La sera del 30 giugno 1764 una pastorella di quattordici anni, Jeanne Boulet, non torna a casa come al solito. Gli abitanti del suo villaggio di Hubacs, nella regione montuosa del Gevaudan (Francia meridionale), vanno a cercarla e la trovano morta, dilaniata da una “bestia feroce” come risulta dall’atto della sua sepoltura.
Una seconda vittima, un’altra pastorella, viene ritrovata nelle stesse condizioni l’8 agosto: si comincia a parlare di una misteriosa bestia che attacca di giorno, e da sola, al contrario di ciò che fanno normalmente i lupi. Altre due vittime si registrano a fine agosto e durante il mese di settembre, nella foresta di Mercoire; gli abitanti del luogo, impressionati, cominciano ad organizzare delle battute di caccia alla ricerca del misterioso aggressore.
Queste cacce, però, sono insufficienti: ci vuole qualcosa di più per essere sicuri di catturare e uccidere l’assassino delle pastorelle.
Etienne Lafont, amministratore della diocesi di Mende, informa della situazione il governatore della provincia; quest’ultimo ordina al capitano Duhamel di impiegare il reggimento Clermont-Prince, di stanza nel vicino paese di Langogne, nelle operazioni di caccia.
Dal 15 settembre Duhamel e le sue truppe, aiutati dai contadini locali, fanno molteplici battute nella foresta di Mercoire, senza mai avvistare nulla di insolito. Probabilmente a causa di questo la Bestia abbandona la zona spingendosi ad ovest; infatti il 7 ottobre viene ritrovata morta e decapitata una ragazza del villaggio di Apcher, vicino a Prunières (la sua testa verrà ritrovata soltanto otto giorni dopo); l’indomani aggredisce due pastori, prima uno, poi l’altro, tra Prinsuéjols e il castello della Baume; il secondo però riesce a rifugiarsi tra le sue mucche che respingono la Bestia.
Un gruppo di cacciatori che escono da un bosco vicino la vedono aggirarsi attorno al ragazzo, due di loro sparano e la colpiscono: l’animale cade ma si rialza e scappa.
Vista la mancanza di risultati, il 15 dicembre l’Assemblea Provinciale della Linguadoca stabilisce una taglia di 2.000 livres a chiunque riesca a uccidere la Bestia. Nonostante gli sforzi, nel mese di dicembre muoiono altre cinque persone.
Il 31 dicembre 1764, il Vescovo di Mende lancia un appello alla preghiera e alla penitenza. Questa chiamata è passata alla storia sotto il nome di “Mandement de l’évêque de Mende”. In questo appello il vescovo qualifica la Bestia come una piaga inviata da Dio per punire gli uomini a causa dei loro peccati, e impone di recitare preghiere di quaranta ore durante tre domeniche consecutive.
Come c’era da aspettarsi, la Bestia continua i suoi massacri.
Nel gennaio e febbraio 1765, le cacce del reggimento Clermont-Prince guidato da Duhamel si rivelano infruttuose. Inoltre, i residenti lamentano che i soldati non hanno mai pagato vitto e alloggio e, inoltre, hanno distrutto i raccolti.
Dall’apparizione della Bestia, si evita di mandare i bambini da soli a custodire il bestiame, e i pastorelli si raggruppano insieme per portare al pascolo le greggi; il 12 gennaio, la Bestia attacca sette bambini del villaggio di Villaret. Sono cinque maschi e due femmine dagli otto ai dodici anni. La Bestia li attacca girando intorno ai bambini che si raggruppano per difendersi: riesce ad addentare il braccio di Joseph Panafieu e cerca di trascinarlo via. Il giovane Jacques-André Portefaix, di tredici anni, si slancia per salvare il compagno. Rallentata dalla natura accidentata del terreno, la Bestia viene raggiunta dai bambini che cercano di colpirla negli occhi usando delle lame attaccate ai loro bastoni: Portefaix ei suoi amici riescono a farle lasciare Panafieu e a tenerla lontana. All’arrivo di alcuni uomini allertati dalle grida, la Bestia fugge in un bosco vicino.
Nel mese di marzo 1765 avviene uno degli episodi più famosi.
Jeanne Jouve si trovava davanti a casa sua, la fattoria della Vessière, con tre dei suoi figli. Sente uno strano rumore, va a vedere e si rende conto che sua figlia di 9 anni è stata appena catturata dalla Bestia che ha scavalcato il muro di cinta. La ragazza tiene in braccio il fratellino di 14 mesi: Jeanne Jouve si getta sulla Bestia e riesce a farla indietreggiare. La Bestia torna alla carica e si getta sull’altro ragazzo, Jean-Pierre, di 6 anni: lo afferra per un braccio e lo porta via. Jeanne si lancia di nuovo sulla Bestia, viene scaraventata a terra, graffiata e morsa più volte. La Bestia, che tiene ancora Jean-Pierre, riesce a scappare, ma arrivano i due figli più grandi che riescono a liberare il fratello e a metterla in fuga.
Sfortunatamente, Jean-Pierre muore per le ferite cinque giorni dopo. Come ricompensa per il suo atto eroico, Luigi XV assegna a Jeanne Jouve una somma di 300 livres.
Visti i risultati nulli conseguiti fino allora, il consigliere di re Luigi XV, Clément Charles François de L’Averdy, invia nella zona un celebre cacciatore normanno, il Grand Louvetier (cacciatore di lupi) Jean Vaumesle d’Enneval, che aveva ucciso fino allora più di 1.200 lupi.
D’Enneval, accompagnato dal figlio, rivendica l’esclusiva per cacciare la Bestia e riesce ad ottenere il licenziamento del capitano Duhamel.
La prima battuta di caccia avviene il 21 aprile, sempre senza risultato.
Intanto gli attacchi della Bestia continuano; il primo maggio un pastorello di quindici anni riesce a sfuggirle per miracolo. L’indomani una donna viene uccisa.
La storia della misteriosa Bestia si diffonde in tutta la Francia e nel resto d’Europa; in giugno Luigi XV incarica François Antoine, Gran portatore di Archibugio di sua maestà, di recarsi nel Gevaudan con suo figlio, otto capitani della guardia reale, sei guardiacaccia, un servo e due investigatori. Dovranno indagare sugli assalti e sul comportamento dei due d’Enneval, che per ordine del re lasciano il paese il 28 luglio.
Per Antoine, la Bestia non è altro che un lupo, e lo afferma chiaramente in una lettera, dicendo che le tracce trovate non hanno “nessuna differenza dal piede di un grosso lupo”.
Domenica 11 agosto Marie-Jeanne Vallet, di circa 20 anni, la serva del parroco di Paulhac, sta attraversando un ruscello con alcune amiche quando compare la Bestia che si avventa su di lei, ma la ragazza coraggiosamente riesce a piantare una lancia che portava con sè nel petto dell’animale, facendola cadere nel fiume e fuggire nel bosco. La storia viene raccontata ad Antoine, che recatosi sul posto vede che la lancia è effettivamente ricoperta di sangue e che le tracce trovate sono simili a quella della Bestia. In una lettera al ministro, Antoine soprannomina Marie-Jeanne Vallet la “Pulzella del Gevaudan”.
Intorno al 20 settembre, François Antoine finalmente riesce a stanare l’animale nel bosco di Pommiers: spara, la Bestia cade, si rialza e si getta su di lui. La guardia Rinchard, che è nelle vicinanze, spara e abbatte l’animale. Secondo il rapporto redatto da François Antoine, questo animale è un grosso lupo del peso di 130 libbre.
Quasi subito dopo la stesura del rapporto, la Bestia viene fatta impagliare, portata a Versailles ed esposta nei giardini del re. A François Antoine viene concesso, per brevetto reale, il diritto di portare nel suo stemma un lupo morente, simbolo della Bestia.
La Francia può tirare un sospiro di sollievo: la Bestia è morta.
Fino ai primi del 1766, tuttavia, avvengono sporadicamente degli attacchi alle greggi ed ai pastori, che vengono però attribuiti a comuni lupi; dal mese di gennaio, però, questi episodi si moltiplicano, somigliando sempre più agli attacchi della Bestia. L’intendente dell’Alvernia ne informa Luigi XV, ma il sovrano non vuole più sentir parlare di questa storia, e i giornali smettono di scriverne.
Gli attacchi si moltiplicano durante il mese di marzo, e i signori del paese si rendono conto che dalla corte reale non arriverà nessun aiuto. Sembra che la Bestia abbia cambiato modus operandi, copre distanze minori e si mostra più attenta e meno intraprendente.
I signori locali organizzano delle battute, ma gli attacchi continuano per tutto il 1766 e raggiungono l’apice nella primavera del 1767.
Il 18 giugno il marchese d’Apcher viene a sapere che, il giorno prima, la Bestia era stata vista nelle parrocchie di Nozeyrolles e Desges e aveva ucciso Jeanne Bastide, di 19 anni. Il marchese decide quindi di condurre una battuta in questa regione, sul Mont Mouchet nei boschi di Ténazeyre, il 19 giugno. È accompagnato da alcuni volontari, tra cui Jean Chastel, noto per essere un eccellente cacciatore.
Chastel ha caricato il suo fucile con un proiettile e cinque pallettoni: la Bestia esce dal bosco, si avventa contro di lui, e viene fulminata. Caricata su di un cavallo viene portata al Castello di Besque, residenza del marchese d’Apcher, dove viene effettuata un’autopsia certificata dal notaio locale; quindi dopo essere stata sommariamente impagliata viene trasportata a Parigi dove il famoso naturalista Buffon la esamina, dichiarando che si tratta semplicemente di un lupo più grosso del normale.
Si tratta veramente della Bestia del Gevaudan? In ogni caso, gli attacchi cessano del tutto.
Ma cos’era davvero la Bestia del Gevaudan? L’autopsia eseguita al castello di Besque indicherebbe trattarsi di un canide di grandi dimensioni, ma secondo l’impressione dei presenti “ben differente dai lupi che siamo abituati ad osservare”.
Infatti sembra strano che fin da subito gli abitanti del luogo, abituati a convivere con i lupi numerosissimi a quel tempo, lo abbiano definito genericamente Bestia come se si fosse trattato di un animale sconosciuto.
Molte testimonianze suggeriscono che la Bestia fosse quasi invulnerabile; viene riferito il fatto che la Bestia sarebbe stata colpita da uno o più proiettili di fucile, sparati da cacciatori rispettabili, eppure si sarebbe rialzata ogni volta.
Uno dei tratti più singolari della Bestia è la sua audacia: sembra non aver paura dell’uomo. Quando qualcuno le oppone resistenza, si allontana, a volte si siede per alcuni istanti e, se non inseguita, torna ad attaccare. Poi si allontana al trotto lento o camminando. Diverse volte, le vittime sarebbero state attaccate nel mezzo dei villaggi, e la maggior parte delle testimonianze si riferisce ad attacchi durante il giorno.
Infine, la Bestia è molto aggressiva, e questa aggressività si traduce in un’inesorabilità che non sempre sembra essere dettata dalla fame. È anche molto agile, perché secondo le testimonianze aveva la capacità di saltare muri.
In larga misura, i ricercatori – e gli storici in particolare – spiegano le devastazioni di Gévaudan con la presenza di uno o più lupi diventati predatori di vittime umane.
Per il naturalista Buffon tutti gli animali uccisi durante le cacce erano lupi. In particolare risulta che siano state trovate impronte di lupo vicino ad alcune vittime; una lettera del tempo riferisce che nell’aprile 1767 tutti i testimoni affermano che “era solo un lupo presumibilmente distaccato da altri ”.
Un’altra teoria parla di un ibrido di cane e lupo, oppure di un animale esotico (come una jena) fuggito da un serraglio, che potrebbe aver attaccato contemporaneamente ai lupi. A partire dal secolo scorso qualcuno ha sostenuto addirittura che si trattasse di un serial killer ante litteram, che aveva addestrato una lince o un grosso lupo a compiere quegli assalti; non ci sono però prove in questo senso. Nel film Il Patto dei Lupi (2001) la Bestia è addirittura un leone portato dall’Africa e munito di un’armatura che lo rende invulnerabile.
La Bestia del Gevaudan
Cos’era davvero la Bestia del Gevaudan? L’autopsia eseguita al castello di Besque indicherebbe trattarsi di un canide di grandi dimensioni, ma secondo l’impressione dei presenti “ben differente dai lupi che siamo abituati ad osservare”.
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