Degli ultimi dieci anni trascorsi ben nove sono stati tra i più caldi mai registrati. Per invertire questa tendenza un team di esperti ha proposto di riflettere nello spazio parte dell’energia che riceviamo dal Sole mediante l’utilizzo di aerosol stratosferico.
Senza un mutamento consistente di rotta, il futuro della vita sulla Terra è in bilico. La nostra società, alimentata dai combustibili fossili, sta accelerando il cambiamento climatico e molti si sono chiesti se è fattibile e auspicabile ricorrere alla tecnologia per frenare il riscaldamento globale.
Fin da settembre 2019 il Climate Intervention Biology Working Group, un team di esperti a livello internazionale in scienze climatiche ed ecologia, si riunisce in teleconferenza per studiare le conseguenze dell’utilizza dell’aerosol stratosferico per raffreddare il nostro pianeta riflettendo nello spazio una parte delle radiazioni mediante una serie di riflettori solari.
Questa strategia di intervento sul clima è nota come modifica della radiazione solare (SRM). Il documento principale del gruppo si intitola: “Potenziali impatti ecologici dell’intervento sul clima riflettendo la luce solare per raffreddare la Terra”, è stato pubblicato negli ultimi Atti della National Academy of Sciences ( PNAS ).
Peter Groffman, esperto dell’Advanced Science Research Center del Graduate Center, CUNY e del Cary Institute of Ecosystem Studies ha raccontato di essere rimasto stupito dall’avanzamento delle tecniche di modellazione dell’intervento sul clima.
Il team di esperti è co-guidato da Phoebe Zarnetske, ecologa e professoressa associata del Dipartimento di Biologia Integrativa della Michigan State University e del programma Ecologia, Evoluzione e Comportamento e dall’ecologa Jessica Gurevitch, illustre professore del Dipartimento di Ecologia ed Evoluzione di Stony Brook University.
Il gruppo interdisciplinare si è formato proprio grazie all’incontro tra Gurevitch e lo scienziato del clima Alan Robock, illustre professore del Dipartimento di Scienze Ambientali della Rutgers University. Questo team, più di altri sa che la geoingegneria è molto di più che una semplice applicazione fantascientifica.
“C’è una scarsità di conoscenze sugli effetti dell’intervento sul clima sull’ecologia”, ha detto Zarnetske. “In quanto scienziati, dobbiamo comprendere e prevedere gli effetti positivi e negativi che potrebbe avere sul mondo naturale, identificare le principali lacune nelle conoscenze e iniziare a prevedere quali impatti potrebbe avere sulle specie e sugli ecosistemi terrestri, marini e d’acqua dolce, se adottato in futuro”.
Aerosol stratosferico e tecniche di rimozione della CO2
Oggi possiamo sostenere i costi e sviluppare tecnologie migliori per rimandare nello spazio parte delle radiazioni solari, rispetto alle tecnologie proposte in passato pensate per rimuovere la CO2 dall’atmosfera. Il team incoraggia le indagini su come una strategia di intervento climatico nota come “modifica della radiazione solare (SRM) mediante aerosol stratosferico“, utilizzata assieme alla riduzione delle emissioni di gas serra, potrebbe influenzare il mondo naturale.
L’applicazione pratica della strategia SRM a livello globale dipende dalle previsioni accurate basate sui risultati forniti dalle simulazioni al computer ben consolidate del Geoengineering Model Intercomparison Project (GeoMIP).
“Sebbene i modelli climatici siano diventati piuttosto avanzati nella previsione dei risultati climatici di vari scenari di geoingegneria, abbiamo pochissima comprensione di quali potrebbero essere i possibili rischi di questi scenari per le specie e i sistemi naturali”, ha spiegato Gurevitch.
“I rischi di estinzione, il cambiamento della comunità delle specie e la necessità per gli organismi di migrare per sopravvivere sotto SRM sono maggiori di quelli del cambiamento climatico, o SRM riduce i rischi causati dal cambiamento climatico?”
“La maggior parte dei modelli GeoMIP simula solo variabili abiotiche, ma per quanto riguarda tutti gli esseri viventi che sono influenzati dal clima e dipendono dall’energia del sole?” ha aggiunto Zarnetske.
“Dobbiamo comprendere meglio i possibili impatti di SRM su tutto, dai microrganismi del suolo alle migrazioni delle farfalle monarca ai sistemi marini”.
Lo Spatial and Community Ecology Lab (SpaCE Lab) di Zarnetske è specializzato nella previsione delle risposte che le comunità biologiche danno ai mutamenti climatici su diverse scale e questo lo rende in grado di interpretare i futuri scenari SRM come l’intervento dell’aerosol stratosferico (SAI) preso in esame dal documento.
L’utilizzo dell’aerosol stratosferico sarebbe in grado di rimandare nello spazio una parte della radiazione solare, in modo simile a ciò che accade dopo imponenti eruzioni vulcaniche. In teoria, sarebbe possibile reintegrare continuamente l’aerosol controllandone lo spessore e la posizione per mantenere una temperatura ottimale.
Tuttavia il documento racconta la complessità poco nota delle relazioni tra la funzione dell’ecosistema e il clima in diversi scenari SAI. In effetti, sostengono i ricercatori, la mitigazione dei cambiamenti climatici deve continuare indipendentemente dall’adozione del SRM e resta la questione se alcuni SRM possano essere utili in aggiunta all’estrazione di CO2 dall’atmosfera.
Semplificando, il sistema SRM di abbattimento della radiazione solare per mezzo dell’aerosol stratosferico non può risolvere per magia i mutamenti climatici che registriamo. Senza ulteriori verifiche l’utilizzo di questo sistema lascia molte zone d’ombra inesplorate e potenzialmente pericolose per gli ecosistemi.
Il gruppo di lavoro Climate Intervention Biology è finanziato dalla National Science Foundation e ospiterà sessioni in due prossime conferenze scientifiche: “Biosphere Responses to Geoengineering” dell’American Association for the Advancement of Science (AAAS) Annual Meeting questo mese e al The Ecological Society of America nell’agosto 2021.