La conferma si è avuta dagli studi di una scienziata norvegese che analizzando i genomi del merluzzo nordico era alla ricerca del gene antigelo che permette a questo pesce di sopravvivere nelle gelide acque di quelle latitudini.
Hella Tessa Baalsrud basandosi anche su ricerche precedenti scoprì che la proteina antigelo del merluzzo non era il prodotto di evoluzioni di geni esistenti ma sembrava essere stata prodotta ex novo. Negli ultimi anni sono stati trovati indizi di geni de novo come sono stati battezzati, in organismi quali il moscerino della frutta, il topo e perfino l’essere umano.
Questa scoperta sta introducendo alcuni parziali ripensamenti della teoria evolutiva. La teoria di base sulla formazione di nuovi geni era che questi emergessero quando quelli già esistenti vengono accidentalmente duplicati, mescolati con altri o fatti a pezzi. I geni de novo fanno pensare invece che il materiale di partenza sia il DNA non codificante. I ricercatori però sono ancora alle prese con alcuni problemi non da poco, ovvero come identificare con sicurezza questi geni “nuovi” e quanto spesso nascano.
Negli anni Settanta l’evoluzione era vista come un processo sostanzialmente conservativo, ogni nuovo gene doveva emergere da uno esistente. La duplicazione dei geni avviene quando qualche errore nella replicazione del DNA produce più di una copia di un gene. Nel corso dei millenni le copie accumulano mutazioni e divergono ed alla fine codificano per molecole diverse e con diverse funzioni.
L’evoluzione manipola i geni anche attraverso la loro “distruzione” o il trasferimento da una specie all’altra. In ogni caso si riteneva che qualunque fosse il metodo adottato per la formazione dei nuovi geni, l’ingrediente di base fosse unico, ovvero un tratto codificante già esistente.
Nel genoma però c’è molto di più dei soli geni, ci sono ampi tratti di DNA, chiamato DNA spazzatura, che sembrano privi di funzione. Solo in questo secolo i ricercatori hanno osservato indizi per cui le sezioni non codificanti del DNA possono portare a nuovi codici funzionali per le proteine.
Tra il 2006 e il 2007 David Begun, un genetista dell’Università della California ha portato le “prove” a sostegno del fatto che certi specifici geni siano emersi de novo nei moscerini della frutta. Le nuove ricerche in questo campo iniziano a chiarire anche le funzioni di alcuni di questi geni nuovi di zecca, uno ad esempio permette alla pianta Arabidopsis thaliana di produrre amido,un altro aiuta la crescita delle cellule di lievito.
Capire quali sono le funzioni dei geni de novo può aiutare a comprendere il motivo per cui è più vantaggioso crearli da zero invece che da materiale preesistente. Si pensa che generare geni da regioni non codificanti potrebbe avere qualche vantaggio rispetto ad altri meccanismi evolutivi.
Per capire quali geni di un organismo siano stati prodotti de novo i ricercatori devono confrontare le sequenze complete di quell’organismo con quelle dei suoi “parenti” più stretti. E’ quello che è avvenuto in uno studio effettuato sulla varietà di riso Oryza sativa japonica. Il genoma di questo riso è stato confrontato con quelle delle varietà di riso più prossime. Grazie ad un particolare algoritmo gli scienziati sono riusciti a contare quanti geni de novo sono apparsi ed in quanto tempo: 175 geni in 3,4 milioni di anni di evoluzione.
Uno studio successivo ha individuato 60 geni de novo negli esseri umani. Purtroppo sui tempi lunghi dell’evoluzione che superano ampiamente i 3,4 milioni di anni della varietà di riso esaminata è praticamente impossibile distinguere un gene de novo ed uno che si è allontanato progressivamente da materiale genico preesistente fino a diventare irriconoscibile rispetto all’originale.
I pochi geni de novo identificati con certezza nel genoma umano hanno aperto una specifica ricerca sul loro impatto rispetto alla salute o alla malattia dell’uomo. Alcune connessioni sono state trovate in persone affette dal morbo di Alzheimer e in quelle che soffrono di dipendenza da nicotina.
I nuovi geni
Negli ultimi anni sembra accertato che un certo numero di nuovi geni non derivi da materiale preesistente. Questa scoperta apre nuovi scenari nella teoria dell'evoluzione.
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