La nascita in due fasi del sistema solare, può spiegare in quali tempi e come si sono distribuite le sostanze volatili e gli isotopi presenti nella fascia interna e nella fascia esterna che ospitano i pianeti A scoprirlo un team di ricercatori provenienti dall’Università di Oxford, LMU Monaco, ETH Zurigo, BGI Bayreuth e Università di Zurigo.
I risultati dello studio saranno pubblicati su Science.
La nascita in due fasi del sistema solare è una nuova teoria che spiega come esso si è formato e come si è modificata la sua struttura. Spiega inoltre alcune caratteristiche dei pianeti terresti (Terra, Marte, Venere), dei giganti gassosi del sistema solare esterno (Giove, Saturno, Urano, Nettuno), degli asteroidi e dei meteoriti. Lo studio si basa sulle osservazioni dei sistemi extrasolari in via di formazione e sugli studi condotti sui meteoriti con esperimenti di laboratorio e analisi degli isotopi del ferro e del contenuto d’acqua.
Lo studio suggerisce una combinazione di fenomeni astrofisici e geofisici che durante la prima fase di formazione del Sole e del Sistema Solare è in grado di spiegare perché i pianeti interni sono rimasti relativamente piccoli e con scarse riserve d’acqua rispetto alla massa totale, mentre i pianeti esterni sono grandi e contengono molta acqua. Spiega inoltre come i meteoriti hanno contribuito alla formazione dei pianeti in due fasi distinte.
I protopianeti di tipo terrestre, che si trovano nella fascia interna, hanno accresciuto presto la loro massa e si sono riscaldati internamente a causa del decadimento degli elementi radioattivi. Il calore prodotto ha contribuito fortemente al rilascio degli elementi volatili come ad esempio l’acqua. Questo spiega molto bene la suddivisione della popolazione planetaria che vede quella interna secca e quella esterna ricca di sostanze allo stato liquido. Questo processo può spiegare la distribuzione e le condizioni necessarie alla formazione di pianeti rocciosi come la Terra all’interno dei sistemi extrasolari. Il processo potrebbe dirci quindi dove cercare pianeti abitabili simili alla Terra.
Il team ha effettuato diverse simulazione che hanno mostrato che l’inizio precoce e la fine prolungata della formazione del sistema solare interno, e l’inizio successivo con un accrescimento più rapido del sistema solare esterno possono essere spiegate dalla formazione dei planetesimi avvenuta in due epoche distinte.
Recenti osservazioni sui dischi protoplanetari hanno mostrato che i piani medi del disco, dove si formano i pianeti, possono avere livelli di turbolenza relativamente bassi. Questa condizione favorisce l’interazione tra i grani di polvere all’interno del disco e la posizione dove l’acqua attraversa la linea della neve, cioè dove passa dallo stato gassoso a quello di ghiaccio, innesca la formazione dei planetesimi nel sistema solare interno e un’altra formazione successiva ma in una zona più distante.
I due distinti episodi di formazione delle popolazioni planetarie, che catturano altra materia dal disco circostante attraverso collisioni, portano a un differente evoluzione interna dei protopianeti.
Il Dr. Tim Lichtenberg del Dipartimento di Fisica dell’Atmosfera dell’Università di Oxford che è anche l’autore principale dello studio osserva: “I diversi intervalli di tempo di formazione di queste popolazioni planetarie significano che il loro motore termico interno dovuto al decadimento radioattivo differiva sostanzialmente. I planetesimi del Sistema Solare Interno sono diventati molto caldi, hanno sviluppato oceani di magma interni, hanno formato rapidamente nuclei di ferro e hanno degassato il loro contenuto volatile iniziale, che alla fine ha portato alla nascita di pianeti poveri di acqua“.
“Il Sistema Solare interno, nato per primo e asciutto, e il Sistema Solare esterno, nato più tardi e umido, sono stati quindi impostati su due diversi percorsi evolutivi molto presto nella loro storia. Questo apre nuove strade per comprendere le origini delle prime atmosfere della Terra e degli esopianeti presenti nella galassia”.
Questa ricerca è stata sostenuta dal finanziamento della Simons Collaboration on the Origins of Life, della Swiss National Science Foundation e del Consiglio europeo della ricerca.