- Come funziona un computer ibrido biologico
- DishBrain: il predecessore che ha imparato a giocare a Pong
- CL1 e l'efficienza energetica: cervello batte silicio
- Applicazioni mediche: una svolta per neurologia e farmacologia
- Verso l'intelligenza biologica sintetica?
- Disponibilità e modello di business: Wetware-as-a-Service
- Le questioni etiche: coscienza, identità, dolore?
- Conclusione: un punto di non ritorno?
- Post Scriptum – Neuroni in brodo e sogni di eternità
Nel marzo 2025, al Mobile World Congress di Barcellona, la startup australiana Cortical Labs ha presentato il CL1, definito come il primo computer biologico commerciale al mondo. Questo sistema rivoluzionario combina neuroni umani coltivati in laboratorio con hardware in silicio, aprendo la strada a una nuova era della computazione biologica e dell’intelligenza artificiale ibrida.
Grande quanto una scatola da scarpe, il CL1 ospita neuroni umani vivi, che crescono su un chip elettronico grazie a un ambiente di supporto vitale in grado di mantenerli attivi per mesi. Il risultato? Un processore ibrido cervello-computer capace di apprendere, adattarsi e interagire in tempo reale.
Come funziona un computer ibrido biologico
Alla base del CL1 c’è un’interfaccia neurale sofisticata: 59 elettrodi collegano il chip di silicio a una rete neurale reale, coltivata da cellule staminali pluripotenti indotte. Il sistema è in grado di ricevere stimoli elettrici, elaborare informazioni e produrre risposte. È un dialogo continuo tra il biologico e l’artificiale, qualcosa che finora esisteva solo nella fantascienza.
Il sistema è mantenuto in vita da un circuito interno che regola temperatura, ossigenazione e nutrienti, rendendo il computer biologico autonomo e operativo per settimane o mesi.
DishBrain: il predecessore che ha imparato a giocare a Pong
Il CL1 è il successore del celebre DishBrain, un esperimento virale del 2022 in cui neuroni coltivati in vitro riuscirono a imparare a giocare a Pong. Attraverso rinforzi elettrici e feedback ambientali, le cellule hanno mostrato capacità di apprendimento rudimentali, una prova concreta del potenziale delle reti neurali viventi.
L’esperimento ha dimostrato che i neuroni possono apprendere comportamenti e adattarsi, diventando parte attiva di sistemi computazionali.
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Uno dei vantaggi più sorprendenti del CL1 è la drastica riduzione del consumo energetico. Dove un supercomputer richiede centinaia di kilowatt, il CL1 consuma meno di un migliaio di watt per intero rack operativo. Una rivoluzione in termini di efficienza energetica nell’IA e nella simulazione cognitiva.
Questo approccio potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui costruiamo data center, rendendo possibile una potenza di calcolo distribuita su larga scala con consumi sostenibili.
Applicazioni mediche: una svolta per neurologia e farmacologia
Il CL1 apre nuove prospettive anche in ambito clinico. Poiché utilizza neuroni umani reali, può essere impiegato per modellare malattie neurologiche in modo più realistico rispetto ai tradizionali modelli animali o alle simulazioni digitali. Malattie come l’Alzheimer, l’epilessia e le patologie neurodegenerative potrebbero essere studiate in ambienti cellulari vivi e dinamici.
Inoltre, la possibilità di testare farmaci su reti neurali umane reali offre una potenziale accelerazione alla ricerca biomedica.
Verso l’intelligenza biologica sintetica?
Il CL1 rappresenta il primo passo concreto verso ciò che Cortical Labs chiama “intelligenza biologica sintetica“: un’architettura capace di coniugare l’efficienza adattiva della biologia con la precisione del silicio.
Se i computer tradizionali sono macchine rigide, il CL1 inaugura un paradigma dove apprendimento, adattamento ed evoluzione sono biologicamente incorporati.
Disponibilità e modello di business: Wetware-as-a-Service
Cortical Labs ha annunciato che il CL1 sarà disponibile all’acquisto da giugno 2025 al prezzo di circa 35.000 dollari. Per chi non dispone dell’hardware necessario, l’azienda proporrà anche una versione cloud chiamata “Wetware-as-a-Service”. Un’idea che mescola biotech, cloud computing e AI, in un mix mai visto prima.
Le questioni etiche: coscienza, identità, dolore?
L’integrazione di neuroni umani in sistemi digitali solleva però anche interrogativi etici non banali. Cosa succede se una rete neurale diventa troppo complessa? È possibile che percepisca il dolore? Può sviluppare una forma di autocoscienza rudimentale?
Gli scienziati di Cortical Labs affermano che siamo ancora lontani da un simile scenario, ma le implicazioni filosofiche sono reali. Quando la materia vivente entra nel mondo del calcolo, serve una nuova etica della computazione.
Conclusione: un punto di non ritorno?
Il CL1 è più di un esperimento: è il primo tassello di un futuro in cui biologia e tecnologia convergono. Non è solo un nuovo modo di fare calcoli: è un nuovo modo di pensare cosa significhi “intelligenza”.
Siamo all’alba di una rivoluzione, e questa volta… è viva.
Fin qui la notizia… Ora facciamo un breve ragionamento sul suo significato.
Post Scriptum – Neuroni in brodo e sogni di eternità
Il CL1, per quanto straordinario, resta oggi un esperimento. Ma il concetto che porta con sé è grande, enorme, quasi blasfemo: un computer con neuroni umani vivi. Un’idea che suona come una bestemmia per alcuni, come un’illuminazione per altri.
In fondo, cosa stiamo facendo davvero?
Coltiviamo cellule del cervello umano in un liquido nutritivo, le colleghiamo a elettrodi e le costringiamo ad apprendere, rispondere, comportarsi. È un primo passo incerto verso qualcosa che non possiamo ancora comprendere appieno. Una macchina che non solo calcola, ma vive.
Anche se solo per sei mesi.
Anche se solo per giocare a Pong.
Eppure c’è qualcosa di simbolico, quasi rituale: come se stessimo accendendo un piccolo fuoco nel buio della nostra ignoranza biologica, usando frammenti di noi stessi per costruire un pensiero che ci sopravviva.
“Sarei disposto a trapiantare il mio cervello in un computer se significasse continuare a esistere.”
– un uomo, in punto di morte, nel XXI secolo
Non è fantascienza. È una possibilità. Una che inquieta. Una che affascina.
Perché se davvero potremo un giorno trasferire la mente umana in un supporto non biologico, allora l’identità diventerà codice, e il corpo… un’opzione.
Ma c’è anche un’altra via: non caricare la coscienza, ma coltivarla da zero, in laboratorio. Come sta facendo Cortical Labs. E allora sì, i replicanti non saranno cloni. Saranno nuovi esseri. Mezzo vivi, mezzo artificiali. Forse capaci di provare, ricordare, reagire. Forse un giorno… capaci di sognare pecore elettriche.
Il CL1 non è un computer. È uno specchio.
E la cosa più inquietante è che… comincia a guardarci indietro.