegazione di questo risultato è che l’onda sonora abbia acquisito energia dall’assorbente in rotazione, fornendo finalmente la prova di una teoria proposta 50 anni addietro.

Bomba di buco nero

Ovviamente tutto questo non significa che l’idea di Penrose per l’estrazione di energia si possa effettivamente applicare a un buco nero. Piuttosto, gli esperimenti verificano l’esistenza di una fisica di fondo controintuitiva, mostrando che lo spostamento di frequenze d’onda da positive a negative si traduce in un guadagno, piuttosto che in una perdita, di energia.

Anche se ancora non siamo per niente vicini alla possibilità di estrarre energia da un buco nero in rotazione, ciò non esclude che tale obiettivo possa essere raggiunto da una civiltà molto avanzata – o dalla nostra stessa civiltà in un futuro comunque distante. Una tale civiltà dovrebbe essere in grado di costruire una sorta di bomba di buco nero, interamente attorno al buco nero con un guscio a specchio riflettente. La luce che brilla nel buco nero sarebbe ritornata amplificata, e quindi riflessa dallo specchio verso il buco nero, per essere nuovamente amplificata e così via.

Si avrebbe un ciclo di esplosioni, avanti e indietro, che andrebbe a generare una crescita esponenziale di energia. Lasciando uscire una parte di questa luce amplificata dal guscio attraverso un foro, sarebbe possibile controllare il processo e produrre continuamente energia.

Sebbene per il momento tutto ciò si possa considerare fantascientifico, in un futuro molto lontano, quando l’universo sarà quasi morto e gli unici residui di galassie e stelle saranno i buchi neri, questo metodo potrebbe essere l’unica speranza di sopravvivenza per qualunque civiltà. Questa sarebbe l’unica grande sorgente di energia che permetterebbe all’universo di splendere; l’alternativa sarebbe il buio più completo!

Fonte: space.com

2