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Quanti pianeti abitabili ci sono la fuori?

Considerato che nell'Universo ci sono così tante stelle, e moltissimi pianeti attorno a esse, è ragionevole pensare che la vita si sia sviluppata in molti altri luoghi diversi dalla Terra, dando origine a civiltà intelligenti capaci di esplorare, o almeno inviare segnali nello spazio

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Gli scrittori di fantascienza hanno immaginato innumerevoli tipologie di extraterrestri, dai tripodi marziani a ET, da esseri che si impossessano dei corpi umani a esseri di cui non si conosce nessuna forma come in 2001 Odissea nello spazio. Anche le serie televisive non mancano, in Star Wars e Star Trek non innumerevoli razze aliene viaggiano nello spazio interstellare a velocità impressionanti.
Uno dei pochi scrittori che ha immaginato un universo in cui l’umanità ha colonizzato l’intera Galassia ma non ha incontrato nessuna specie aliena, è stato Isaac Asimov nel suo Ciclo della Fondazione.
Chi ha ragione, Asimov forse? E se i tentativi di ascolto del SETI sono solo una perdita di tempo perché siamo l’unica specie intelligente e con una tecnologia avanzata? Si è posto questa domanda anche Enrico Fermi nel 1950 quando, mentre mangiava coi colleghi alla mensa dei laboratori di Los Alamos e discuteva di “dischi volanti”, se ne uscì improvvisamente con la frase:
Dove sono tutti quanti?
Questo aneddoto diede origine al famoso Paradosso di Fermi, infatti sappiamo che l’universo contiene qualcosa come mille miliardi di galassie composte in media da qualcosa come duecento miliardi di stelle, ognuna di esse potrebbe avere almeno un pianeta che potenzialmente può ospitare la vita e arrivare dopo un processo lungo miliardi di anni a dare origine a una civiltà capace di esplorare lo spazio o inviare segnali di qualche tipo nella speranza che qualcuno li capti. Eppure i pianeti sembrano non mancare
Considerato che nell’Universo ci sono così tante stelle, e moltissimi pianeti attorno a esse, è ragionevole pensare che la vita si sia sviluppata in molti altri luoghi diversi dalla Terra, dando origine a civiltà intelligenti capaci di esplorare, o almeno inviare segnali nello spazio. Ma allora perché non le abbiamo ancora incontrate?
Per cercare una risposta di solito si fa uso di un’equazione, scritta nel 1961 dall’astronomo Frank Drake che conosciamo come “equazione di Drake“. La formula viene utilizzata per stimare il numero di civiltà intelligenti presenti nella nostra galassia in un dato momento e si esprime come: N=R= fp x ne x fl x fi x fc x L
L’equazione però ha un problema, non conosciamo i valori esatti per ottenere un risultato certo, però oggi una nuova ricerca ha forse trovato un importante pezzo del puzzle che un giorno risponderà al paradosso di Fermi.
La ricerca ha utilizzato i dati raccolti dal telescopio spaziale Kepler, stima che solo nella nostra galassia potrebbero esserci fino a 300 milioni di pianeti potenzialmente abitabili. Alcuni di essi potrebbero essere abbastanza vicini, probabilmente entro 30 anni luce dal nostro Sole. I risultati saranno pubblicati su The Astronomical Journal. La ricerca è stata una collaborazione di scienziati della NASA, del SETI Institute e di altre organizzazioni sparse tutto il mondo.
Jeff Coughlin, coautore della ricerca e “cacciatore” di esopianeti presso il SETI Institute e direttore di Kepler’s Science Office ha dichiarato:
“Questa è la prima volta che tutti i pezzi sono stati messi insieme per fornire una misurazione affidabile del numero di pianeti potenzialmente abitabili nella galassia. Questo è un termine chiave dell’equazione di Drake, usato per stimare il numero di civiltà trasmissibili: siamo un passo avanti sulla lunga strada per scoprire se siamo soli nel cosmo”.
L’equazione di Drake descrive in dettaglio i fattori da considerare quando si stima il numero potenziale di civiltà tecnologicamente avanzate nella galassia che potrebbero essere rilevate. L’equazione di Drake è anche spesso considerata una tabella di marcia per l’astrobiologia e guida gran parte della ricerca presso l’Istituto SETI.
Per sviluppare una stima ragionevole, i ricercatori hanno esaminato esopianeti di dimensioni Terrestri e quindi molto probabilmente pianeti rocciosi. Hanno inoltre esaminato stelle simili al Sole, della stessa età e della stessa temperatura. Un’altra considerazione per l’abitabilità è se il pianeta potrebbe avere le condizioni necessarie per sostenere l’acqua liquida.
Precedenti stime sul numero degli esopianeti potenzialmente favorevoli alla vita si basavano essenzialmente sulla distanza dal loro astro. Il nuovo lavoro considera altri parametri, come la quantità di luce che l’esopianeta riceve dalla stella ospite. Proprio la quantità di energia influisce sulla possibilità dell’esopianeta di mantenere l’acqua liquida in superficie, che per quanto ne sappiamo è legato alla presenza della vita come noi la conosciamo.
Per calcolare i nuovi parametri, il team non ha considerato solo i dati di Kepler, ma anche i dati della missione Gaia dell’Agenzia spaziale europea ESA sulla quantità di energia emessa dalla stella madre del pianeta. Prendendo in considerazione i dati di Kepler e Gaia, i risultati riflettono meglio la diversità delle stelle, dei sistemi solari e degli esopianeti presenti nella nostra galassia.
La coautrice Michelle Kunimoto, che ha lavorato a questo documento dopo aver terminato il suo dottorato sui tassi di occorrenza di esopianeti presso l’Università della British Columbia, e recentemente è entrato a far parte del team Transiting Exoplanet Survey Satellite, (TESS), presso il Massachusetts Institute of Technology di Cambridge, Massachusetts ha aggiunto:
“Sapere quanto sono comuni i diversi tipi di pianeti è estremamente prezioso per la progettazione delle prossime missioni di ricerca di esopianeti. I sondaggi mirati a piccoli pianeti potenzialmente abitabili attorno a stelle simili al Sole dipenderanno da risultati come questi per massimizzare le loro possibilità di successo”.
I prossimi studi si concentreranno sul ruolo dell’atmosfera di un esopianeta, cioè la capacità di mantenere l’acqua liquida. In questa analisi, i ricercatori hanno utilizzato una stima conservativa dell’effetto dell’atmosfera per stimare la presenza di stelle simili al Sole con pianeti rocciosi che potrebbero avere acqua liquida. Saranno necessarie ulteriori ricerche per comprendere il ruolo che l’atmosfera di un pianeta ha sulla sua capacità di supportare l’acqua liquida. In questa analisi, i ricercatori hanno utilizzato una stima conservativa dell’effetto dell’atmosfera per stimare la presenza di stelle simili al Sole con pianeti rocciosi che potrebbero avere acqua liquida.
La missione Kepler, che ha ufficialmente cessato di raccogliere dati nel 2018, ha identificato oltre 2.800 esopianeti oggi confermati, con diverse migliaia di candidati in attesa di essere confermati. Finora, i ricercatori hanno identificato diverse centinaia di pianeti nella zona abitabile della loro stella nei dati di Kepler. Se la stima di 300 milioni è corretta probabilmente si scopriranno diversi esopianeti potenzialmente abitabili, dovremo però aspettare ancora a lungo, coscienti che da qui al futuro prossimo disporremo di strumenti ancora più potenti e raffinati che ci permetteranno di rispondere al paradosso di Fermi. Se anche un solo segnale verrà registrato sapremo di non essere l’unica specie che ha ammirato con stupore l’Universo.
Fonte: https://phys.org/news/2020-10-habitable-planets.html
Fonte: https://esperimentificio.com/2020/04/12/ma-dove-sono-tutti-quanti/

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