Sentiamo spesso raccontare che Eva, la prima donna descritta nella Bibbia avrebbe colto e mangiato una mela dall’albero della conoscenza, ma è stato proprio il furto di questo “frutto proibito” a scatenare l’ira di Dio? Sembra che la mela sia la risposta sbagliata, vediamo perché.
In realtà la Bibbia ebraica non menziona quale tipo di frutto mangiarono i nostri progenitori biblici. Non sappiamo quale frutto consumarono Adamo ed Eva, spiega il rabbino Ari Zivotofsky, professore di neuroscienze dell’Università israeliana di Bar-Ilan.
La scena al centro del peccato originale è descritta nella Genesi, il primo libro della Bibbia ebraica, poco dopo che Dio proibisce ad Adamo di mangiare “dell’albero della conoscenza”. Un serpente nel giardino, tuttavia, convince Eva a cibarsi del frutto proibito che avrebbe svelato agli uomini le conoscenze divine.
“Quando la donna vide che l’albero era buono da mangiare e una delizia per gli occhi, e che l’albero era desiderabile come fonte di saggezza, prese dei suoi frutti e mangiò. Ne diede anche un po’ a suo marito, e lui mangiò”(Genesi 3: 6), secondo la traduzione della Jewish Publication Society su Sefaria.org.
Come spiega Zivotofsky il frutto proibito che compare nel racconto biblico viene descritto solo come “il frutto dell’albero”. Nel libro della Genesi non compare nessun’altra spiegazione, non viene specificato il tipo di albero e tanto meno il frutto della discordia.
Zivotofsky offre una spiegazione, la parola ebraica usata in quel verso è “peri”, una parola generica per descrivere un frutto sia nell’ebraico biblico che in quello moderno. La parola ebraica moderna utilizzata per mela, “tapuach”, d’altra parte, non viene citata da nessuna parte nel libro della Genesi o nei primi cinque libri della Bibbia ebraica, conclude Zivotofsky.
La parola mela fa la sua comparsa in altri testi biblici successivi. In epoca biblica, “tapuach” era la parola utilizzata per descrivere un frutto generico. Quindi, se il frutto proibito non era una mela, quale frutto mangiarono Adamo ed Eva per saziare la loro voglia di conoscenza?
I rabbini che commentano la Bibbia ebraica nel Talmud, una raccolta di insegnamenti rabbinici, leggi bibliche, e altri scritti completati intorno al 500 d.C., hanno trovato diversi indizi sull’identità del frutto proibito, ma la mela non compare tra di essi, sottolinea Zivotofsky.
I rabbini hanno definito il frutto un fico, perché nella Bibbia ebraica Adamo ed Eva, accorgendosi di essere nudi dopo aver mangiato dall’albero della conoscenza, usarono le foglie di un fico per coprirsi. O forse, hanno scritto alcuni rabbini, era grano, poiché la parola ebraica per grano, “chitah”, è simile alla parola per peccato, “cheit”.
L’uva, o il vino ottenuto dall’uva, sono un’altra possibile soluzione al mistero. Oppure, i rabbini accennano al cedro o “etrog” in ebraico, un frutto agrodolce simile a un limone usato durante la festa autunnale ebraica di Sukkot, una celebrazione del raccolto in cui gli ebrei realizzano abitazioni temporanee.
Come mai allora, visto che la mela non viene mai citata come frutto proibito nei testi antichi, è diventata cosi predominante? Le mele infatti non sono originarie del Medio Oriente, ma dal Kazakistan nell’Asia centrale. Tuttavia, l’interpretazione probabilmente non ha avuto origine nella tradizione ebraica, ha spiegato Zibotofsky.
Il mistero del frutto proibito
Forse, la leggenda che identifica la mela come “il frutto proibito”, iniziò a Roma nel 382 d.C., quando papa Damaso I chiese a uno studioso di nome Girolamo di tradurre la Bibbia in latino.
Girolamo, secondo Robert Appelbaum, professore emerito di letteratura inglese dell’Università di Uppsala in Svezia e autore di “Aguecheek’s Beef, Belch’s Hiccup, and Other Gastronomic Interjections “(University of Chicago Press, 2006), tradusse l’ebraico “peri” nel latino “malum”.
La parola malum in latino si traduce nella parola che in inglese, significa mela, e veniva utilizzata per qualsiasi frutto con semi e polpa. Era quindi un termine generico per indicare qualsiasi tipo di frutta.
La parola mela, o apple in inglese, mantenne questo significato generico fino al XVII secolo. Girolamo probabilmente scelse la parola “malum” per indicare il frutto proibito, perché la stessa parola poteva essere utilizzata per “male”, ha spiegato Appelbaum.
Quindi, l’utilizzo di malum è un gioco di parole riferito al frutto associato al primo grande peccato commesso dagli esseri umani, con una parola che ha sostanzialmente lo stesso significato.
A far entrare nell’immaginario collettivo la mela come sinonimo di frutto proibito hanno contribuito dipinti e ricostruzioni artistiche del Giardino dell’Eden. Nell’arte, a differenza della scrittura, un frutto non può essere generico, ha detto Appelbaum. “Gli artisti, più che gli scrittori, dovevano dare un significato alla parola”.
Tuttavia gli artisti non sempre dipingevano una mela, ad esempio, nelle rappresentazioni artistiche della “Caduta dall’Eden” raffiguravano il frutto proibito come un cedro, nell’opera di Hubert e Jan van Eyck del 1432 “Pala di Gand”, come un’albicocca in “Eve Tempted by Serpent” di Defendente Ferrari, del 1520-25 e come una melagrana in “la caduta dell’uomo” di Peter Paul Rubens, del 1628-29.
Anche nel XVI secolo la mela era considerata “il frutto proibito” di biblica memoria. Nel 1504, un’incisione del pittore tedesco Albrecht Dürer e un dipinto del 1533 di un’altro pittore tedesco Lucas Cranach il Vecchio, raffiguravano il frutto come una mela. Nel poema epico “Paradise Lost”, pubblicato per la prima volta nel 1667, il poeta inglese John Milton usa due volte la parola “mela” riferendosi al frutto proibito.
Ma la mela di “Paradise Lost” era davvero il frutto a cui ci riferiamo oggi, o era un frutto carnoso generico con i semi nel mezzo? Secondo Appelbaum, esistono dei dubbi al riguardo.
Milton descrisse la “mela” dopo che Eva ne prese un morso, “come estremamente succosa, dolce e ambrosiane”. “Aggettivi che si riferiscono alle pesche”, ha spiegato Appelbaum.
Il Franken-albero, un moderno albero innestato che produce 40 tipi di frutti, non esisteva ai tempi biblici, ma se fosse esistito all’epoca avrebbe potuto chiarire meglio il mistero.