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Un possibile mondo alieno a 20 anni luce dalla Terra

La metà delle stelle simili al nostro Sole presenti nel nostro Universo potrebbero ospitare pianeti rocciosi potenzialmente in grado di ospitare la vita, e uno di essi potrebbe essere relativamente vicino al nostro sistema solare

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La caccia agli esopianeti, in pochi decenni, ha portato alla conferma di 4296 pianeti extrasolari presenti in 3188 sistemi, mentre altri 5634 esopianeti sono in attesa di conferma. Oggi gli astronomi hanno molti dati in più per farsi un’idea di quanti pianeti effettivamente esistono nella nostra galassia e nell’intero Universo osservabile.
Recentemente, un team internazionale di scienziati (guidato da ricercatori del Centro di ricerca Ames della NASA) ha combinato i dati del dismesso Kepler Space Telescope e dell’Osservatorio Gaia dell’Agenzia spaziale europea (ESA). Si è scoperto che metà delle stelle simili al nostro Sole presenti nel nostro Universo potrebbero ospitare pianeti rocciosi potenzialmente in grado di ospitare la vita, e uno di essi potrebbe essere relativamente vicino al nostro sistema solare.
Lo studio che descrive le loro scoperte intitolato ” The Occurrence of Rocky Habitable Zone Planets Around Solar-Like Stars from Kepler Data “, è apparso di recente online e sarà presto pubblicato su The Astronomical Journal. Lo studio è stato condotto da scienziati della NASA a cui si sono uniti colleghi di università, istituti, osservatori e laboratori di tutto il mondo.
Dobbiamo alla missione Kepler, operativa nel periodo 2009 – 2018 la scoperta fino a oggi della maggior parte degli esopianeti. Sulla base del numero di pianeti che ha rilevato, gli scienziati ora stimano che potrebbero esserci più pianeti che stelle nella Via Lattea (le ultime stime dicono che ci sono tra 100 e 400 miliardi di stelle). Come ha spiegato Steve Bryson, ricercatore presso l’Ames Research Center della NASA e autore principale dello studio: :
“Keplero ci aveva già detto che c’erano miliardi di pianeti, ma ora sappiamo che una buona parte di quei pianeti potrebbe essere rocciosa e abitabile. Sebbene questo risultato sia ben lungi dall’essere un valore finale e l’acqua sulla superficie di un pianeta sia solo uno dei tanti fattori per sostenere la vita, è estremamente eccitante che abbiamo calcolato che questi mondi sono così comuni con così alta sicurezza e precisione”.
Il team ha calcolato la frequenza con cui i pianeti simili alla Terra, quindi potenzialmente in grado di ospitare la vita sono presenti nella nostra galassia. Per farlo ha utilizzato un set di dati ottenuti dal telescopio spaziale Kepler che erano simili al nostro Sole in termini di età e temperatura. Hanno inoltre esaminato i pianeti con raggi terrestri compresi tra 0,5 e 1,5, che molto probabilmente erano composti da roccia.
I risultati del team sono stupefacenti, solamente nella nostra galassia ci sarebbero circa 300 milioni di pianeti in grado di ospitare la vita e quattro di questi mondi si troverebbero entro soli 30 anni luce dal Sitema Solare e il più vicino di essi a soli 20 anni luce. Pianeti simili alla Terra entro una distanza di poche decine di anni luce consentirebbero agli astronomi di fare scoperte importanti, soprattutto grazia alla futura generazione di telescopi spaziali.
Le analisi effettuate dal team hanno incluso anche stelle diverse dal Sole, ognuna con caratteristiche differenti che   influiscono sull’abitabilità. Infatti nella ricerca degli esopianeti e nell’astrobiologia si devono considerare caratteristiche diverse per determinare la potenziale abitabilità. La ricerca è quindi molto complessa e prevede molte variabili alle quali si sommano i limiti delle attuali strumentazioni di indagine  e forse una visione troppo antropocentrica di come debba essere la vita. Non è semplice stimare il numero dei pianeti abitabili che potrebbero popolare la Via Lattea e per estensione l’intero Universo visibile.
Studi precedenti che hanno portato a stabilire un certo numero di esomondi abitabili mancano di fattori importanti come la relazione tra la luminosità di una stella e il tipo di luce che emette, nota come ” Radiazione del corpo nero “. Stelle più luminose e più massicce emettono radiazioni nelle parti blu, UV, raggi X e raggi gamma dello spettro, rendendole meno sicure per ii pianeti potenzialmente abitabili.
Le stelle deboli e di piccola massa emettono la maggior parte della loro radiazione nelle parti dello spettro rosso, infrarosso o microonde e onde radio. Stelle come il nostro Sole invece, emettono la maggior parte della loro radiazione nella parte giallo-verde dello spettro. Per spiegare questa relazione nel loro studio, il team di ricerca ha combinato i dati della missione Kepler dei transiti planetari con i dati astrometrici della missione Gaia dell’ESA .
Come ha spiegato Ravi Kopparapu, scienziato del Goddard Space Flight Center della NASA e coautore dello studio:
“Abbiamo sempre saputo definire l’abitabilità semplicemente in termini di distanza fisica di un pianeta da una stella, in modo che non fosse troppo caldo o freddo, ci ha fatto fare molte ipotesi. I dati di Gaia sulle stelle ci hanno permesso di guardare questi pianeti e le loro stelle in un modo completamente nuovo”.
La missione Gaia in sette anni di raccolta dati ha studiato posizione, distanza e movimenti di più di 1 miliardo di oggetti oltre il nostro Sistema Solare, comprese stelle, esopianeti, quasar, comete, ecc. L’aggiunta di questi dati ha fornito informazioni sulla quantità di energia che il pianeta assorbe in base al flusso di una stella.
I ricercatori hanno inoltre preso in considerazione il ruolo delle atmosfere degli esopianeti, che hanno un effetto sulla quantità di luce necessaria per consentire all’acqua di rimanere liquida sulla superficie di un pianeta. Mentre l’esatta natura di questo effetto è ancora in fase di studio, il team ha utilizzato stime conservative e ottimistiche sull’estensione delle zone abitabili e ha scoperto che dal 50% al 75% delle stelle simili al Sole hanno pianeti rocciosi in grado di ospitare liquidi sulle loro superfici.
Man mano che vengono scoperti nuovi esopianeti e le nostre capacità di studiarli vengono migliorate grazie a strumenti più sofisticati, gli astronomi sono in grado di porre vincoli più stretti alla probabilità di trovare pianeti che potrebbero ospitare la vita. Ciò ha portato al fiorente campo dell’astrobiologia, che si occupa specificamente della ricerca di vita extraterrestre ed extrasolare. Tra pochi anni grazie a nuove tecnologie oggi allo studio e solo poche decadi fa ritenute fantascientifiche scopriremo tracce inequivocabili della presenza della vita in qualche punto della nostra galassia. Per molti sarà l’inizio di una nuova era e se saremo fortunati e ci imbatteremo in qualche segnale lasciato da una civiltà come la nostra sapremo che in questo mare sconfinato altri si stupiscono delle meraviglie che riempiono l’Universo.
Fonte. https://www.universetoday.com/148667/based-on-kepler-data-theres-a-95-chance-of-an-earth-like-planet-within-20-light-years

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