(Adnkronos) – Un intervento salva-mano con l’ausilio di un microscopio robotico ha ridato speranza a un giovane motociclista; l’asportazione di un tumore ovarico di dimensioni record di 19 kg ha evitato il peggio a una donna di 54 anni; un autotrapianto di cornea, allargato a sclera e congiuntiva, ha permesso di ricostruire un occhio vedente da due occhi non vedenti.
Sono solo alcuni degli interventi chirurgici eccezionali eseguiti in Italia – da Nord a Sud – nel corso del 2023, su un totale di 4.200.000 operazioni a fronte delle 4.500.000 del 2019.
“Tutti resi possibili grazie alle équipe formate da chirurghi di ogni specialità, anestesisti, rianimatori, tecnici, radiologi, infermieri – spiega all’Adnkronos Salute Marco Scatizzi, presidente Associazione italiana chirurghi ospedalieri – a conferma che ogni giorno in sala operatoria va in scena il modello di sanità pubblica che vince“.
Lo scorso marzo a Torino grazie a un eccezionale intervento un motociclista di 22 anni ha potuto recuperare la funzione della mano, dopo una lesione del plesso brachiale che gli aveva bloccato il braccio sinistro. Sei mesi prima – settembre 2022 – il giovane ha un incidente: il trauma gli provoca una lesione del plesso brachiale (rete nervosa preposta all’innervazione sensitiva e motoria dell’arto superiore, che controlla i muscoli di spalla, braccio, gomito, polso, mano e dita) con deficit completo del braccio sinistro e l’impossibilità di mobilizzare mano, gomito e spalla.
L’operazione di 8 ore viene eseguita dai microchirurghi della mano e dai neurochirurghi della Città della Salute di Torino che collegano alla radice sana del braccio controlaterale i nervi strappati per reinnervare la muscolatura della mano. In pratica, tagliando il nervo sano alla radice di C7 della colonna vertebrale, il nervo viene fatto passare dietro l’esofago e collegato ai nervi strappati, come se fossero fili della luce.
Così la componente sana potrà ricrescere 1 mm al giorno all’interno dei nervi strappati. In questo modo i nervi sani arriveranno a dare un impulso elettrico alla parte lesionata dandole nuova vita.
Nessuna complicazione post-intervento, durante il quale è stato utilizzato un microscopio robotico a visualizzazione stereoscopica 3D con controllo remoto ‘hand free’ nella sala operatoria della Neurochirurgia universitaria dell’ospedale Cto. Per il recupero della funzione motoria, invece, sono stati necessari molti mesi.
Sempre a marzo e sempre nella città della Mole un anziano di 83 anni è tornato a vedere dopo sei anni di buio, grazie al primo autotrapianto di occhi al mondo eseguito alle Molinette. “Quando mi sono risvegliato e ho iniziato a vedere i contorni delle mie dita e della mano è stato come nascere di nuovo“, sono state le prime parole dell’uomo affetto da due gravi patologie della vista che nel 2017 lo avevano condotto alla cecità.
Il paziente da 30 anni non vedeva più dall’occhio sinistro per una cecità retinica irreversibile e, dal 2013, aveva progressivamente perso la funzione visiva anche dell’occhio destro per una patologia cronica rara. L’occhio destro era stato sottoposto a due trapianti di cornea tradizionali a tutto spessore (con sostituzione della cornea con una cornea sana proveniente da donatore deceduto) entrambi falliti.
Lo scorso marzo, invece, è stato realizzato un autotrapianto dell’intera superficie oculare prelevata dall’occhio sinistro, comprendente la cornea, una parte di sclera e tutta la congiuntiva e le cellule staminali del limbus. In pratica, un terzo dell’occhio sinistro è stato autotrapiantato nell’occhio destro, che quindi è stato ricostruito ed è tornato a vedere.
Nella cardiochirurgia dell’azienda ospedaliera di Padova, l’11 maggio 2023, viene eseguito un trapiantato di cuore fermo ormai da 20 minuti. Si tratta del primo caso al mondo.
In passato era accaduto che fossero stati eseguiti trapianti con cuore “fermo” da pochi minuti. Ma la legge italiana, in questi casi, prescrive che il prelievo da cadavere possa avvenire solo quando il cuore ha cessato l’attività elettrica da almeno 20 minuti. In questo caso, il donatore era un uomo colpito da “morte cardiaca“, con contestuali e irreversibili danni cerebrali tali da rendere vano ogni accanimento terapeutico.
L’uomo era potenzialmente compatibile con un quarantaseienne cardiopatico congenito con due interventi alle spalle, dal 2020 in lista per un trapianto.
Dopo lo stop, il cuore del donatore è stato riperfuso, valutandone la funzionalità; quindi, è stato dato il via all’iter del trapianto.
In piena estate, per la precisione ad agosto, l’Unità operativa complessa di cardiochirurgia del Grande ospedale metropolitano Bianchi – Melacrino – Morelli di Reggio Calabria, ha un bel da fare. I chirurghi sottopongono una donna di 58 anni, affetta da una grave cardiopatia congenita, la tetralogia di Fallot, al quarto intervento su tutte le valvole del cuore: sostituzione della valvola aortica e della valvola mitrale con protesi biologiche nonché la riparazione della valvola tricuspide, tutte severamente insufficienti.
Arrivata in condizioni critiche, in edema polmonare acuto, al pronto soccorso del Gom – spiegano dall’ospedale – era già stata sottoposta negli anni, in diversi centri del Nord Italia, a tre interventi chirurgici in sternotomia (palliazione e correzione della cardiopatia) e a vari tentativi inefficaci di ablazione di fibrillazione atriale permanente con successivo impianto di pace-maker biventricolare e defibrillatore (Crt-D).
A settembre è la volta di un altro eccezionale intervento, questa volta di chirurgia maxillo-facciale all’ospedale San Marco di Catania. E’ stata ‘regalata’ la possibilità di aprire la bocca, dopo sedici anni, a una ragazzina affetta sin dalla nascita dalla rarissima sindrome di Nager, che già nel feto aveva sviluppato un ammasso osseo che aveva praticamente fuso la mandibola al cranio, non consentendo il movimento necessario ad aprire la bocca.
Il complesso intervento – dopo mesi di studio e preparazione – dura 10 ore e vi partecipano i chirurghi maxillo-facciali, chirurghi anestesisti dell’Uos Rianimazione sale chirurgiche e dell’Uoc Chirurgia toracica. Alla ragazza sono state impiantate delle protesi in titanio.
“Sono storie incredibili che fanno notizia – sottolinea Scatizzi – ma è bene ricordare che la chirurgia è quella che salva le vite tutti i giorni grazie alla tecnologica e soprattutto alle professionalità del nostro Ssn, spesso maltrattato ma che invece andrebbe valorizzato. Per noi questi casi sono ‘pane quotidiano’, abbiamo a disposizione esperienza e hi-tech ma per l’intelligenza artificiale siamo in una fase ancora inziale, con un suo impiego ridotto in questo momento”.
A colpire il presidente dei chirurghi ospedalieri “è stato l’intervento per asportare ad una donna un tumore ovarico di 19 kg”.
Questi fatti: nelle prime settimane di aprile una signora di 54 anni si presenta all’osservazione dei ginecologi dell’ospedale Sant’Anna della Città della Salute di Torino per senso di peso e algie addominali. Sapeva di avere una cisti ovarica di 7 cm, apparentemente priva di caratteristiche di malignità, dal 2019. Abituata al dolore, per anni non si era sottoposta ai controlli di routine.
L’équipe di Ginecologia e Ostetricia ricovera la donna con urgenza: indagini imaging e sierologiche confermano la voluminosa massa pelvica di circa 40 cm che occupa l’intero addome, mentre le dimensioni normali di un ovaio di una donna sono di 2-4 cm e di un peso tra i 5 e i 10 grammi. Da qui, la decisione di operare con urgenza, asportando con successo il mega-tumore e salvando la vita della paziente.
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