La morte resta ancora un grande mistero. C’è qualcosa dopo? Che fine fa la coscienza? E un morente come reagisce alla consapevolezza di star morendo?
Per la prima volta in assoluto, abbiamo intravisto come appaiono le onde cerebrali umane in una persona morente. Dopo una caduta, un uomo di 87 anni è stato portato al pronto soccorso mentre le sue condizioni si deterioravano rapidamente. Durante i tentativi di rianimarlo, l’uomo è stato collegato a un elettroencefalografo (EEG) che registrava le sue onde cerebrali.
Questa non è certo stata la prima volta che si è registrata l’attività cerebrale di una persona che stava morendo: ad alcuni pazienti terminali cui era stato staccato il supporto vitale sono state effettuate registrazioni EEG semplificate, sia pur limitate ai segnali della corteccia frontale. Questo, tuttavia, è il primo caso in cui sono state ottenute registrazioni dettagliate che potrebbero fare luce su ciò che sperimentamo i morenti.
“Da decenni ormai le persone riportano episodi di lucidità paradossale e accresciuta coscienza in relazione alla morte. Questo è intrigante in quanto sembra verificarsi in aree del cervello che si stanno spegnendo mentre si verifica il decesso“, afferma il dottor Sam Parnia, direttore della ricerca in terapia intensiva e rianimazione presso la NYU Langone.
“Sebbene, in passato, si fosse pensato che potessero essere semplicemente suggestioni, gli studi effettuati hanno indicato che questo fenomeno si verifica in circa il 10% della popolazione [suggerendo] che circa 800 milioni di persone convivono con questo“, dice Parnia.
Il team che ha lavorato con il paziente è stato in grado di catturare circa 900 secondi di attività cerebrale e ha concentrato la maggior parte della sua analisi sugli ultimi 30 secondi prima che il cuore del paziente smettesse di battere ed i primi 30 secondi dopo la cessazione dell’attività cardiaca.
Immediatamente dopo l’arresto cardiaco, i medici hanno notato nell’EEG cambiamenti nelle onde cerebrali coinvolte nelle funzioni cognitive di ordine superiore, inclusa l’elaborazione delle informazioni, la concentrazione, il recupero della memoria, la percezione cosciente e le diverse fasi del sogno; dati che fanno pensare ad una attività del cervello impegnato a richiamare la memoria.
Forse è da questa attività finale del cervello che deriva il modo di dire relativo al “vedere scorrere tutta la propria vita” mentre si è in punto di morte.
“La cosa più intrigante è che questo sembra accadere mentre il cervello si spegne alla fine della vita. Questo studio supporta queste descrizioni e certamente solleva la possibilità che possa essere stato scoperto un indicatore di lucidità alla fine della vita“, afferma Parnia.
Tuttavia, il team che ha lavorato con il paziente non può essere certo che la sua vita gli stesse passando davanti agli occhi perché la sua salute era già in declino al momento della morte: aveva subito lesioni cerebrali che includevano sanguinamento, gonfiore e convulsioni. Inoltre, stava assumendo farmaci antiepilettici che complicano ulteriormente l’aspetto e l’interpretazione dei dati. Inoltre, il team non disponeva di scansioni del cervello del paziente quando era sano da confrontare con le scansioni più recenti in cui il paziente era già in declino.
Nello studio, il team che ha lavorato con questo paziente ha teorizzato che, poiché l'”accoppiamento incrociato” tra le onde alfa e gamma indica il richiamo della memoria in pazienti sani, questo particolare paziente potrebbe aver sperimentato un “richiamo della vita“, o ciò che è spesso indicato come “vedersi scorrere la vita la vita davanti agli occhi”. Le onde cerebrali alfa vengono prodotte quando siamo vigili ma calmi e ci aiutano con attività come l’apprendimento e la coordinazione. Le onde gamma sono le più veloci e sono associate a vigilanza, cognizione, memoria e concentrazione di alto livello.
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Secondo Parnia, mentre il cervello è in procinto di spegnersi e morire, “c‘è disinibizione di parti del cervello (cioè l’emergere di funzioni) che sono normalmente depresse dalla nostra normale attività cerebrale“. Per questo motivo, ci viene concesso l’accesso a ciò che Parnia definisce “aspetti della realtà al momento della morte a cui normalmente non avremmo accesso“, comprese le profondità della nostra coscienza.
Saperne di più su ciò che accade all’interno del nostro cervello durante la morte è essenzialmente impossibile perché gli scienziati dovrebbero osservare l’attività neurale di soggetti sani.
“Non possiamo prevedere la morte in soggetti sani e quindi non potremmo ottenere registrazioni nella fase di pre-morte in nient’altro che da circostanze che coinvolgono condizioni patologiche in ambienti ospedalieri per acuti“, osservano gli autori dell’articolo. Il fatto che il team sia stato in grado di catturare le onde cerebrali del paziente di 87 anni mentre moriva è stato del tutto casuale.