Lo sviluppo del cervello umano e la fine dei grandi mammiferi

Mentre altre specie, come i Neanderthal, si sono estinte quando le loro grandi prede sono scomparse, lo sviluppo del cervello umano ha permesso ai nostri antenati di ricominciare da capo, questa volta affidandosi all'agricoltura e all'addomesticamento

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Secondo uno studio del Dr. Miki Ben-Dor e del Prof. Ran Barkai del Dipartimento di Archeologia Jacob M. Alkow dell’Università di Tel Aviv lo sviluppo del cervello umano è strettamente legato alla scomparsa dei grandi mammiferi.

Lo studio propone una spiegazione allo sviluppo del cervello umano che unifica l’evoluzione fisiologica, comportamentale e culturale della specie umana, dalla sua prima apparizione, avvenuta circa due milioni di anni fa, alla rivoluzione agricola avvenuta intorno al 10.000 aC.

Gli esseri umani, secondo quanto afferma il documento, diventarono cacciatori di grandi animali, causandone l’estinzione. In seguito si dedicarono alla caccia di prede più piccole e veloci e tale pratica favorì lo sviluppo del cervello umano.

In quel periodo il cervello umano passò da un volume di 650 cc a un volume di 1.500 cc.

Fino ad oggi non è stata proposta nessuna spiegazione che unifichi i principali fenomeni che contraddistinsero la preistoria umana. La nuova teoria è stata pubblicata su Quaternary Journal.

I ricercatori sostengono che la diminuzione delle dimensioni della selvaggina e la necessità di cacciare animali piccoli e veloci costrinsero i nostri antenati a sviluppare astuzia e audacia.

Questo processo evolutivo, portò allo sviluppo del cervello umano che in seguito condusse allo sviluppo di un linguaggio.

Il linguaggio si rivelè uno strumento fondamentale che permise lo scambio di informazioni e un miglior coordinamento tra i cacciatori.

La teoria sostiene che tutti i mezzi sono serviti a un fine: limitare il consumo di energia.

Lo sviluppo del cervello umano: nuove prede

I ricercatori dimostrano che, durante la maggior parte dell’evoluzione, i primi esseri umani erano predatori all’apice della catena alimentare, specializzati nella caccia alla selvaggina di grandi dimensioni.

Questi animali, rappresentando la maggior parte della biomassa disponibile per la caccia, fornirono all’uomo alti livelli di grasso, una fonte di energia essenziale che permise un guadagno energetico maggiore rispetto alla selvaggina di piccole dimensioni.

In passato, sei diverse specie di elefanti vissero in Africa, costituendo più della metà della biomassa di tutti gli erbivori cacciati dagli esseri umani. Le prime prove dall’Africa orientale indicano che l’homo sapiens emerse in quell’area solo dopo un significativo calo del numero di specie di elefanti in alcune regioni.

Confrontando le dimensioni degli animali trovati i ricercatori correlano lo sviluppo del cervello umano con la necessità di diventare cacciatori più intelligenti.

Ad esempio, la necessità di cacciare dozzine di gazzelle invece di un solo elefante generò una pressione evolutiva che incise sulle funzioni cerebrali degli esseri umani, che ora consumavano molta più energia durante la caccia.

La caccia ai piccoli animali, costantemente minacciati dai predatori e quindi molto veloci o in grado di volare, ha bisogno di una fisiologia adatta e di strumenti più sofisticati. L’attività cognitiva aumenta poiché il tracciamento rapido richiede un processo decisionale rapido, basato su una conoscenza fenomenale del comportamento degli animali, informazioni che devono essere archiviate in una memoria più capace.

L’addomesticamento degli animali e l’agricoltura

Secondo il dottor Ben-Dor, l’adattamento evolutivo degli esseri umani ha avuto molto successo.

Man mano che le dimensioni degli animali continuavano a diminuire, l’invenzione dell’arco e delle frecce e l’addomesticamento dei cani permisero una caccia più efficiente di animali di taglia media e piccola, fino a quando anche queste popolazioni si ridussero di numero.

Verso la fine dell’età della pietra, quando gli animali diventarono ancora più piccoli, gli esseri umani iniziarono a consumare più energia nella caccia di quanta ne potessero ottenere.

Questo passaggio si verificò con l’avvento della rivoluzione agricola e con l’addomesticamento degli animali. Quando gli esseri umani passarono da una vita nomade a una stanziale diventando agricoltori, le dimensioni del loro cervello diminuirono fino al volume attuale di 1300-1400 cc.

Questo perché, con piante addomesticate e animali che non volano, non c’era più bisogno di attribuire capacità cognitive eccezionali al compito di cacciare.

Uno sviluppo del cervello umano straordinario

Lo sviluppo del cervello umano è stato strabiliante. Il cervello dello scimpanzé, ad esempio, è rimasto pressoché immutato negli ultimi sette milioni di anni, mentre il cervello degli esseri umani ha triplicato il suo volume circa 300 mila anni fa.

L’aumento delle dimensioni, certamente dovute alla pressione evolutiva, ha portato allo sviluppo del linguaggio, alla scoperta del fuoco e alla realizzazione di strumenti che hanno moltiplicato la forza, la potenza e la precisione dell’uomo.

Il corpo umano si è adattato ai nuovi compiti come lanciare oggetti o compiere lunghi inseguimenti. Lo sviluppo del cervello ha prodotto notevoli miglioramenti nella realizzazione di strumenti per la caccia e per la coltivazione.

Concentrandosi sulla caccia degli animali più grandi, i nostri antenati hanno causato molte estinzioni. Ovunque siano apparsi, che si tratti di homo erectus o homo sapiens, prima o poi assistiamo all’estinzione di massa di grandi animali. La dipendenza dai grandi animali ha avuto il suo prezzo.

Mentre altre specie, come i Neanderthal, si sono estinte quando le loro grandi prede sono scomparse, lo sviluppo del cervello umano ha permesso ai nostri antenati di ricominciare da capo, questa volta affidandosi all’agricoltura e all’addomesticamento.