L’astronomia moderna sta superando i propri limiti, con nuove scoperte eguagliate nell’impatto solo da modi nuovi ed emergenti di avanzare le frontiere del campo.
E uno di questi campi, lo studio delle onde gravitazionali, provenienti da buchi neri supermassicci indicibilmente distanti, è sull’orlo di una piccola rivoluzione. Gli ultimi risultati di più gruppi di ricerca suggeriscono che lo sforzo globale collaborativo per confermare la fattibilità di un metodo radicalmente nuovo per rilevare le onde sta già dando i suoi frutti, secondo un recente studio pubblicato sulla rivista Monthly Notice della Royal Astronomical Society.
In particolare, gli astronomi in Nord America, Australia ed Europa hanno sondato i dati sull’estensione del cosmo e hanno notato una sorta di “rumore rosso” che corrisponde esattamente alle previsioni.
In altre parole, lo studio delle onde gravitazionali, e quindi dell’universo primordiale, sembra pronto a ricevere un importante aggiornamento.
Esplorare l’universo primordiale attraverso le onde gravitazionali
“Questa è una pietra miliare importante”, ha affermato l’astronomo Michael Kramer del Max Planck Institute for Radio Astronomy, che aiuta a guidare il team europeo, in un rapporto su Nature. Sebbene l’osservazione del “rumore rosso” non significhi che il nuovo metodo ha effettivamente rilevato le onde gravitazionali, è un passaggio cruciale sulla strada per farlo, ha aggiunto Kramer.
Se il rumore rosso non si fosse manifestato a questo punto, i cosmologi potrebbero aver avuto bisogno di cambiare le loro previsioni su quanto fossero popolosi e causalmente efficaci i buchi neri supermassicci durante i giorni di “insalata” dell’universo primordiale. Quindi, anche se questo non è il passo finale per creare un nuovo percorso per esplorare le onde gravitazionali nella storia antica dell’universo, “è rassicurante”, ha detto in un rapporto il radioastronomo Xavier Siemens della Oregon State University, che guida il gruppo nordamericano.
Rilevamento delle onde gravitazionali in sottofondo “rumore rosso”
Ciò avviene circa sette anni dopo il primo rilevamento diretto delle onde gravitazionali nel 2015, quando il Laser Interferometry Gravitational-Wave Observatory (LIGO), con sede sia nello stato di Washington che in Louisiana, ha confermato qualcosa di incredibile. Usando il suo duo di antenne, LIGO ha misurato le onde generate negli ultimi istanti di due buchi neri, ed entrambi avevano una massa che faceva impallidire quella del nostro Sole, 10 volte più massiccia.
Da questa scoperta rivoluzionaria, LIGO e Virgo (una matrice simile, in Italia), hanno assistito a dozzine di altri eventi di onde gravitazionali. Si tratta di onde le cui frequenze possono raggiungere frequenze fino a migliaia di cicli, ogni secondo. In particolare, questo è molto simile alle frequenze più basse del suono udibile, motivo per cui può essere rilevato per secondi o, a volte, minuti.
E, sia nel 2020 che nel 2021, i tre assi degli scienziati che lavorano per rilevare le onde gravitazionali con nuove tecniche hanno visto tutti le prove chiave che le onde sono in agguato: in particolare, il fenomeno del rumore rosso. Al contrario, il rumore “bianco” consiste nelle fluttuazioni casuali osservate a tutte le frequenze dell’universo, il che significa semplicemente che viviamo in un cosmo.
Il rumore rosso, d’altra parte, è più forte di quello e si attiva a frequenze più basse. L’analisi collaborativa ha esaminato i dati su 65 diverse pulsar, per migliorare la sensibilità del metodo alle onde gravitazionali. E, quando un altro articolo uscirà entro la fine dell’anno o nel 2023, questi stessi dati potrebbero essere utilizzati per confermare finalmente le onde gravitazionali nel rumore rosso di fondo generato dai buchi neri supermassicci.