Sebbene l’adesione all’Unione Europea non figuri tra le priorità tematiche centrali del dibattito politico canadese in vista delle imminenti elezioni nazionali, un dato emergente dai recenti sondaggi d’opinione suggerisce un’evoluzione significativa nell’atteggiamento dei cittadini del Canada nei confronti del blocco europeo.
Un crescente numero di canadesi manifesta una viva curiosità e un interesse non trascurabile verso la prospettiva, seppur remota, di un’eventuale integrazione nell’Unione Europea.

Un’affinità inattesa
Questo inatteso fermento di interesse sembra trovare una delle sue principali motivazioni nel mutato scenario geopolitico internazionale e, in particolare, nelle crescenti tensioni che hanno caratterizzato le relazioni tra il Canada e il suo storico e potente vicino meridionale, gli Stati Uniti d’America. Le politiche commerciali protezionistiche implementate dall’amministrazione guidata dall’allora presidente Donald Trump, unitamente a una retorica spesso conflittuale e veicolata attraverso i canali dei social media, hanno incrinato la tradizionale solidità dei rapporti transfrontalieri, spingendo una parte dell’opinione pubblica canadese a interrogarsi sulla necessità di esplorare nuove e più affidabili alleanze strategiche a livello globale.
In questo contesto di incertezza e di riconsiderazione degli equilibri internazionali, l’Unione Europea, con il suo peso politico ed economico crescente, emerge come un potenziale polo di riferimento e un’alternativa da valutare con crescente attenzione. La suggestione di un possibile ingresso del Canada come ventottesimo membro dell’Unione Europea, sebbene possa apparire a prima vista insolita data la distanza geografica, sembra fondarsi su un terreno di affinità e di interessi condivisi che vanno oltre la mera convenienza politica contingente.
Nonostante la separazione imposta dall’Oceano Atlantico e dalle migliaia di chilometri che intercorrono tra i due continenti, il Canada e l’Unione Europea condividono un solido nucleo di valori democratici, un forte intreccio di legami economici consolidati nel tempo e, non da ultimo, una comune preoccupazione e un potenziale “terribile mal di testa” derivante dalle politiche e dalle dinamiche introdotte dall’amministrazione statunitense durante la presidenza Trump. Questa convergenza di elementi, che spaziano dalla sfera dei principi politici fondamentali alla realtà delle interdipendenze economiche e alle sfide geopolitiche condivise, contribuisce a rendere meno peregrina l’idea di un possibile avvicinamento strategico tra Ottawa e Bruxelles.
La portavoce capo della Commissione europea, Paula Pinho, pur accogliendo con una punta di divertita curiosità i risultati dei sondaggi canadesi e riconoscendo l’attrattività del modello europeo, ha richiamato l’attenzione su un aspetto fondamentale di natura giuridica. Facendo esplicito riferimento alla terminologia contenuta nell’articolo 49 del Trattato sull’Unione Europea, il quale sancisce che “ogni Stato europeo… può domandare di diventare membro dell’Unione“, si pone una questione dirimente: al di là della mera collocazione geografica, quali sono i criteri che definiscono un paese come “europeo” ai fini dell’ammissibilità all’UE? E, di conseguenza, il Canada, pur condividendo valori e interessi, potrebbe effettivamente qualificarsi in base a tali criteri non strettamente territoriali?
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La prospettiva di Giselle Bosse
La professoressa Giselle Bosse, esperta di sostegno esterno alla democrazia dell’UE presso l’Università di Maastricht, offre una prospettiva illuminante sulla definizione di “europeo”, suggerendo che trascende la mera collocazione geografica per abbracciare piuttosto uno “stato mentale“. Secondo Bosse, la nozione di “Stato europeo” non possiede una definizione giuridica e formale univoca. Rievocando la storia dell’integrazione europea, sottolinea come alcuni Stati membri abbiano giurisdizioni e territori d’oltremare dislocati in regioni distanti dal continente europeo, come i Caraibi, il Pacifico e l’Artico.
Questa realtà storica attesta una flessibilità intrinseca nella concezione di “europeo” ai fini dell’appartenenza all’UE, suggerendo che fattori non strettamente continentali possano essere rilevanti. In questo contesto, Bosse definisce i canadesi come “europei speciali, in un certo senso“, adducendo diverse ragioni a sostegno di questa affermazione. Tra queste, spiccano la loro adesione a un modello di stato sociale affine a quelli europei, i loro sistemi politici e legali che affondano le radici in modelli istituzionali europei e il significativo background di origine continentale di una parte considerevole della popolazione canadese.
Il professor Frank Schimmelfennig, esperto di politica europea presso l’ETH di Zurigo, condivide una visione analoga, inserendosi in un dibattito più ampio e in corso sul significato di “europeo” che va oltre la semplice delimitazione geografica su una mappa del mondo. Commentando la potenziale idoneità del Canada all’adesione all’UE, Schimmelfennig si esprime in termini sorprendentemente positivi.
Egli afferma che “il Canada sarebbe sicuramente idoneo“, motivando questa affermazione con l’argomentazione che, “per molti versi, è probabilmente più vicino ai valori, alle istituzioni e alle politiche europee rispetto a molti degli attuali paesi candidati“. Questa prospettiva suggerisce una valutazione che privilegia la convergenza di sistemi di valori democratici, strutture istituzionali consolidate e orientamenti politici affini come criteri potenzialmente più significativi rispetto alla mera contiguità territoriale.
L’analisi di Schimmelfennig apre dunque uno scenario in cui l’appartenenza all’Unione Europea potrebbe essere concepita in termini più ampi e inclusivi, basandosi su una condivisione di principi e pratiche di governo piuttosto che su vincoli geografici stringenti.
Un’alternativa pragmatica: Il rafforzamento del partenariato economico tra Canada e UE
L’ipotesi, seppur affascinante, di un’eventuale adesione del Canada all’Unione Europea si scontra con una serie di ostacoli di natura procedurale e con delicate dinamiche geopolitiche interne al blocco comunitario. Come sottolineato dalla professoressa Giselle Bosse, “Non credo che ciò sia fattibile nel breve termine, a causa delle procedure, dello stato dell’Unione e dell’allargamento“. Il processo di adesione all’UE è notoriamente lungo e complesso, implicando il rispetto di rigorosi criteri economici, politici e giuridici, nonché la negoziazione di numerosi capitoli tematici.
Inoltre, l’Unione Europea si trova attualmente ad affrontare sfide interne significative e un dibattito in corso sul futuro del suo allargamento, con diversi paesi che attendono da anni, se non decenni, di poter entrare a far parte del blocco. In questo contesto, dare un via libera all’adesione del Canada potrebbe generare frustrazione e risentimento in paesi come la Turchia, che da tempo nutrono ambizioni di adesione e si trovano in una lunga e spesso travagliata fase di negoziato. Un’accelerazione improvvisa per un paese geograficamente distante come il Canada potrebbe essere percepita come un trattamento preferenziale e minare la credibilità e l’equità del processo di allargamento agli occhi dei paesi candidati di lunga data.
In considerazione delle complessità e delle potenziali resistenze a un’adesione a pieno titolo, alcuni esperti, come Bond, suggeriscono una via più pragmatica e percorribile per rafforzare i legami tra il Canada e l’Unione Europea: il miglioramento e l’approfondimento dell’attuale accordo di partenariato economico. Questa strategia permetterebbe al Canada di beneficiare di una maggiore integrazione economica con il mercato unico europeo, senza dover affrontare le sfide politiche e procedurali connesse all’adesione.
Sembra che le autorità canadesi abbiano già intrapreso passi concreti in questa direzione. La recente visita del nuovo Primo Ministro Mark Carney in Francia, avvenuta il 17 marzo, con il suo primo viaggio all’estero incentrato su Parigi, testimonia la volontà di Ottawa di intensificare i legami con l’UE in settori chiave come l’economia, la difesa e il commercio, attraverso discussioni dirette con figure di spicco come il Presidente francese Emmanuel Macron.
Nel suo tentativo di sottolineare la vicinanza culturale e valoriale del Canada all’Europa, il Primo Ministro Carney potrebbe involontariamente aver commesso un errore strategico che potrebbe rivelarsi controproducente per eventuali ambizioni a lungo termine di adesione all’UE. La sua affermazione, secondo cui il Canada sarebbe “il più europeo tra i paesi non europei“, pur riconoscendo un’affinità, implicitamente sottolinea la sua esclusione geografica dal continente europeo.
Se le istituzioni di Bruxelles dovessero prendere nota di questa definizione, essa potrebbe paradossalmente ritorcersi contro il Canada qualora quest’ultimo dovesse effettivamente presentare una formale domanda di adesione in futuro. L’auto-definizione come “non europeo“, pur evidenziando una vicinanza culturale, potrebbe rafforzare l’argomentazione di coloro che ritengono che l’appartenenza all’UE debba rimanere primariamente legata a criteri geografici, rendendo più arduo il percorso di un’eventuale integrazione.