Il numero di pianeti alieni potenzialmente abitabili individuati dal telescopio orbitale Kepler potrebbe dover essere rivisto al ribasso.
Ad oggi, il prolifico telescopio spaziale Kepler della NASA ha scoperto circa 30 esopianeti di dimensioni approssimativamente terrestri posti nella “zona abitabile” delle loro stelle, la fascia di distanze orbitali in cui sulla superficie di un mondo l’acqua può presentarsi allo stato liquido.
O così sembrava. Nuove osservazioni della sonda spaziale Gaia dell’Agenzia spaziale europea (ESA), suggeriscono che il numero effettivo di questi pianeti è, probabilmente, molto inferiore, forse tra 2 e 12.
Gaia è in funzione dal dicembre del 2013, ha lo scopo di creare una mappa 3D ultraprecisa della Via Lattea. Finora, questa mappa include informazioni sulla posizione di circa 1,7 miliardi di stelle e dati sulle distanze di circa 1,3 miliardi di stelle.
Le osservazioni di Gaia suggeriscono che alcune delle stelle individuate da Keplero sono più luminose e più grandi di quanto si credesse in precedenza. I pianeti che orbitano attorno a tali stelle sono, quindi, probabilmente più grandi e più caldi di quanto si pensasse in precedenza.
Il problema “più caldo” è semplice: una stella più grande e più luminosa trasmette più calore. La correlazione “più grande” deriva dalla strategia di caccia al pianeta di Kepler, che è chiamata “metodo di transito“.
In pratica, Kepler registra i piccoli abbassamenti di luminosità causati dal passaggio di un pianeta davanti alla sua stella madre. Le stime delle dimensioni di tali pianeti sono ricavate dalla percentuale di disco stellare che bloccano durante questi “transiti“. Quindi, se il diametro delle stelle è da rivedere verso l’alto, lo è anche il pianeta.
“L’intera questione è sempre stata: quanto bene comprendiamo la stella?” Ha commentato Eric Mamajek, scienziato del programma per la ricerca degli esopianeti della NASA.
I nuovi risultati non dovrebbero scoraggiare chi spera che la vita terrestre non sia la sola nella galassia; ci sono ancora molti moltissime stelle che probabilmente ospitano pianeti potenzialmente abitabili nella Via Lattea. I dati di Gaia ci dicono, però, che astronomi, astrobiologi e scienziati planetari hanno ancora molto da imparare sulla valutazione degli esopianeti.
“Non siamo ancora nemmeno sicuri di quanto grande possa essere un pianeta ed essere ancora roccioso”, ha spiegato Jessie Dotson, un’astrofisica dell’AMes Research Center della NASA nella Silicon Valley. Dotson è lo scienziato responsabile del progetto di missione estesa di Kepler, nota come K2.
E poi c’è il concetto di zona abitabile. Basare l’abitabilità unicamente sulla distanza orbitale ignora importanti caratteristiche planetarie, come ad esempio la massa, che influenza la capacità di un mondo di trattene un’atmosfera. inoltre, la stessa composizione atmosferica influisce notevolmente sulla temperatura di un pianeta.
Infine, siamo sicuri che la vita richieda necessariamente acqua liquida sulla superficie? Un certo numero di lune ghiacciate al di fuori della zona abitabile del nostro sistema solare, come la luna di Giove Europa e la luna di Saturno Encelado, sembrano avere oceani di acqua liquida sepolti sotto spessi strati di ghiaccio e alcuni segni fanno sospettare che possano sostenere la vita così come la conosciamo. Senza contare che la vita potrebbe esistere in forme che al momento nemmeno immaginiamo e non avere bisogno dell’acqua come solvente.
Durante la sua missione primaria, durata quattro anni, Kepler ha osservato circa 150.000 stelle simultaneamente, osservandone i transiti planetari.
Nel 2014, Kepler ha iniziato il K2, durante la quale il telescopio ha osservato una varietà di oggetti e fenomeni cosmici oltre ad avere svolto “campagne” di 80 giorni. Alcune di queste campagne sono state vere e proprie cacce al pianeta.
Kepler, che oggi ha finito il suo carburante e, probabilmente anche la sua capacità operativa, ha scoperto il 70 per cento dei circa 3800 esopianeti conosciuti. E il conteggio di Keplero continuerà a crescere; sono quasi 3.000 i “candidati” pianeti che attendono conferma della loro esistenza tramite l’analisi e le osservazioni di follow-up e la maggior parte di questi finirà per essere confermati.