Il SETI, acronimo di Search for Extra Terrestrial Intelligence, è nato nel 1984, ma noi esseri umani abbiamo cercato la vita nel cosmo molto tempo prima.
L’astronomo e astrofisico Frank Drake, a cui dobbiamo la famoso equazione che ha preso il suo nome, è stato uno dei fondatori dell’istituto SETI, tuttavia la sua ricerca è iniziata molti anni prima.
Drake condusse il primo sondaggio alla ricerca della vita nel cosmo nel 1959. La sua idea era quella di scansionare la volta celeste con i radiotelescopi, cercando di captare i segnali radio emessi dalle civiltà extraterrestri.
Avi Loeb, astrofisico dell’Università di Harvard, e altri esperti nella ricerca della vita nel cosmo hanno affermato che ci sono buone probabilità che siamo già stati visitati da intelligenze extraterrestri avanzate.
Tuttavia, l’uomo che si è impegnato maggiormente nella ricerca spasmodica della vita nel cosmo è stato certamente il compianto astronomo Carl Sagan. Il suo lavoro di divulgazione e il suo impegno in prima persona ha contribuito certamente ad avvicinare il pubblico a un tema spesso controverso.
Certamente però, i ricercatori si sono ispirati al passato perché l’idea della vita aliena è sempre stata presente nelle menti umane, ben prima dell’avvento dei moderni e sofisticati radiotelescopi o dei moderni divulgatori scientifici.
Da dove viene l’idea dell’esistenza della vita nel cosmo? Quanto tempo fa i nostri antenati si sono chiesti se il cielo notturno, punteggiato di stelle, ospitasse altri esseri viventi e perché?
Atomismo e vita nel cosmo
L’idea della vita nel cosmo, come spiega nel suo libro “Life on Other Worlds” l’astronomo e storico della scienza Steven J. Dick, è vecchia quanto la civiltà greca.
Democrito, un filosofo greco vissuto nel V secolo aC, sviluppò un nuovo modo di concepire la realtà che chiamò atomismo. Democrito sostenne che tutte le cose esistenti erano costituite da minuscole particelle che chiamò “atomi”che sono sia in numero infinito che indivisibili.
Tutto ciò che ci circonda è composto da una diversa disposizione di questi minuscoli atomi indistruttibili. L’atomismo ha quindi portato a sviluppare l’idea che se esiste la vita sul nostro pianeta può esserci vita nel cosmo.
Epicuro (341-270 aEV), fondatore della scuola filosofica dell’epicureismo, in seguito ravvivò e ridefinì l’atomismo. Le implicazioni riguardanti la vita su altri pianeti in Epicuro non vennero certamente meno. In una lettera a Erodoto, Epicuro discusse di un argomento a noi oggi familiare:
“C’è un numero infinito di mondi, alcuni come questo mondo, altri a differenza di esso. … Poiché gli atomi dai quali potrebbe sorgere un mondo, o dai quali potrebbe essere formato un mondo, non sono stati spesi tutti in un mondo o in un numero finito di mondi, simili o diversi da questo. Quindi non ci sarà nulla che possa ostacolare un’infinità di mondi”.
Se esistono un numero infinito di pianeti, potrebbero esisterne tanti simili al nostro in grado di ospitare la vita. Come si dice oggi, in un universo infinito, tutto quello che può accadere accade.
… nessuno poteva provare in un modo o nell’altro che in un tipo di mondo si sarebbero trovati gli inizi da cui sorgono animali, piante e tutto il resto delle cose che vediamo, e che in un altro tipo di mondo questo sarebbe stato impossibile”.
Il poeta e filosofo romano Lucrezio ( 99-55 aC), diede il suo contributo a diffondendo le idee di Epicuro nel suo libro De Rerum Natura, o in italiano, “Sulla natura delle cose”.
Il pensiero moderno e la ricerca della vita nel cosmo
L’idea della presenza della vita nel cosmo guadagnò ancora più credito dopo la rivoluzione copernicana.
Quando l’idea che il nostro pianeta non era il centro dell’universo conosciuto iniziò a insinuarsi nelle menti degli studiosi, ma che era uno dei tanti pianeti in orbita attorno al Sole, non fu difficile pensare che anche gli altri pianeti fossero abitati.
Scienziati e pensatori come Galileo Galilei e Johannes Keplero accarezzarono probabilmente l’idea dell’esistenza della vita nel cosmo, ma ebbero un problema che Epicuro e Lucrezio non dovettero certamente affrontare: La Chiesa cattolica.
La Chiesa cattolica non accettò ufficialmente la visione copernicana dell’universo fino al 1822.
Le pressioni della Chiesa cattolica non impedirono che altri osservassero la volta celeste e speculassero sull’esistenza di forme di vita extraterrestre, dovevano solo essere più accorti nel farlo rispetto agli antichi filosofi greci.
Oggi, fortunatamente tutto è cambiato, non ci limitiamo a speculare sulla possibile esistenza della vita nel cosmo, la cerchiamo, sondando il cielo con strumenti che i greci non avrebbero mai immaginato di possedere.
Marte, il quarto pianeta del sistema solare, per certi aspetti simile alla Terra, è al centro dell’interesse degli esobiologi da decenni. Non ci limitiamo ad osservarlo, ma abbiamo spedito sulla sua superficie lander e rover che cercano tracce di vita dagli anni settanta del secolo scorso.
L’ultima missione inviata sul pianeta rosso e rappresentata dal Mars rover Perseverance. Il rover Perseverance, grosso come un Suv cercherà la vita eventualmente presente ora o nel passato di Marte. I greci potevano certamente lavorare con la fantasia a proposito della vita su altri mondi, immaginando animali e piante di ogni tipo.
Oggi è diverso, e se i robot che mandiamo in avanscoperta troveranno qualcosa su Marte o nel sistema solare, avrà poco a che fare con la vita evoluta e specializzata che esiste sul nostro pianeta.
Probabilmente troveremo semplice vita microbica, ma la scoperta sarebbe enorme e ci piace immaginare che gli antichi filosofi e pensatori greci non sarebbero per nulla sorpresi del fatto che i loro discendenti cercano a distanza di millenni la vita su altri mondi.