Capsule del tempo quantistiche
Le cose si fanno ancora più interessanti – offrendoci la possibilità per capsule del tempo quantistiche e altri divertenti dispositivi – quando ci si sposta verso la teoria del campo quantistico, una versione più avanzata della meccanica quantistica, che descrive il campo elettromagnetico e altri campi della natura.
Un campo è di fatto un sistema fortemente correlato. Tutti gli elementi che costituiscono un campo sono mutuamente correlati: una fluttuazione casuale del campo in un punto avrà la sua corrispondente fluttuazione casuale in un altro punto (in questo caso per elementi di un campo si intendono regioni di spazio e intervalli di tempo).
Perfino il vuoto perfetto, ambiente in assenza completa di particelle, presenta campi quantistici, che sono in continua vibrazione. Lo spazio appare vuoto perché le vibrazioni si annullano a vicenda. E per fare ciò, devono essere necessariamente correlate. Questo annullamento riguarda ovviamente l’intero insieme di vibrazioni: un sottoinsieme non verrà necessariamente annullato. Ma un sottoinsieme è ciò che abbiamo sempre visto.
Se ponessimo un rilevatore ideale all’interno di un ambiente vuoto, il dispositivo non rivelerebbe nessuna particella. E comunque, ogni dispositivo reale lavora entro certi limiti operativi, per cui esso misurerà un certo sbilanciamento del campo osservato e quindi rileverà delle particelle nel vuoto, come un contatore Geiger in una miniera di uranio.
Nel 1976 Bill Unruh, un fisico teorico della University of British Columbia, ha dimostrato che la velocità di rilevamento cresce con l’accelerazione del rilevatore, poiché il dispositivo percepisce sempre di meno la presenza delle regioni di spazio da cui si allontana. Al crescere della sua velocità, il rilevatore conterà sempre più particelle, e le particelle che vede saranno correlate con le particelle che rimangono fuori dalla sua prospettiva.
Nel 2011, Olson e Ralph dimostrarono che questo stesso fenomeno si verifica se il rilevatore viene fatto accelerare attraverso il tempo. Il rilevatore da essi descritto, in qualunque momento risulta sensibile a fotoni di una determinata frequenza. Il dispositivo scorre su tutte le frequenze, passando dalle frequenze più basse a quelle più alte, o viceversa.
Se la scansione delle frequenze è molto veloce, il dispositivo arriverà subito alla fine del range di frequenze e terminerà la sua operazione. Dal momento che il rilevatore funziona per un determinato periodo di tempo, non è in grado di rilevare tutto il range delle vibrazioni del campo, creando quindi lo stesso sbilanciamento previsto nell’esperimento di Unruh. Quindi, le particelle rilevate saranno correlate con particelle collocate in una regione nascosta del tempo – che noi chiamiamo FUTURO!.
Oloson e Ralph propongono di utilizzare un circuito di materiale superconduttore per costruire il rilevatore. Tarato per rilevare la luce nel vicino infrarosso e per completare una scansione i pochi femtosecondi (10^-15 secondi), il circuito vedrebbe il vuoto risplendere come un gas a temperatura ambiente.
Al momento non esiste un rilevatore che accelera nello spazio e in grado di raggiungere questo obiettivo; pertanto l’esperimento di Olson e Ralph potrebbe rappresentare un test importante per la teoria del campo quantistico. E inoltre potrebbe rivalutare le idee di Stephen Hawking relative all’evaporazione dei buchi neri, che si basano sugli stessi principi.
Costruendo due rilevatori, uno che accelera e l’altro che decelera con la stessa velocità, le particelle rilevate da uno dei due saranno correlate alle particelle rilevate dall’altro. Il primo dispositivo potrebbe contare un insieme di particelle vaganti a intervalli casuali. Minuti, o anni dopo, il secondo rilevatore conterà un altro insieme di particelle vaganti con gli stessi intervalli di tempo – una “sinistra” ricorrenza di eventi. Guardando i dispositivi singolarmente, ognuno di loro effettua dei rilevamenti casuali, ma se si rilevano le particelle una alla volta, allora si scopre che, in un determinato punto del futuro, vi sarà un’altra particella rilevata.
Queste correlazioni temporali stanno alla base delle capsule del tempo quantistiche. L’idea originale per la creazione di questo congegno è stata di James Franson, un fisico dell’Università del Maryland (Franson ha utilizzato delle correlazioni spaziali; Olson e Ralph dicono che le correlazioni temporali sono più efficaci). Si scrive il messaggio, si codifica ogni bit in un fotone, e si usa uno dei rilevatori speciali per misurare quei fotoni lungo il campo sottostante, crittografando in tal modo i bit efficacemente. Quindi si conserva il risultato nella capsula e la si seppellisce.
Quando sarà il momento giusto, i posteri misurano il campo con il rilevatore gemello. I due risultati, insieme, ricostituiranno l’informazione originale. Lo stato è disgregato nell’arco temporale fra le due misurazioni, ma è codificato in qualche modo in queste correlazioni nel vuoto. Poiché i posteri dovranno aspettare che il secondo rilevatore venga attivato, non può esserci nessuna possibilità di decodificare il messaggio prima del tempo stabilito.
Utilizzando lo stesso principio di fondo si potrebbero generare delle particelle correlate da impiegare nel settore del computing e della crittografia. Si possono distribuire delle chiavi quantistiche senza la necessità di trasmettere alcun segnale quantistico. L’idea è che vengono utilizzate le correlazioni che sono già all’interno del vuoto.
La natura dello spazio-tempo
Queste correlazioni temporali stanno inoltre sfidando le congetture dei fisici sulla natura dello spazio-tempo.
Ogni volta che due eventi sono correlati, vi possono essere due spiegazioni: un evento causa l’altro, o un terzo fattore causa i primi due. Un assioma di fondo di questa logica è che gli eventi si verificano in un dato ordine, determinato dalla loro localizzazione nello spazio e nel tempo. Dal momento che le correlazioni quantistiche – sicuramente quelle di tipo spaziale, e probabilmente anche quelle temporali – sono tali da poter essere spiegate utilizzando uno di questi due approcci, i fisici si trovano costretti a rivedere le loro supposizioni.
Amin Baumeler, un fisico dell’Università della Svizzera italiana di Lugano, dice che non siamo ancora in grado di fornire una valida spiegazione a queste correlazioni. Non si conoscono dei meccanismi che spiegano perché esse si verifichino. Pertanto, esse non si adattano alla nostra nozione di spazio-tempo.
Caslav Brukner ha studiato come gli eventi possano essere collegati fra di loro senza presupporre l’esistenza dello spazio-tempo. Se lo stato di un evento dipende dal risultato di un altro, si deduce che esso si verifichi successivamente; se gli eventi sono completamente indipendenti, essi si devono verificare in spazi e tempi lontani fra di loro. Un tale approccio pone le correlazioni spaziali e temporali sullo stesso piano. E inoltre permette l’esistenza di correlazioni che non siano né spaziali né temporali – nel senso che gli esperimenti non si adattano tutti insieme coerentemente e non ci sono possibilità di collocarli nello spazio e nel tempo.
Il gruppo di Brukner ha escogitato uno strano esperimento mentale che ne illustra l’idea.
Gli sperimentatori A e B lanciano ognuno una moneta. Ognuno dei due trascrive il risultato del proprio lancio su un foglio, insieme a un’ipotesi per il risultato dell’altro. Ognuno dei due poi invia il foglio all’altro con la propria informazione. Ripetono questa operazione diverse volte e vedono come è andata.
Solitamente le regole del gioco sono tali che A e B ripetano le operazioni in una determina sequenza. Supponiamo che inizi A, che può solo ipotizzare il risultato di B (che ancora non si è realizzato), ma può inviare il proprio a B. Per A, la probabilità che il risultato di B sia diverso da quello ipotizzato è del 50%, mentre B ha la certezza sul risultato di A. Nel passaggio successivo, si invertono i ruoli. Complessivamente, la percentuale di successo sarà del 75%. Ma se A e B non seguono le regole sequenziali, e se si sostituisce il foglio con una particella, allora la probabilità che l’ipotesi del primo sia uguale al risultato del secondo sarà dell’85% delle volte.
Brukner, insieme ad altri ricercatori, ha effettuato un esperimento reale, simile a quello mentale sopra descritto. Nell’esperimento ciò che fanno A e B viene fatto da due filtri ottici. I ricercatori hanno trasmesso un flusso di fotoni verso uno specchio parzialmente argentato, in modo che una metà dei fotoni ha seguito un percorso, e l’altra metà un altro percorso (non era possibile sapere, senza alcuna misurazione, quale percorso avesse intrapreso ogni singolo fotone; in un certo senso, ha preso entrambe le strade contemporaneamente).
Relativamente al primo percorso, i fotoni hanno attraversato prima il filtro di A e successivamente quello di B. Nel secondo percorso, i fotoni hanno effettuato il cammino inverso. L’esperimento ha portato il principio di indeterminazione quantistica a un nuovo livello. Non solo per le particelle non era stata definita alcuna proprietà prima della misurazione, ma le operazioni effettuate su di esse non sono state condotte secondo una sequenza definita.
Da un punto di vista pratico, l’esperimento apre a nuove possibilità nel campo dei computer quantistici. I filtri che corrispondono agli sperimentatori ideali A e B rappresentano due diverse operazioni matematiche e l’apparato è stato in grado di stabilire con una sola operazione quanto fosse importante l’ordine di quelle operazioni – se A seguito da B è lo stesso che B seguito da A. Normalmente, per stabilire ciò, sono necessari due passaggi sperimentali, quindi questo esperimento riduce di molto i tempi. I computer quantistici sono a volte descritti come in grado di svolgere contemporaneamente una serie di operazioni su un intero set di dati, ma dovrebbero essere anche in grado di svolgere contemporaneamente tutte le possibili operazioni.
Ora si immagini di elevare ancora il livello dell’esperimento di Brukner.
Nell’esperimento originale, il percorso di ogni singolo fotone si trova immerso dentro una sovrapposizione – il fotone si trova dentro la combinazione quantistica del primo percorso di A e del primo percorso di B. A questo punto ci si pone la domanda di quale sia il filtro che sarà attraversato per primo dal fotone. Fino a quando non viene effettuata una misura e non sia risolta l’ambiguità, non esiste alcuna risposta alla domanda.
Se, invece di un fotone, un oggetto dotato di massa potesse essere posto in una tale sovrapposizione temporale, l’apparato porrebbe lo stesso spazio-tempo in una sovrapposizione. In tale caso, la sequenza di A e B rimarrebbe ambigua. Causa ed effetto si confonderebbero, e non si avrebbero elementi per fornire un quadro dettagliato di cosa sia accaduto.
Solo quando si saranno eliminate queste relazioni causali indeterminate tra gli eventi – in modo che la natura realizzi solo alcune delle possibilità disponibili – lo spazio e il tempo acquistano significato.
Prima vengono le correlazioni quantistiche e poi lo spazio-tempo.
Quindi, esattamente, come emergerebbe lo spazio-tempo dal mondo quantistico?
Brukner è ancora perplesso sul fornire una risposta certa. Come con la capsula del tempo, la risposta verrà solo al momento giusto!