Davvero siamo soli nell’universo? Forse cerchiamo nel modo sbagliato – video

Sessant'anni dopo la sua formulazione il Paradosso di Fermi è ancora senza risposta. Siamo davvero soli nell'universo o, forse, stiamo sbagliando qualcosa?

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Sono ormai molti decenni che cerchiamo di dare una risposta all’iconica domanda posta, quasi per gioco, dal grande scienziato Enrico Fermi ma, la nostra ricerca, fatta di ascolto ed osservazioni, ha finora trovato solo cieli silenziosi: nessuna risposta, nessun segnale artificiale, diretto a noi o no, è mai giunto, per quanto ne sappiamo, alle orecchie elettroniche dei nostri radiotelescopi.
Perché non troviamo gli alieni? Forse non stiamo guardando abbastanza bene? Ma allora, “dove sono tutti quanti?“.
Siamo quindi soli nell’universo? Il Paradosso di Fermi è davvero destinato a rimanere una domanda senza risposta? Può darsi, ma uno studio pubblicato qualkche tempo fa suggerisce che, forse, non abbiamo indagato abbastanza a fondo; se tutto lo spazio da esaminare fosse equivalente a tutta l’acqua negli oceani della Terra, il volume esaminato ad oggi sarebbe pari a quello dell’acqua contenuta in una vasca da bagno.

Programmi come il SETI non sono riusciti a rilevare trasmissioni o segnali di certa origine artificiale provenienti dalle stelle (Il famoso segnale “WOW!” merita un discorso a parte). Questa mancanza di segnali fu soprannominata “il Grande Silenzio” dal fisico e scrittore di fantascienza David Brin in un articolo del 1983 pubblicato sul Quarterly Journal of the Royal Astronomical Society.
I ricercatori considerano i radiotelescopi uno strumento ovvio da utilizzare per tali indagini, poiché le onde radio viaggiano facilmente attraverso la polvere interstellare e, in alcune parti dello spettro radio, le interferenze di fondo sono ridotte al minimo. È la cosiddetta “zona cosmica tranquilla“, un’area dello spettro in cui possiamo distinguere più facilmente i segnali più deboli che giungono dallo spazio.
Ma quanta parte del cielo è stata esplorata nella ricerca di segnali radio di origine aliena?
I ricercatori hanno esaminato otto parametri diversi, tra cui la quantità di cielo analizzata, la sensibilità dell’osservatorio e la probabile potenza di un potenziale segnale. La conclusione è stata che, sul totale dell’area di spazio di ricerca possibile in cui un segnale potrebbe nascondersi, le ricerche effettuate dal SETI ne hanno coperto solamente circa un quintillionesimo, che è, di per sé, solo una parte minuscola dell’ampia gamma di potenziali larghezze di banda sulle quali gli scienziati potrebbero cercare.
Gli scarni risultati ottenuti finora supportano coloro che sostengono che “il Grande Silenzio” sia semplicemente un artefatto delle nostre investigazioni limitate. “Radiofari luminosi ed evidenti potrebbero essere abbastanza comuni nel cielo ma potremmo non essercene ancora accorti, perché la nostra ricerca, finora, si è limitata ad una frazione minima del cielo e delle possibilità“.
C’è moltissimo spazio in cui espandere le nostre ricerche e le ricerche del SETI dovranno  estendersi ben oltre le lunghezze d’onda della radio. Gli studi più recenti indirizzano la ricerca di segnali anche nelle bande ottiche, perché alieni intelligenti potrebbero far lampeggiare potenti impulsi laser ottici nell’universo, sia come segnali che come metodo per pilotare astronavi interstellari alimentate da vele solari.
C’è da dire che, anche se cercassimo a fondo sia nelle lunghezze d’onda ottiche che quelle radio, avremmo comunque esplorato solo una piccola parte del potenziale spazio di ricerca. Nel corso della loro storia, eventuali alieni potrebbero essersi imbattuti in molti fenomeni che noi non conosciamo, alcuni dei quali potrebbero essere utili per generare segnali.
C’è ancora molta fisica che non abbiamo ancora decifrato o capito. Se tentassimo di comunicare con un uomo delle caverne utilizzando un walkie-talkie, non riceveremmo alcuna risposta.
Insomma, per risolvere il Paradosso di Fermi occorrerà ancora molta pazienza.